Le 36 realtà tra associazioni, organizzazioni, attivisti e volontari, impegnate nella difesa dei diritti dei migranti lungo quella via, si sono costituiti in rete
Sabato 27 giugno nel chiostro della Chiesa del Carmine di Milano si è svolta la conferenza stampa di presentazione della rete informale “RiVolti ai Balcani”. Si tratta di 36 realtà tra associazioni, organizzazioni, attivisti e volontari che si impegnano per i diritti dei migranti lungo la Rotta Balcanica. Fino a qualche mese fa ognuno di essi lo faceva singolarmente, adesso un nome e un impegno comune li unisce.
Durante l’evento sono intervenuti Agostino Zanotti, direttore di ADL a Zavidovici, Duccio Facchini, direttore di Altreconomia, Diego Saccora di Lungo la Rotta Balcanica, Gianfranco Schiavone e Anna Brambilla per ASGI, Silvia Maraone, coordinatrice interventi IPSIA ACLI in Bosnia Erzegovina, Paolo Pignocchi di Amnesty International Italia, Corrado Conti dell’associazione Mir Sada.
Nell’ottobre 2019 era stato lanciato un appello ad associazioni e cittadini che da tempo operavano sulla rotta, con l’obiettivo di denunciare violenze e violazioni dei diritti subite dai migranti in viaggio nel tentativo di raggiungere l’Unione Europea. Silvia Maraone ha spiegato che negli ultimi 3 anni la rotta è diventata la principale via migratoria verso l’Europa. Le politiche di chiusura come il memorandum Unione Europea – Turchia del marzo 2016 non hanno arrestato i flussi, ma li hanno solo rallentati, rendendo il tragitto più pericoloso per chi lo percorre. È tutta una questione di provenienza e passaporti che non hanno valore.
Agostino Zanotti ha affermato che “RiVolti ai Balcani” pone al centro del suo impegno la cura dei corpi martoriati dei migranti: la violenza sistematica che si consuma tra quei confini rende queste persone vittime di torture e, dunque, chiama in gioco la violazione dell’art. 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Di questo neanche l’Italia, da qualche mese, è priva di responsabilità. Anna Brambilla, infatti, ha sottolineato che sul confine italo-sloveno si applica sempre più l’accordo di riammissione firmato da questi due Stati: dopo essere state foto-segnalate e denunciate per ingresso irregolare in Italia dalla polizia italiana, le persone vengono consegnate alla Slovenia che, a sua volta, le riammette in Croazia, che le respinge in Serbia e poi in Bosnia. Si tratta di respingimenti a catene e di espulsioni collettive dichiarate illegittime dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. L’obiettivo di ASGI e della rete non è solo quello di sostenere l’illegalità dell’accordo di riammissione, ma anche il fatto che, nel momento in cui la polizia italiana rinvia le persone in Slovenia, è consapevole della catena che ne genera, portando a violenze sistematiche che possono essere considerate torture. Inoltre la polizia italiana, non emanando alcun provvedimento scritto quando riammette la persona dall’Italia alla Slovenia, oltre a commettere un’illegittimità, impedisce anche alla persona di andare davanti a un giudice. Invisibili. L’8 giugno è stata inviata una nota giuridica al governo italiano per chiedere spiegazioni circa le riammissioni illegali e quanto sta accadendo lungo quel confine. Si attende ancora una risposta.
La rete “RiVolti ai Balcani” ha fatto il suo primo passo con la pubblicazione di un dossier di denuncia fuori da ogni retorica e colmo delle storie di dolore delle persone che quotidianamente tentano il GAME, l’attraversamento irregolare delle frontiere.
Nelle sue azioni e nel suo costruirsi la rete metterà al centro la prossimità alle persone migranti con cui si è condivisa la strada, con cui si è passato del tempo, a cui si cerca, finalmente, di dare voce.