Bryant non era solo un fuoriclasse del basket, ma anche un uomo di fede. Nella sua giovinezza non erano mancati gli eccessi, ma nella parrocchia Nostra Signora Regina degli Angeli aveva trovato il rifugio della sua anima
di Maddalena
MALTESE
Agensir - da New York
Si chiama Nostra Signora Regina degli Angeli, la chiesa cattolica di Newport Beach (California) dove Kobe Bryant si recava a pregare e ogni domenica si presentava puntuale a messa, talvolta anche alla prima funzione delle 7. Lo ha fatto anche la domenica dell’incidente in elicottero in cui ha perso la vita assieme alla figlia tredicenne e altre nove persone.
Il giocatore di basket, già stella dei Los Angeles Lakers, non era solo un talento eccezionale del parquet, ma anche un uomo di fede. Ha sorpreso molti questo aspetto privato della sua vita da star, soprattutto perché nella sua giovinezza non erano mancati gli eccessi. Eppure in questa parrocchia Bryant aveva trovato il rifugio della sua anima. Nei giorni scorsi un servizio di preghiera è stato offerto dai parrocchiani, commossi per la sua scomparsa e dispiaciuti di non ritrovare più «il suo sorriso e la sua umiltà». Soprattutto quella che, tra il resto, lo faceva essere uno dei tanti papà che comprano cupcakes alle figlie nelle vendite di beneficenza della parrocchia e si ingegnano per non rovesciare i dolci sul sedile della macchina che li riporta a casa.
Bryant sportivo, invece, aveva portato cinque titoli Nba ai Los Angeles Lakers con cui aveva giocato 20 stagioni, ma anche una straziante lettera d’addio in 60 punti in cui spiegava le ragioni del suo ritiro: è questa che ricordano con commozione i fedeli della parrocchia, assieme alla sua altezza, che costringeva il parroco o i ministri non solo ad alzare il braccio, ma a mettersi in punta di piedi pur di raggiungerlo.
Sul sagrato della chiesa fiori e candele si accumulano senza sosta, prova d’affetto e di preghiera non solo di chi quei banchi in legno li ha divisi con lui, ma anche delle migliaia di fans che da seduti balzavano in piedi a ogni punto segnato nel canestro avversario.
Il servizio di preghiera ospitato dalla parrocchia ha ricordato questo aspetto segreto di un uomo di Dio che tanti ammiravano per la coordinazione delle sue azioni, per la poesia dei movimenti, per il calcolo esatto dei suoi tiri. Uscito dal parquet, tra le mura di Nostra Signora Regina degli Angeli ritrovava una dimensione intima che l’adorazione dei fans non riempiva, soprattutto dopo l’accusa di stupro a una donna in Colorado che lo portò quasi in carcere e che mise a dura prova il suo matrimonio. La fede e l’incontro con un sacerdote furono la sua ancora di salvezza.
L’Arcivescovo di Los Angeles, monsignor Jose H. Gomez, ha twittato un’offerta di preghiere per lui e la famiglia (Bryant lascia la moglie e altre tre figlie). In visita ad limina dal Papa, monsignor Gomez ha dichiarato alla Cns che il giocatore era «un buon cattolico e un buon fedele» e ha ricordato un incontro con lui durante uno degli allenamenti in cui si erano fermati a parlare a lungo. «Preghiamo per l’eterno riposo della sua anima e di quella della figlia, mentre si chiede vicinanza alla famiglia», ha concluso.