È uno dei dati principali emersi dal 14° Rapporto. Nel 2016 spesi 22,8 miliardi per smartphone e traffico dati

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La crescita degli utenti di internet in Italia ha rallentato il ritmo, ma prosegue. Nel 2017 ha raggiunto una penetrazione pari al 75,2% della popolazione, l’1,5% in più rispetto al 2016 (e il 29,9% in più rispetto al 2007). Il telefono cellulare è usato dall’86,9% degli italiani e lo smartphone, in particolare, dal 69,6% (solo dal 15% nel 2009). Gli utenti di WhatsApp (il 65,7% degli italiani) coincidono con le persone che usano lo smartphone, mentre circa la metà degli italiani usa Facebook (56,2%) e YouTube (49,6%). Sono i principali risultati del 14° Rapporto Censis-Ucsi sulla comunicazione, “I media e il nuovo immaginario collettivo”, promosso da Facebook, Mediaset, Rai, Tv2000 e Wind Tre, presentato a Roma (Sala Zuccari del Senato) da Massimiliano Valerii, direttore generale Censis.

In due anni Instagram ha raddoppiato la sua utenza (nel 2015 era al 9,8% e oggi è al 21%), mentre Twitter resta attestato al 13,6%. Dopo avere segnato una flessione dal 2007 al 2016 (-3,9% in termini reali), la spesa delle famiglie per gli smartphone ha segnato anno dopo anno un vero e proprio boom (+190% nel periodo 2007-2016, per un valore di poco meno di 6 miliardi di euro nell’ultimo anno). Anche gli acquisti di computer hanno registrato un rialzo rilevantissimo (+45,8% nel periodo). Complessivamente, nel 2016 la spesa per smartphone, servizi di telefonia e traffico dati ha superato i 22,8 miliardi di euro.

I social network ridefiniscono le priorità

Al primo posto tra i fattori ritenuti più centrali nell’immaginario collettivo della società di oggi si trova ancora il “posto fisso”, con il 38,5% delle opinioni, seguito però a poca distanza dai social network (28,3%), dalla casa di proprietà (26,2%) e – quasi a pari merito – dallo smartphone (25,7%), richiamato per il suo valore funzionale e simbolico. Quattro posizioni che riproducono un mix di vecchio e nuovo, offline e online, valori tradizionali e emblemi innovativi.

La graduatoria delle preferenze dei più giovani, come prevedibile, è ancora di più rivolta verso gli elementi di rottura che caratterizzano la contemporaneità. Tra i 14 e i 29 anni i social network si collocano in prima posizione (32,7%), superando il posto fisso (29,9%), seguito dallo smartphone (26,9%), dalla cura del corpo (23,1%) e dai selfie (21,6%). Solo il 17,9% (ampiamente al di sotto della media) indica la centralità della casa di proprietà, il 14,9% l’obiettivo di conseguire un buon titolo di studio come garanzia di riuscita sociale, il 7,4% l’acquisto dell’automobile nuova. A “modellare” l’odierno immaginario collettivo rimane ancora al primo posto la televisione (28,5%), seguita dai social network (27,1%). All’interno di queste percentuali con l’avanzare dell’età degli utenti aumenta la preferenza per la tv rispetto ai social; al contrario fra i più giovani aumenta la predilezione per i new media.

Il credito alle fake news

Tra giovani e adulti i comportamenti mediatici sono sempre più omogenei, tanto che il Rapporto parla di “giovanilizzazione” degli adulti. Nel 2017 viene praticamente colmato il gap nell’accesso a internet, con una utenza dell’87,8% tra i 30-44enni contro il 90,5% dei 14-29enni. Lo stesso avviene per i social network (rispettivamente l’80,4% e l’86,9%), gli smartphone (l’84,7% e l’89,3%), la tv via internet (il 39,5% e il 40,9%) e gli e-book (il 15,4% e il 15,2%). Rapidità d’accesso, connessione alle reti globali, abbattimento delle barriere di spazio e tempo, personalizzazione dei palinsesti, disintermediazione digitale sono ormai “entrati nella vita quotidiana della maggior parte degli italiani”.

Per quanto riguarda le fake news circolate in rete, più della metà degli utenti ha dato loro credito. La percentuale scende di poco per le persone più istruite, ma sale al 58,8% tra i più giovani, che dichiarano di averci creduto “spesso” nel 12,3% dei casi. Per tre quarti degli italiani si tratta di un fenomeno pericoloso, soprattutto per i diplomati e laureati che ritengono che le “bufale” sul web vengano create ad arte per inquinare il dibattito pubblico (74,1%) e favorire il populismo (69,4%). I giovani, invece, danno meno peso a queste valutazioni. Quelli tra i 14 e i 29 anni ritengono nel 44,6% dei casi che l’allarme sia sollevato dalle vecchie élite, come i giornalisti, che a causa del web hanno perso il loro potere. “Ecco perché – spiega il Rapporto – le smentite degli organi di stampa spesso non riescono a mettere in crisi le false notizie che circolano in rete: specie tra i giovani cresciuti con il mito di internet come regno della libertà”.

Radio preferita dall’82,6%

Nel panorama del consumo mediatico degli italiani, la grande novità dell’ultimo anno è rappresentata dalle piattaforme online che diffondono servizi digitali video e audio. La tv tradizionale (digitale terrestre) cede qualche telespettatore, confermando però un seguito elevatissimo (il 92,2% di utenza complessiva, con una riduzione del 3,3% rispetto al 2016). La tv satellitare raggiunge quasi la metà degli italiani. Cresce la tv via internet: web tv e smart tv raggiungono il 26,8% di utenza (+2,4% in un anno). Ed è decollata la mobile tv, che ha raddoppiato in un anno i suoi utilizzatori, passati dall’11,2% al 22,1%.

La radio tradizionale, invece, scende al 59,1% di ascoltatori. La flessione è compensata però dall’ascolto delle trasmissioni radio via internet attraverso il pc. L’autoradio rimane lo strumento preferito dagli italiani per ascoltare le trasmissioni che vanno in onda in diretta (utenza al 70,2%). Complessivamente, la radio si conferma ancora ai vertici delle preferenze degli italiani, con una utenza complessiva dell’82,6%.

La grande novità dell’ultimo anno è rappresentata dalle piattaforme online che diffondono servizi digitali video e audio, come ad esempio Netflix o Spotify. Oggi l’11,1% degli italiani guarda programmi dalle piattaforme video e il 10,4% ascolta musica da quelle audio. Il dato è più elevato tra le persone più istruite, diplomate e laureate e praticamente raddoppia tra i più giovani: il 20,6% degli under 30 si connette ai servizi video e il 22,6% a quelli audio. “È lo stesso concetto di internet che comincia a modificarsi – si legge nel rapporto -: la rete diventa il veicolo di diffusione di contenuti che, pur viaggiando da un centro alla periferia, posso essere fruiti dagli utenti come e quando vogliono, influenzando l’immaginario collettivo degli italiani”.

Solo il 35,8% degli italiani legge i giornali.

Quotidiani e libri sono ancora in flessione. I quotidiani continuano a soffrire per la mancata integrazione nel mondo della comunicazione digitale. Oggi solo il 35,8% degli italiani legge i giornali. Negli ultimi dieci anni, mentre i quotidiani a stampa perdevano il 25,6% di utenza, i quotidiani online ne acquistavano solo il 4,1% (oggi l’utenza complessiva è al 25,2%). Nel campo dei periodici, però, nell’ultimo anno si è registrata una ripresa. Solo il 42,9% degli italiani legge i libri a stampa e il 9,6% gli e-book, complessivamente, i lettori di libri si attestano al 45,7% della popolazione. Cresce tra giovani e anziani il digital divide. Nella fascia anagrafica 14-29, la quota di utenti della rete arriva infatti al 90,5%, mentre è ferma al 38,3% tra gli anziani (65-80 anni). L’89,3% dei primi usa lo smartphone, ma lo fa solo il 27,6% dei secondi. Il 79,9% degli under 30 è iscritto a Facebook, contro appena il 19,2% degli over 65. Il 75,9% dei giovani usa YouTube, come fa solo il 16,5% degli ultrasessantacinquenni. Quasi la metà dei giovani (il 47,7%) consulta i siti web di informazione, contro appena il 17,6% degli anziani. Nel caso dei quotidiani, invece, la situazione è opposta: l’utenza giovanile (23,6%) è ampiamente inferiore rispetto a quella degli ultrasessantacinquenni (50,8%).

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