Più soldi agli istituti che attivano processi capaci di contrastare la dispersione scolastica. Favorita anche una maggiore apertura al territorio

Alberto CAMPOLEONI

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All’indomani delle celebrazioni per don Milani, e l’enfasi su scuola e cultura come veri strumenti di promozione e lotta alla povertà, il Ministero dell’istruzione (Miur), in una nota, ha reso note due misure inserite nel cosiddetto decreto Sud e nel decreto sul reddito di inclusione.
«In particolare, nel decreto Sud – ha spiegato la ministra Valeria Fedeli – abbiamo inserito un’ulteriore, importante misura per contrastare la povertà educativa minorile e la dispersione scolastica nelle regioni del Mezzogiorno». Si tratta di una norma che consente di attivare interventi rivolti a reti di scuole in convenzione con enti locali e non solo – la sinergia riguarda soggetti pubblici e privati – per progettare e attuare interventi educativi biennali in favore dei minori in aree con accentuata povertà educativa minorile e dispersione scolastica, e dove è alto il tasso di fenomeni di criminalità organizzata. L’obiettivo è che le scuole possano diventare “centro pulsante delle comunità cittadine” e luogo efficace di contrasto a povertà educativa minorile e dispersione scolastica. In sostanza, ogni rete di scuole potrà ricevere un finanziamento per un progetto biennale di 30, 60 o 100 ore. Gli istituti, nell’ambito della propria autonomia, potranno decidere di utilizzare le ore aggiuntive di formazione in orario extrascolastico durante l’anno oppure nei periodi di chiusura delle scuole, in estate, favorendo una maggiore apertura al territorio e ampliando il proprio raggio d’azione. I progetti selezionati (con una procedura pubblica promossa dal Miur), riceveranno finanziamenti dal Ministero grazie alle risorse “Per la Scuola – Competenze e ambienti per l’apprendimento”, relative al periodo di programmazione 2014-2020.
Il secondo intervento si affianca invece al cosiddetto reddito di inclusione: nel testo del decreto è stata infatti inserita la precisazione per cui le famiglie con ragazze e ragazzi con meno di 18 anni possono mantenere il sussidio, se beneficiarie, solo dimostrando che i propri figli frequentano regolarmente la scuola (“frequenza e impegno scolastico” sono parte integrante del “progetto personalizzato” previsto dal decreto). Insomma, la frequenza a scuola viene incentivata, nella consapevolezza che la dispersione scolastica è vero problema per il Paese. E la ministra Fedeli ha commentato: «Abbiamo fortemente voluto questa norma per ribadire con forza che l’istruzione è il principale strumento di promozione sociale. Un mero sostegno economico per venire in aiuto delle famiglie più svantaggiate è necessario ma non sufficiente. Va accompagnato con un’operazione culturale».
Naturalmente si spera che gli interventi legislativi producano buoni effetti. Per questo sarà importante, insieme al protagonismo degli istituti scolastici e delle agenzie sui territori, l’entità dei finanziamenti in arrivo. Perché è poi la misura dell’investimento economico che dà sostanza alla (buona) intenzione del legislatore. E rende concreta la convinzione ribadita dalla ministra, per cui «l’istruzione è lo strumento principale per garantire una vera mobilità sociale, per permettere a tutte le ragazze e i ragazzi di emanciparsi e diventare cittadine e cittadini consapevoli, a prescindere da quali siano le condizioni familiari e territoriali di partenza».

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