Gli episodi di Firenze e Milano la dicono lunga sul disagio degli studenti e sulla polarizzazione del confronto nel mondo della scuola. Il parere di Giovanna Venturini (Uciim) e Angela Bonato (Acs)

di Stefania CECCHETTI

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Nostalgici Settanta. Se la guerra in Ucraina ci ha riportato, come in un flashback, ai tempi della Guerra Fredda, i fatti di questi ultimi giorni sembrano aver riportato il mondo della scuola ai tempi del Movimento studentesco e delle sue accese contrapposizioni politiche. Prima l’aggressione davanti al Liceo Michelangiolo di Firenze da parte di alcuni militanti di Azione studentesca, vicini a Fratelli d’Italia. Poi la risposta del ministro Valditara alla lettera scritta dalla preside di un altro liceo di Firenze, il Leonardo da Vinci. Infine, qualche giorno fa, la comparsa di uno striscione di stampo anarchico davanti al Liceo classico Carducci di Milano, con la raffigurazione del presidente del Consiglio Meloni e dello stesso Valditara a testa in giù. Insomma, una polarizzazione del confronto che non dice nulla di buono sul clima nella scuola italiana, già provata da anni di tagli e dalla lunga epoca della Dad durante la pandemia.

Testimoni, non cattivi maestri

Secondo Giovanna Venturini, presidente regionale dell’Uciim (Unione cattolica italiana insegnanti, dirigenti, educatori, formatori) quelli di Firenze e Milano sono gesti estremi e condannabili. «Per quanto riguarda l’episodio del Michelangiolo – sostiene Venturini – ho apprezzato le poche righe pubblicate sul sito dello stesso Liceo dalla dirigente Rita Gaeta, che tra l’altro è una associata Uciim: “Il patrimonio valoriale su cui si fonda l’ordinamento scolastico, improntato ai principi della nostra Costituzione, risulta ignobilmente vilipeso da tale esecrabile azione”. Parole in cui noi colleghi dell’Uciim ci siamo riconosciuti, tanto che di comune accordo abbiamo ripreso la dichiarazione nel nostro comunicato nazionale di condanna dell’episodio». Secondo Venturini, «i ragazzi hanno altri luoghi dove confrontarsi, dalle assemblee studentesche al metodo didattico del debate, che si pratica in molte scuole e di cui esistono anche olimpiadi a livello nazionale. Il fatto che si ritorni a episodi di violenza che credevamo conclusi con gli anni Settanta-Ottanta ha stupito noi insegnanti e ci deve far riflettere sul clima di tensione sociale e politica che si sta profilando. Noi adulti dobbiamo essere testimoni di valori e non cattivi maestri».

Tuttavia anche l’episodio del Liceo Carducci è da condannare, secondo Venturini: «Una risposta che non è accettabile, dai toni brutali, che, lo ribadisco, sono toni di un’altra epoca, di un clima culturale che speravamo ormai superato, anche grazie a tutto il lavoro che in questi anni si è fatto nelle scuole con l’insegnamento di educazione civica. Un percorso che recentemente è stato potenziato e che dovrebbe educare ai valori della democrazia e della convivenza civile. Il nostro compito, come associazione, è rinnovare e potenziare l’impegno educativo alla non violenza».

Rispetto reciproco

Anche secondo Angela Bonato, segretaria diocesana di Acs (Azione cattolica studenti) – associazione che ha condannato in un recente comunicato i fatti di Firenze – sia l’aggressione fiorentina, sia lo striscione anarchico davanti al Carducci mandano un unico messaggio: «Entrambi gli episodi – sostiene – dimostrano, in maniera diversa, la rottura che si è venuta a creare tra istituzioni e mondo scolastico. Le modalità dello striscione apparso davanti al Carducci non sono accettabili, perché non sono degne di una società democratica e civile, ma esprimono l’urgenza del mondo studentesco di essere ascoltato». Ascolto che, secondo Bonato, è invece mancato nel silenzio istituzionale seguito all’aggressione di Firenze: «Le istituzioni hanno il dovere di ascoltare quello che gli studenti, i presidi, gli insegnanti hanno da dire. Ci deve essere un rispetto reciproco», conclude.

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