Per l’Amci quella sulla responsabilità è una «buona normativa» perché richiama i professionisti al «massimo rispetto del malato» e a «un’erogazione di cure appropriate»

di Gigliola ALFARO

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«La legge è buona. Risponde sicuramente bene a due grossi problemi: evitare una mole impressionante di contenziosi e un costo delle assicurazioni non sostenibile». Filippo Maria Boscia, presidente nazionale dell’Associazione medici cattolici italiani (Amci), sintetizza così due degli aspetti qualificanti della legge “Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie”, approvata in via definitiva, recentemente, dalla Camera dei deputati.

«È importante nella legge la ricerca di un nuovo equilibrio nel rapporto medico-paziente per una maggiore serenità professionale e una migliore cura del malato – osserva il presidente dell’Amci -. Per timore di possibili denunce, si è sempre più diffusa una medicina difensiva con l’uso inappropriato delle risorse destinate alla sanità pubblica ed erose da questo modo di agire, ma non credo che questo problema possa essere risolto del tutto. Il cittadino è stato abituato a cercare di avere il massimo, com’è giusto, ma la ristrettezza delle risorse non lo consente. Con l’avanzare della medicina, ad esempio con i farmaci biologici, cresce la necessità di sempre maggiori risorse».

In effetti, prosegue Boscia, «il medico, costretto a compiere il suo lavoro a velocità esasperate in un percorso di aziendalizzazione della medicina, rischia di perdere di vista il contatto con il paziente, che, pur trattato con competenza, non è più contento. La tecnologia ha soffocato il rapporto umano. Se la medicina diventa contrattualistica, allora la responsabilità diventa un aspetto preponderante». D’altra parte, «se si considerano le condizioni difficili in cui lavorano i medici nel pronto soccorso, possono determinarsi eventi che saranno poi imputati a errori nell’esercizio professionale». Il male, insomma, «viene dalla base. Oggi il medico si trova in una morsa: se non dà all’ammalato tutta l’assistenza possibile viene censurato, ma se la vuole dare, va fuori i capitoli di spesa e subentra una responsabilità amministrativa».

La legge prevede l’obbligatorietà dell’assicurazione sia per le strutture sanitarie sia per i medici. «È un grande regalo per le compagnie di assicurazioni – denuncia il presidente dell’Amci -. Così si incide pesantemente sui medici, soprattutto su quelli più giovani». Da questo punto di vista, «è positivo che la legge preveda una vigilanza, ma è necessario che si eserciti in modo onesto per frenare lo strapotere delle assicurazioni». Essendo cresciuto molto negli ultimi anni il numero delle cause, «è importante che la legge preveda prima un tentativo obbligatorio di conciliazione stragiudiziale dinanzi al giudice competente. Certo, sarebbe stato ancora meglio un collegio degli Ordini dei medici per valutare la giusta proposizione di una causa al fine di prevenire azioni proditorie».

La nuova normativa riduce anche i casi di responsabilità penale: se l’evento si è verificato a causa di imperizia, la punibilità è esclusa quando sono rispettate le linee guida o le buone pratiche clinico-assistenziali del settore. «Oggi ci sono problemi tecnici di speciale difficoltà – spiega Boscia -. Quando ci si trova ad affrontare una situazione che non rientra nella propria esperienza, i medici e, questo vale soprattutto per i giovani, dovrebbero avere l’umiltà di essere assistiti da colleghi più esperti. La legge spinge in questo senso, offrendo una garanzia in più per i malati».

Il presidente dell’Amci giudica positivamente anche aver stabilito in sette giorni la messa a disposizione della cartella clinica: «Ci vuole una nuova cultura di fare medicina, che migliori l’alleanza medico-paziente: deve esserci un rapporto professionale, ma anche amicale».

La legge, nell’istituire un osservatorio sul modo di fare medicina, per Boscia «mette in luce che il lavoro nel campo sanitario racchiude il profondo significato di essere “per” e di essere “al servizio”». La legge, dunque, disciplinando la materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, «richiama il medico alle sue responsabilità».

Di fatto «la professione deve essere vissuta come responsabilità, ovvero come risposta a una vocazione, risposta non solo esperta e competente, ma soprattutto in grado di far fronte sotto ogni aspetto e fino in fondo alla chiamata insita in ogni azione medica».

«Questa legge – conclude Boscia – raccomanda maggiore attenzione ai professionisti affinché da una rinnovata visione del fare medicina scaturisca massimo rispetto del paziente ed erogazione di cure appropriate».

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