Presentato il Rapporto sulla Città 2017, realizzato con studiosi di diverse università. Di fronte alla svolta epocale in atto lo studio delinea la nuova leadership di Milano come capitale dell’innovazione
Parola d’ordine, innovazione. Dal basso, attraverso cittadini e associazioni; e dall’alto, grazie a un’Amministrazione comunale cui si riconosce il merito di incentivare il processo, e al contributo di fondazioni, imprese, parti sociali ed enti del terzo settore. Milano cresce, si trasforma, baipassa le eredità della crisi, e lo fa nel nome del nuovo paradigma della contemporaneità: innovare. È quanto emerge dal Rapporto sulla Città Ambrosianeum 2017, realizzato con studiosi di diverse università grazie al contributo di Fondazione Cariplo ed edito da Franco Angeli, presentato lunedì 3 luglio.
Dunque innovare a volte anche a tutti i costi, senza tener conto delle ricadute – che si vorrebbero sempre positive – sul benessere e la qualità della vita dei cittadini. Innovazione intesa come fenomeno urbano, sociale e basato in larga misura sulla costruzione di nuove relazioni. E studiata come fenomeno dai mille volti – soprattutto nella sua accezione sociale – accomunati da modalità simili e da un vocabolario puramente anglosassone. Ecco allora le start-up, il crowdfunding, la knowledge-economy; i makersplace, i fablab e la sharing economy; le alpha-city, i policy-makers e i think-tank.
In una Milano che continua a godere dei benefici di Expo, il Rapporto Ambrosianeum 2017 sceglie di indagare i fenomeni innovativi caratteristici di Milano e dell’area metropolitana, intesi come segnali sintomatici di un cambiamento forte, e come “segnali stradali” per orientamenti futuri. Il Rapporto 2017 declina il termine innovazione secondo tre direttrici fondamentali, corrispondenti ad altrettante sezioni del Rapporto: Imprese, tecnologie, saperi; Economia, condivisione, risorse; Welfare, comunità, luoghi.
Ma l’innovazione che Ambrosianeum auspica non è certo innovazione tout-court: E se il modello-Milano ha come obiettivo un’innovazione inclusiva dal punto di vista sociale, «la memoria è radice e futuro», scrive infatti nella Presentazione al rapporto il presidente Ambrosianeum Marco Garzonio, citando la recente visita papale a Milano e suggerendo, alla luce dei suoi numi tutelari di sempre – Lazzati e Dossetti, La Pira e Greppi – un decalogo per riflettere e agire “politicamente” che spazia dalla disposizione all’inquietudine alla necessità di dire addìo alla cultura del lamento, dal sognare al non rifiutare a priori vis polemica e rischio, dal recupero del cattolicesimo “pre-politico” e conciliare a una doverosa attenzione all’educazione e alla coerenza.
Non basta. Perché stando all’introduzione di Rosangela Lodigiani, l’innovazione, sempre più connotata in termini sociali ha subito una brusca accelerazione dal 2008 in poi, visto che «l’attenzione per l’innovazione, e in particolare per l’innovazione sociale, riemerge ciclicamente nei periodi di crisi».
Secondo elemento distintivo dell’innovazione contemporanea è la centralità delle città, tanto che uno degli slogan più diffusi recita: Innovation is now a city-based phenomenon. Terzo elemento messo in luce dalla Lodigiani, è quello «sociale, collaborativo, di apertura verso l’esterno» dell’innovazione, che si nutre di relazioni interpersonali e delle interrelazioni «che possono favorire la circolazione di conoscenze e competenze e quindi la nascita e l’implementazione di nuove idee».
Con tutte le particolarità milanesi del caso: «Un’innovazione inclusiva è un’innovazione sociale che presta attenzione a chi resta ai margini, prova a coinvolgere attivamente i cittadini, mette in rete gli attori sociali, non cancella ciò che c’era prima…», scrive ancora Lodigiani. «È il “modello Milano” dell’innovazione, che se non può dirsi pienamente realizzato, si pone dinnanzi a noi quantomeno come obiettivo condivisibile».