Valerio Pedroni, responsabile della Fondazione Somasca, da dieci anni al fianco di queste popolazioni a Milano: «Lavoriamo per impegnare le persone a rendersi capaci di costruirsi una vita integrata»

di Rosangela VEGETTI

festa rom

Ai Rom vengono attribuite solo categorie solo denigratorie – come zingari o nomadi -, per scendere poi a quelle ancora più negative di fuorilegge, asociali, ladri di bambini (anche mia madre mi diceva di star lontana dagli zingari perché rubano i bambini, e la cosa curiosa è che gli stessi Rom dicono ai figli di non avvicinare gli estranei stranieri per non essere rapiti!). Insomma non ci si conosce e ci si teme reciprocamente.

Nella realtà c’è una popolazione che vive tra noi in massima povertà e per uscirne deve nascondere la propria origine. «Nulla si conosce della lingua, della letteratura, della scultura, della pittura e della musica romanì – afferma il professor Santino Spinelli, già docente di Lingua e cultura romanì all’Università degli Studi di Trieste -. Sono comunità dimenticate dalla storia, decimate dalle persecuzioni nazi-fasciste, ma che pure hanno contribuito a costruire l’Europa e hanno ispirato artisti mondiali».

Oggi si sta compiendo un lento e significativo passo di cambiamento, con diversi giovani che vanno a scuola e si avviano al lavoro, e famiglie che approdano a situazioni abitative in affitto e persino in proprietà. Un percorso che coinvolge persone e associazioni non disposte a demordere davanti a fallimenti o a critiche infondate.

Il primo passo è il riconoscimento dei diritti umani fondamentali per queste comunità marginali, che portano caratteri culturali e linguistici propri, ma che al tempo stesso sono composte da famiglie e persone in fragilità. «Il lavoro di accompagnamento di queste famiglie per uscire dell’esclusione sociale è lungo e difficile – testimonia Valerio Pedroni, responsabile della Fondazione Somasca, che da dieci anni opera nei campi regolari di Milano con l’appoggio dei servizi comunali e di altri soggetti (Opera San Francesco, Caritas Ambrosiana, Casa della Carità) -. Il criterio di intervento è soprattutto quello di rinforzare il tessuto umano positivo di ciascuna persona per impegnarla e indirizzarla a migliorarsi nel rendersi capace di costruirsi una vita integrata. L’atteggiamento diffuso è quello di considerare il fattore “Rom” in maniera stereotipata, quando invece si tratta di affrontare i problemi di persone e individui in situazioni di complessità».

Per introdursi nel sentire di una giovane rom è di lettura davvero avvincente il libro Sono rom e ne sono fiera (ed. Alegre, Roma), biografia di Anina CiuCiu, nativa romena, oggi a Parigi dove frequenta la Sorbona e si prepara a diventare magistrato per difendere i diritti fondamentali della sua gente in ogni parte del mondo.

 

 

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