La dimensione contemplativa che deve caratterizzare i cristiani è al centro del messaggio del Papa per la Giornata, ispirato all'icona della fuga in Egitto. Ne parla il responsabile della Pastorale diocesana

di Stefania CECCHETTI

rifugiati
Una famiglia di rifugiati

È “contemplare” la parola chiave del Messaggio inviato dal Papa per la Giornata del migrante e del rifugiato, domenica 27 settembre. Sono 106 anni che la Chiesa celebra ogni anno questa ricorrenza, particolarmente cara a Francesco, «che da sempre nel suo magistero si fa voce dei migranti, dei rifugiati, dei dimenticati; di coloro che dalle periferie geografiche ed esistenziali si mettono in cammino verso un’esistenza migliore, alla ricerca di vita», fa notare don Alberto Vitali, responsabile diocesano della Pastorale dei migranti.

Quale il significato di una Giornata ecclesiale sui migranti, quando esiste un’analoga ricorrenza mondiale, istituita dall’Onu nel 2000? «La sua specificità è leggere in chiave propriamente cristiana il tema dell’accoglienza di migranti e rifugiati – spiega don Vitali -. Un argomento che comunque riguarda tutti gli uomini di buona volontà, nel nome della solidarietà umana. Il cristiano, però, ci suggerisce il Papa, deve fare un passo in più, deve abbracciare una dimensione contemplativa. Esattamente quello che ci invitava a fare anche l’Arcivescovo con il Sinodo Chiesa dalle genti».

Nasce da qui, secondo don Vitali, la scelta di Francesco di presentare l’icona della fuga in Egitto nel suo Messaggio: «Un’immagine significativa, perché ci ricorda che anche Gesù è stato povero e profugo e ci chiama a riconoscere in lui l’incarnazione di quanto abbiamo letto molte volte nell’Antico Testamento, che cioè orfani, vedovi e stranieri sono i prediletti da Dio. Nell’episodio della fuga in Egitto tocchiamo con mano come Gesù si identifichi con gli ultimi e questo ci obbliga, come cristiani, a considerare il tema delle migrazioni non solo dal punto di vista sociale, politico ed economico, ma a contemplarlo alla luce della Parola».

Che è poi quanto succede ai discepoli di Emmaus, la seconda delle due icone presentate dal Messaggio del Papa per la Giornata del migrante e del rifugiato: «Gesù usa le Scritture come chiave di lettura della realtà, per spiegare ai discepoli di Emmaus chi è lui veramente – fa notare don Vitali -. Questa dimensione contemplativa, ben lungi dallo spiritualizzare la questione migranti, la rende invece più cogente. Noi cristiani non possiamo fermarci alla semplice filantropia. Possiamo anche arrivare a pensare che l’accoglienza sia insostenibile, dal punto di vista razionale, ma la fede ci obbliga comunque a scelte coraggiose. Ce lo suggerisce anche l’episodio evangelico dei cinque pani e due pesci: se anche avessimo così poco (e non è così), Gesù ci invita a fidarci e a condividere, contro ogni apparenza, quello che abbiamo, certi che Dio lo moltiplicherà. Questa è la sfida della fede, sulla quale ci giochiamo tutto».

Non ci saranno iniziative specifiche in Diocesi per la Giornata, ma la Pastorale dei migranti ha inviato una lettera ai parroci per sensibilizzarli a ricordare la ricorrenza di domenica 27 settembre. Inoltre, la Giornata sarà l’occasione per commemorare don Roberto Malgesini, il sacerdote di Como che ha recentemente perso la vita mentre fasciava – letteralmente – le ferite dei poveri: «Come fondazione Migrantes – fa sapere don Vitali – durante il primo incontro tra tutti i responsabili delle pastorali dei migranti di Lombardia, che si terrà l’1 ottobre, ricorderemo don Roberto e rifletteremo su come sia stato autentica incarnazione, fino a pagare con la vita, di quella dimensione contemplativa a cui ci chiamano papa Francesco e il nostro Arcivescovo».

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