Parla don Franco Gallivanone, decano di Forlanini Romana Vittoria, che l’Arcivescovo visiterà fino al 7 maggio: «Le parrocchie, abituate a lavorare singolarmente, devono diventare come una casa in cui tutti si sentono accolti e aiutati nella fede»
di Cristina
CONTI
Fino al 7 maggio è in corso la Visita pastorale dell’Arcivescovo al Decanato Forlanini Romana Vittoria (leggi qui). «Con la riforma dei Decanati cittadini, Forlanini si è unito a Porta Romana e Porta Vittoria – spiega il decano don Franco Gallivanone, parroco di San Pio V e Santa Maria di Calvairate -. In tutto ci sono tredici parrocchie, di cui quattro singole, mentre le altre si sono unite in Comunità pastorale o sono in cammino per la sua costituzione. Linate e Ponte Lambro, invece, hanno un unico parroco».
La crisi economica si è sentita molto?
Il nostro territorio comprende in parte aree centrali e in parte zone periferiche della città. Le persone che abitano nelle prime vivono in un certo benessere. Nelle seconde si fa più fatica, soprattutto dove sono presenti case popolari. Le conseguenze della pandemia prima e della crisi energetica poi sono state avvertite dai Centri d’ascolto. Il numero dei poveri è comunque stabile.
L’immigrazione è consistente?
Nelle parrocchie del centro gli immigrati sono prevalentemente badanti in servizio per accudire gli anziani. In quelle periferiche, come piazzale Cuoco e Forlanini, sono invece famiglie residenti, provenienti soprattutto da Filippine, Sudamerica e Paesi arabi. Qualche giorno fa mi è capitato di far visita anche a una proveniente dalla Mongolia. La situazione a mio parere è piuttosto buona. Nelle scuole si registra una certa integrazione, mentre per realizzarla tra gli adulti ci vorranno anni. Per il resto c’è un andirivieni continuo di persone. La popolazione di queste zone è in crescita continua. E cresce anche l’età media degli italiani che vi abitano.
Dopo la pandemia le attività parrocchiali sono riprese a ritmo pieno?
Le attività sono ripartite. Ma come un proseguimento di quello che c’era già prima, non sono state ripensate in funzione di quanto è necessario ora. La presenza alle celebrazioni eucaristiche è diminuita perché molti preferiscono ancora assistere alla Messa in televisione, oppure non vengono in chiesa per prudenza perché continuano a temere i contagi (ci sono ancora decessi o persone tuttora malate). Le nostre parrocchie sono sufficientemente grandi per accogliere tutti quelli che vivono nel territorio. Dall’anno scorso è ripreso l’oratorio estivo, con un’adesione notevole sulla carta. Certo, tra le nostre parrocchie c’è chi ha deciso di accogliere tutti e chi seleziona di più. L’oratorio estivo infatti vuole essere espressione di una comunità cristiana che accoglie anche religioni diverse, all’interno di una proposta educativa precisa. I numeri sono buoni e i ragazzi ci sono.
Quali sono le attese per la Visita pastorale?
Anche se la Visita ha un carattere di eccezionalità vogliamo mettere di fronte all’Arcivescovo la realtà di ogni giorno. C’è stato sicuramente uno sfaldamento della tradizione: per alcuni il Vescovo è una persona conosciuta, per altri è una figura lontana.
Quali le sfide per il futuro?
La vita quotidiana di una parrocchia deve essere quella di una casa in cui tutti si sentono accolti e aiutati nella crescita della fede. Per questo sarebbe importante una più ampia collaborazione tra le parrocchie, che sono abituate a lavorare a livello singolo. La Visita è poi un’occasione di crescita: vi sono coinvolte tutte le diverse componenti delle realtà parrocchiali, dai giovani all’assemblea sinodale decanale, dalla vita consacrata al mondo della disabilità, dagli stranieri alle case popolari, fino alle famiglie dell’iniziazione cristiana. E soprattutto per queste ultime famiglie le possibilità sono tante: si tratta di persone spesso molto impegnate. Per molte certo la partecipazione dei figli ai sacramenti è vista come una consuetudine, ma il nostro obiettivo è quello di rendere anche questo periodo un momento di maggiore coinvolgimento nel Vangelo