Nella chiesa dei Santi Giacomo e Giovanni, dove si riuniscono i fedeli ucraini cattolici di rito bizantino, preghiera per le vittime del Covid e della guerra alla presenza del Vicario generale monsignor Agnesi
di Annamaria
Braccini
Il volto vivo della «Chiesa dalle genti» che, pur nel dolore condiviso per la tragedia della guerra, testimonia la bellezza e la pace che viene dall’abbraccio tra Chiese sorelle. L’abbraccio ideale con cui Chiesa ambrosiana si stringe all’Ucraina, simboleggiato da quello concreto e commosso tra il Vicario generale, monsignor Franco Agnesi, e don Igor Krupa, cappellano della missione per i fedeli ucraini cattolici di rito bizantino San Josaphat e collaboratore pastorale della parrocchia dei Santi Giacomo e Giovanni. La grande chiesa in via Meda, dove alle 19 del 18 marzo – Giornata nazionale in ricordo delle vittime del Covid e, quest’anno, anche del conflitto in corso (su invito del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee) -, si suonano le campane, come si fa in tutte le parrocchie della Diocesi, e si prega insieme, mentre nei locali parrocchiali si raccolgono pacchi con ogni genere di aiuti materiali da inviare nelle zone di guerra.
Sotto lo splendido mosaico della Trasfigurazione di Marko Ivan Rupnik – che sembra vegliare con la sua immagine di luce sui fedeli, tra cui anche qualche mamma con i propri bimbi appena arrivata dalle terre martoriate – si ascolta il Vangelo di Matteo, si recita la preghiera di papa Francesco in cui risuona quel «Mai più la guerra» che fu già di San Paolo VI, e si invoca la pace perché, dopo tanto sangue e conflitti, come scrive il Santo Padre, «la parola che ci fa incontrare sia sempre “fratello” e lo stile della nostra vita diventi “shalom, pace, salam”».
Offrire fiducia e speranza
Sono presenti anche il vicario episcopale, monsignor Luca Bressan, e don Walter Cazzaniga, amministratore parrocchiale dei Santi Giacomo e Giovanni e decano dei Navigli. Portando il saluto dell’Arcivescovo e della Diocesi, monsignor Agnesi sottolinea: «Questa nostra semplice preghiera precede di pochi minuti la Via crucis che vi troverà uniti nel camminare insieme con coloro che sono, nella vostra terra, nella prova e nella sofferenza».
Il «grazie» è per la testimonianza offerta dai fedeli ucraini e per la scelta della pagina del Vangelo di Matteo al capitolo 25, con quelle parole – «ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero forestiero e mi avete ospitato» – che suonano come un richiamo per ciascuno. «È un segno per tutta la città – aggiunge infatti il Vicario generale -, perché nessuno, in particolare coloro che vivono oggi nelle vostre città e paesi la violenza della guerra, sia lasciato solo. Grazie per la vostra testimonianza: aiuti anche noi a vivere così questo momento. Noi che non abbiamo molta forza e non sappiamo cosa sia necessario fare in ambito diplomatico e politico, ma che preghiamo per vincere il male con dei segni che diano fiducia, dignità e speranza».
Infine, l’abbraccio del cappellano con monsignor Agnesi e monsignor Bressan. Con la voce incrinata dal pianto, don Krupa dice: «Vorrei solo ringraziare, abbiamo pregato con parole che diventeranno nostre e saranno intenzione della Via crucis. Questi due abbracci significano tantissimo: mi sono sentito fratello tra i fratelli. Continuate a pregare per il popolo ucraino che cerca di essere libero, che soffre là dove, purtroppo, ci sono bambini che non hanno da mangiare e mamme disperate».