A poco più di un mese dal X Incontro mondiale, la riflessione del direttore della Pastorale familiare della Cei: «Partire da qui per rimettersi in gioco e ricostruire relazioni»

di Giovanna Pasqualin Traversa
Agensir

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«Dopo lo stress legato ai due anni di pandemia, tra chiusure e rarefazione delle relazioni, ora quello causato dalla guerra con la preoccupazione per le sofferenze della popolazione ucraina e le ricadute in termini economici, tra precarietà lavorativa e bollette schizzate alle stelle». Insomma, «la famiglia italiana sta sopportando un carico emotivo e mentale pesantissimo. Un malessere del quale bambini e adolescenti, con il loro crescente disagio, costituiscono il termometro». È lo scenario delineato da padre Marco Vianelli, direttore dell’Ufficio nazionale per la pastorale della famiglia della Cei, a un mese e mezzo dal X Incontro mondiale delle famiglie, «L’amore familiare: vocazione e via di santità», che si svolgerà dal 22 al 26 giugno a Roma. L’appuntamento sarà l’atto conclusivo dell’Anno per la “Famiglia Amoris Laetitia” indetto da Papa Francesco. Seguendo le indicazioni del Papa, l’evento si terrà in una forma inedita, “multicentrica e diffusa”, e vedrà la partecipazione a Roma solo di piccole delegazioni di ogni Paese, mentre tutte le diocesi del mondo sono state invitate a promuovere iniziative locali nelle settimane precedenti.

Prima di addentrarsi nell’evento, il sacerdote, che tocca con mano le fatiche di tanti nuclei familiari, afferma: «Ben vengano ristori e aiuti, ma sulle famiglie serve uno sguardo nuovo da parte della politica che ancora non la vede come una priorità, ma piuttosto come un problema al quale dare risposte emergenziali. In realtà la famiglia è, per sua natura, anzitutto una risorsa, non da sfruttare ma da valorizzare come volano di sviluppo sociale».

Padre Vianelli, per la prima volta un Incontro decentrato e “diffuso” sul territorio…
Per i nostri contesti ecclesiali questo implica la scommessa di riuscire a ri-coinvolgere la famiglia per ricollocarla in un ambiente più affine a lei, quello delle relazioni ad extra e non solo ad intra. Non si tratta di un “libera tutti”, le famiglie hanno ancora paura di muoversi liberamente. Non è così semplice rimettersi in gioco ma questo spostare sul territorio sia la riflessione ecclesiale, con il discorso sul Sinodo, sia l’Incontro mondiale delle famiglie, a mio avviso rilancia una dimensione relazionale e umana tipicamente familiare. L’Incontro mondiale è un evento straordinario, ma la famiglia non vive di norma la cifra del mondo, se non marginalmente con ciò che di quel mondo le entra in casa: l’amico extracomunitario dei figli, il negoziante maghrebino o cingalese. Il territorio, invece, entra normalmente e quotidianamente in famiglia attivando processi di riflessione.

Dunque uno spazio per una “nuova prossimità”?
Sì. Uno spazio che consenta alle famiglie di scommettere di nuovo, anziché rimanere paralizzate nelle loro fatiche, incertezze, paure; un punto da cui partire per riavvicinarsi e ricucire gli strappi verificatisi in questi ultimi due anni ricostruendo relazioni e legami.

Chiesa in uscita e famiglie in uscita. Che cosa le fa venire in mente?
La famiglia costituisce per sua natura quella parte della Chiesa che è in uscita. Chiedendo alla Chiesa di essere “in uscita”, il Papa ha chiesto un’importante presa di coscienza dal punto di vista ecclesiale, ma c’è una parte di Chiesa, di cui le famiglie sono elemento portante, che vive per sua natura costantemente in uscita. Il problema è avere consapevolezza che questo vivere in costante uscita è un atto ecclesiale. La famiglia in uscita, attraverso il lavoro, la scuola, le relazioni, la cura, l’impegno politico per quello che è possibile, abita il territorio e diventa uno strumento di presenza ecclesiale. Ma c’è qualcosa di più.

Che cosa?
Oltre a essere “in uscita”, la famiglia può “addomesticare” il mondo, ossia renderlo “domestico”, più “abitabile” – ed anche la Chiesa – “contagiandoli” con il suo stile relazionale.

Santità è saper rispondere alla chiamata di Dio in ognuno di noi, secondo il nostro stato di vita. Il Papa invita a riflettere sull’amore coniugale come «vocazione e via alla santità»…
La dimensione coniugale della santità è la provocazione che la famiglia può consegnare al mondo. La chiamata del Signore alla santità è certamente personale, e la santità è un percorso di resa all’amore di Dio. Tuttavia il nucleo fondamentale della famiglia, la coppia di sposi, dimostra che attraverso il sacramento del matrimonio le due singole vocazioni degli sposi convergono in un’unica con-vocazione per diventare santi insieme. Il cammino di santificazione in famiglia non è una corsa a ostacoli o a chi arriva primo sgomitando per occupare il posto migliore, né, tantomeno, un esercizio solitario di perfezione, bensì un traguardo da raggiungere insieme, in un percorso talvolta anche impervio, a piccoli passi e con piccoli gesti quotidiani, perché la santità dell’uno è “con-vocata” insieme a quella dell’altro.

 

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