Il Vicario episcopale per la Formazione del clero presenta «Tempo in disparte», l’iniziativa destinata ai preti che mutano destinazione, in programma a Seveso dal 25 agosto al 6 settembre (iscrizioni fino al 15 agosto)
di Luisa
BOVE
Si chiudono il 15 agosto le iscrizioni a «Tempo in disparte», l’iniziativa destinata ai preti che cambiano destinazione dopo 11 anni di ministero, in programma dal 25 agosto al 6 settembre al Centro pastorale di Seveso (si veda l’allegato). Scopo della proposta promossa dalla Formazione permanente del clero, come spiega il Vicario episcopale di settore don Ivano Valagussa, «è accompagnare i sacerdoti a cogliere la “grazia del momento” – così dice l’Arcivescovo -, quell’uscire ed entrare in una comunità che caratterizza ogni cambio di destinazione» e che diventa anche occasione «di rilettura del proprio ministero e di rilancio della risposta vocazionale».
Come si articola la proposta?
L’Arcivescovo chiede anzitutto a questi sacerdoti di vivere un tempo di riposo di almeno 15 giorni, seguito da due proposte precise: una settimana di esercizi spirituali e una settimana di formazione, che comprende una rilettura del ministero dentro i cambiamenti e le nuove esigenze che investono la pastorale, oltre all’approfondimento di alcuni temi e l’aggiornamento rispetto ai compiti del ministero (per esempio sul versante amministrativo e dei sacramenti), fino ad arrivare al momento conclusivo del mandato ufficiale da parte dell’Arcivescovo.
Spesso le comunità vivono questi cambiamenti con fatica. Come favorire il cammino?
Da una parte è importante il passaggio di testimone da un responsabile di Comunità o parroco all’altro, per cui a Seveso è previsto un incontro a tre tra il Vicario episcopale di Zona, il sacerdote che arriva e quello che consegna il lavoro svolto negli anni. Dall’altra ci sono le comunità cristiane, per cui si propone a ogni Consiglio pastorale di fermarsi a elaborare una verifica con il sacerdote rimasto tanti anni nella comunità, così da accogliere il nuovo responsabile o parroco, che si colloca in continuità, riprendendo il cammino con linee e prospettive di pastorale già avviate.
Si tratta di incoraggiare i laici alla corresponsabilità?
Sì, ma a partire anzitutto da quell’organismo di partecipazione che è il Consiglio pastorale. Un ulteriore elemento sarà quello di offrire all’intera comunità cristiana la possibilità di riflettere sul significato del cambio di sacerdote, dentro le linee del Concilio Vaticano II e degli orientamenti che papa Francesco indica sempre più, non solo al clero, ma alla Chiesa. Non penso alla corresponsabilità solo dei laici, ma di ogni battezzato, quindi anche dei consacrati e delle consacrate. Tutti sono corresponsabili – in virtù del proprio battesimo – del cammino di Chiesa. Questo emerge bene anche dal recente Sinodo minore “Chiesa dalle genti”, che invita a realizzare quella trasformazione già in atto della comunità cristiana, anche dentro le nuove appartenenze che si sono create, da non dimenticare, ma da valorizzare.