Sono oltre 200 mila gli studenti che frequentano gli atenei di Milano provenienti da tutta Italia e dal mondo; ma la città deve offrire nuove soluzioni, come spiega il rettore della Bocconi Billari

di Annamaria Braccini

bocconi
Studenti all'interno dell'Università Bocconi

«La situazione attuale deriva dall’onda lunga del cambiamento del sistema universitario per cui, sempre di più, le studentesse e gli studenti vogliono vivere vicino all’università anche perché gli atenei stessi coinvolgono gli iscritti nelle attività didattiche assai maggiormente che nel passato. Questo è normale nei Paesi del Nord Europa e negli Stati Uniti, ma da noi è qualcosa di nuovo». A esserne convinto è il rettore dell’Università Luigi Bocconi, Francesco Billari, che ha partecipato al recente tavolo di lavoro con il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, per riflettere sul nodo drammatico del caro-affitti e la conseguente protesta degli studenti, ormai estesasi a livello nazionale.

Dal confronto con il Comune è emersa la richiesta di mettere in campo nuovi strumenti dove anche lo Stato deve fare la sua parte. Come vede la situazione?
Anzitutto penso che essere stati convocati come rettori per lavorare insieme con le istituzioni sia il modo giusto di affrontare i problemi. È chiaro che la questione sia strutturale, avendo a che fare con due temi di fondo. Il primo è il sostegno ai giovani: l’Italia ha pochi laureati – è il fanalino di coda nell’Ue con la Romania -, e non si può dimenticare il gravissimo problema di coloro che non studiano né lavorano. Un Paese che non si occupa a pieno dei giovani non sarà mai un luogo in cui i genitori scelgono facilmente di far crescere dei figli, e forse bisognerebbe ragionare anche su tale aspetto quando si parla di denatalità. Anche il Pnrr non potrà che aiutarci in modo transitorio: per questo penso che le soluzioni, come in altri casi, vadano cercate negli approcci virtuosi esistenti in altre nazioni. Per esempio, ci sono Paesi che prevedono un sussidio per gli universitari che lasciano la casa dei genitori: avendo, in Italia, pochi laureati e il problema di permanenza molto prolungata nell’abitazione di origine, questo potrebbe aiutarci su entrambi i fronti.

Da più parti si evidenzia come, dopo il Covid, siano aumentate le difficoltà psicologiche degli studenti: anche l’Arcivescovo indica la necessità di immaginare nuovi percorsi di dialogo. E in Bocconi?
Noi abbiamo sistemi di supporto psicologico che non sono solo online, ma che prevedono anche incontri di persona nel nostro campus. Sentiamo il dovere di sostenere ogni momento di dubbio o di debolezza dei nostri giovani, ma anche di costruire in modo positivo la capacità di studiare e in gruppo, anche per questo risiedere vicino all’università è fondamentale.

Si dice sempre che Milano è la città della moda, del business, dell’università. Ma la metropoli è consapevole della straordinaria potenzialità rappresentata dalle università milanesi?
Abbiamo più di 200 mila studenti che frequentano gli atenei in città. La Bocconi è molto attrattiva anche per l’estero: possiamo contare su 2.100 possibilità di residenza (gestite direttamente o in convenzione) su un totale, per noi, di 15 mila iscritti. Credo che sia giusto pensare a edificare nuovi spazi abitativi, ma ci vorrà tempo. Per il breve periodo dobbiamo fare qualcosa per cui la città si metta assieme: penso a situazioni come quelle che ho visto in altri Paesi, dove s’incoraggiano molto le coresidenze, anche intergenerazionali, attraverso un sistema coordinato tra le università, il territorio, pubblico e privato sociale, magari considerando i nostri tanti anziani che hanno stanze a disposizione che potrebbero affittare traendone un reddito. Dovremo – e noi ci saremo – fare uno sforzo sinergico per aiutare l’incontro fra domanda e offerta. Questa è una soluzione che possiamo offrire senza aspettare che si svolgano complessi lavori edilizi. Lo stesso concetto di fuorisede va ripensato: normalmente nel Nord Europa e negli Usa si va a vivere nel campus o vicino, anche se si abita a pochi chilometri di distanza. Da noi invece c’è una soglia chilometrica che definisce i fuorisede. Questo è uno dei problemi del sistema attuale.

Leggi anche:

L’Arcivescovo incontra il mondo universitario

Ti potrebbero interessare anche: