Una prima verifica del percorso legato alla Lettera “Educarsi al pensiero di Cristo” al centro della sessione del Consiglio pastorale diocesano svoltasi a Villa Sacro Cuore. I suggerimenti operativi del Vicario generale e le conclusioni dell’Arcivescovo

di Alberto MANZONI

Consiglio pastorale

«Signore Gesù Cristo, fammi vedere il tuo volto»: è questa la domanda che ci deve spingere, insieme con l’ardore e il desiderio di farci educare al pensiero di Cristo. Come cristiani dobbiamo misurarci con la realtà, nella quale Dio stesso si è fatto presente con la sua Incarnazione; e per questo «la prima cosa è la nostra quotidiana e continua conversione, come la santa Messa ci domanda sempre all’inizio. Se manca questo atteggiamento, non c’è entusiasmo, né ardore». Sono questi alcuni dei motivi di riflessione che l’Arcivescovo, cardinale Angelo Scola, ha lasciato ai consiglieri diocesani, riuniti a Villa Sacro Cuore di Triuggio sabato 23 e domenica 24 aprile. Mentre ci accingiamo a vivere i mesi conclusivi dell’anno pastorale, infatti, il Consiglio pastorale diocesano ha dedicato la terza sessione di questo IX mandato ad una prima “Verifica del percorso pastorale Educarsi al pensiero di Cristo”. Pur non potendo tracciare un bilancio definitivo, la riflessione è servita per soffermarsi con la giusta attenzione e un tempo congruo su quello che è – o dovrebbe essere – il filo conduttore della vita della comunità diocesana, per quanto tanti eventi ed impegni ci facciano quotidianamente correre il rischio di “correre dietro” alle cose da fare e magari distrarci dai principali punti di riferimento.

I lavori sono cominciati con l’esposizione delle sette relazioni preparate dai consiglieri a livello di Zona pastorale. Dai gruppi sono emerse molte osservazioni simili, a partire da quella riferita al fatto che la Lettera pastorale è stata letta da poche persone e non sempre vi hanno lavorato adeguatamente consiglieri parrocchiali o altri operatori pastorali. Ciò non significa che sia stata ignorata, anche perché spesso queste “fatiche” sono coincise con l’impegno a rispondere ad altri eventi e “scadenze” ecclesiali. A tal proposito, v’è chi ha osservato che in realtà preparazione e altri passaggi della visita pastorale – avviata in modo accurato in qualche decina di decanati -, le iniziative di adesione all’Anno Santo della Misericordia, gli spunti dati dal Sinodo sulla famiglia e altri ancora hanno costituito altrettante occasioni concrete e valide per «educarsi al pensiero di Cristo». D’altro canto, praticamente tutti hanno riconosciuto che alcune sollecitazioni dell’Arcivescovo, in primis quella relativa alla “comunità educante”, attendono quasi ovunque di essere ancora recepite e prese nella dovuta considerazione.

Hanno fatto seguito una cinquantina di interventi dei consiglieri – presbiteri, religiosi e laici -, sia durante il pomeriggio di sabato, sia la domenica mattina, quando è intervenuto anche il Vicario generale, monsignor Mario Delpini, che ha messo in evidenza alcune priorità per «il rilancio della attuazione pastorale della lettera pastorale Educarsi al pensiero di Cristo». Due sono state le premesse: «Non sottrarsi al compito dell’interpretazione delle inerzie» e «Non censurare l’opera della potenza di Dio». Da un lato, non basta constatare fatiche e lentezze, né soltanto saperne cogliere le cause, ma occorre «una interpretazione più “teologica”, cioè che ascolta le ispirazioni dello Spirito, la Parola di Dio e accoglie quello che lo Spirito dice alle Chiese come una chiamata a convertire il pensiero, il sentire, la vita al pensiero, al sentire, alla vita di Cristo». Dall’altra parte, è necessario richiamarci al ruolo della Provvidenza nella storia: «Il grande mistero della missione della Chiesa è che si tratta di una missione affidata agli uomini e insieme si tratta proprio dell’opera di Dio. Come questo possa essere vissuto, sperimentato e assunto come criterio di discernimento è uno dei percorsi più interessanti dell’esperienza cristiana». A quest’ultima considerazione si lega una proposta, quella di introdurre «un elemento di discontinuità che consenta di interrompere la vita ordinaria delle comunità, per evitare che si ripeta il consueto solo perché è consueto». Come? «Destinare il mese di gennaio – suggerisce Delpini – come tempo “sabbatico”, conservando solo la messa domenicale e la preghiera quotidiana, senza riunioni, iniziative, proposte speciali, per vivere semplicemente la gioia di essere cristiani, fratelli nella stessa Chiesa».

Per un discernimento pastorale circa le priorità da consigliare all’Arcivescovo per l’anno 2016/17, il Vicario ha proposto anzitutto «la dinamica relazionale, la responsabilità educativa e le sue problematiche», vale a dire «la famiglia soggetto di evangelizzazione come principio di riforma della pastorale diocesana», con riferimento principale a Educarsi al pensiero di Cristo pp 60-65 e ad Amoris Laetitia, capitoli 4 e 5. In concreto ciò potrebbe significare raccomandare: la lettura di tali testi nelle famiglie e comunità; indicazioni per interpretare come “ricchi di Vangelo” alcuni gesti di ogni giorno in famiglia; la cura per vivere la domenica come tempo per la famiglia; la cura per le vocazioni; forme di «apprendistato alla vita e cura per la fragilità»; le pratiche del “buon vicinato”; la cura perché l’esito della visita pastorale feriale (terza fase) contenga qualche attuazione concreta. Un’altra priorità, connessa a quella precedente, è «la comunità educante come espressione della cura della comunità cristiana per le giovani generazioni»: pur con le fatiche, cui s’è accennato, non possiamo rinunciare ai percorsi che rendono praticabile questo obiettivo.

Ulteriore ambito da privilegiare dovrebbero essere «i poveri come categoria teologica». I molteplici interventi di papa Francesco su questo tema e la tradizione ambrosiana al riguardo – fatta di poca retorica e generosa intelligenza operativa – devono spingerci a fare ancor meglio, partendo dal testo del Papa Evangelii Gaudium, in modo particolare il cap IV, su cui potrebbero soffermarsi soprattutto gli operatori Caritas. E si potrebbe attuare la proposta del Papa di dare avvio a un’opera di misericordia che rimanga come frutto dell’anno giubilare.

Infine, andrebbe considerata prioritaria anche «la cultura per un nuovo umanesimo», che ci fa pensare direttamente ai lavori Convegno ecclesiale di Firenze del novembre 2015. Per questo tema – sottolinea Delpini – è opportuno fare riferimento a testi come il Discorso di Sant’Ambrogio 2015 del cardinale Scola e la Relazione conclusiva del cardinale Angelo Bagnasco al Convegno fiorentino. Per attuare queste intenzioni si potrebbe dare seguito all’iniziativa dei Dialoghi di vita buona, raccomandandone temi e stile alle espressioni culturali della comunità locali; e inoltre mettere allo studio il tema del “meticciato” nella città prossima futura, promuovendo contesti di approfondimento ed esperienze di vita condivisa.

Nell’intervento conclusivo il cardinale Scola ha notato positivamente come stia crescendo la «dimensione realistica nel modo di considerare la vita cristiana» e ha suggerito di riferirsi alla lettura del libro degli Atti degli apostoli, che seguiamo proprio in queste settimane, quale «icona della sostanza del Cristianesimo». Come detto all’inizio, l’Arcivescovo ha posto l’accento sulla necessità della decisione personale nella ricerca del volto di Gesù: se voglio seguire Gesù devo cercare di vivere come ha vissuto Lui. L’Eucaristia è il momento centrale di questa ricerca; dobbiamo ricordarci che «non è un atto di pietà individuale, ma è l’evento della passione, morte e risurrezione di Gesù». E questo dovrebbe portare ciascuno di noi anche a «chiedersi: sto aiutando gli altri ad aprirsi al volto del Signore? Questo dobbiamo sempre avere dentro». «Se nella nostra azione vogliamo comunicare Gesù – ha concluso l’Arcivescovo – dobbiamo dilatare il bisogno in un desiderio, allora nasce il gusto del vivere e di essere cristiani».

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