Joseph Ratzinger ha continuato a svolgere il suo ministero anche attraverso l’offerta della malattia e delle sofferenze provocate dagli attacchi mirati a screditarlo
di Paolo
Morocutti
Agensir
«Preghiamo per Benedetto XVI, è molto malato e nel silenzio sostiene la Chiesa». Queste parole di Papa Francesco, che oggi al termine dell’udienza generale ha chiesto di pregare per il suo predecessore. Parole che non rappresentano solo un appello accorato che non può e non deve rimanere inascoltato, ma definiscono piuttosto in modo chiaro e inequivocabile il ruolo, tutt’altro che marginale, che Benedetto XVI sta interpretando nel cammino della Chiesa attuale.
L’immagine evocata da papa Francesco è quella di una Chiesa sostenuta nel silenzio e nella preghiera, attraverso l’offerta consapevole della malattia e soprattutto delle molteplici sofferenze vissute in questi ultimi anni con sereno e fiducioso abbandono.
Le logiche dello Spirito
Oltre all’età avanzata non possono essere taciuti i numerosi tentativi di macchiare e delegittimare l’operato di Benedetto XVI. Attacchi mirati a screditare in tutti i modi l’anziano Papa emerito, curiosamente aumentati, anziché diminuire, con il passare del tempo. L’impressione che quest’uomo sia profondamente scomodo e intollerabile alle logiche del mondo, sostenute e incoraggiate dal “principe di questo mondo”, sono confermate da un accanimento i cui motivi razionali non possono trovare legittime spiegazioni. Piuttosto sono le logiche dello Spirito che ci aiutano a interpretare correttamente i fatti. Gli attacchi che Benedetto XVI ha subito non fanno che conformarlo meglio a Cristo e permettono al credente di ammirarlo ancora di più come il suo servo fedele. Già Agostino ricordava che la logica cristiana ci rende vincitori proprio quando siamo vittime con Cristo. Il Vescovo di Ippona definiva l’essere vittorioso di Cristo con le parole «Victor quia Victima», ovvero, vincitore perché vittima. Nella sua umanità cagionevole e sofferente, il Papa emerito, sostiene, santifica e accompagna la Chiesa. Una delle immagini più significative della Sacra Scrittura sembra descrivere perfettamente la figura del Papa emerito. Nel libro dell’Esodo si legge che quando Mosè teneva le mani alzate, Israele vinceva e quando le abbassava, vinceva Amalec. Quando le mani di Mosè si facevano pesanti Aronne gli teneva le mani alzate. La missione di Mosè dipende anche dall’opera silenziosa di Aronne che sostiene le sue mani.
Nonostante gli innumerevoli tentativi di contrapporre Papa Francesco a Benedetto XVI la logica dello Spirito sembra indicarci Francesco e Benedetto come Mosè e Aronne.
Una missione diversa
Una missione che ha portato avanti nel silenzio del suo eremo all’interno delle mura leonine, rispettando quanto disse il 28 febbraio del 2013, 17 giorni dopo l’annuncio delle sue dimissioni. «Cari amici – diceva salutando i fedeli della diocesi di Albano e con essi il mondo intero – sono felice di essere con voi, circondato dalla bellezza del creato e dalla vostra simpatia che mi fa molto bene. Grazie per la vostra amicizia, il vostro affetto. Voi sapete che questo mio giorno è diverso da quelli precedenti; non sono più Sommo Pontefice della Chiesa cattolica: fino alle otto di sera lo sarò ancora, poi non più. Sono semplicemente un pellegrino che inizia l’ultima tappa del suo pellegrinaggio in questa terra. Ma vorrei ancora, con il mio cuore, con il mio amore, con la mia preghiera, con la mia riflessione, con tutte le mie forze interiori, lavorare per il bene comune e il bene della Chiesa e dell’umanità. E mi sento molto appoggiato dalla vostra simpatia. Andiamo avanti insieme con il Signore per il bene della Chiesa e del mondo. e All’inizio del suo Pontificato chiedeva, come fa ancora oggi, il sostegno di tutta la Chiesa».
Colui che giudica con giustizia benedica, accompagni e guidi l’amato Papa emerito in questo tratto del suo cammino terreno.