Al centro dell’ultimo Consiglio presbiterale la riflessione sulla crisi vocazionale e il contributo specifico dei sacerdoti per favorire una ripresa
di don Flavio
RIVA
Cosa succede in Seminario l’anno prossimo? (leggi qui) È vero che dal 2040 non ci saranno, a Milano, preti sotto i 40 anni? (leggi qui) Queste notizie hanno attraversato la cronaca e il dialogo del popolo ambrosiano nelle settimane tra Pasqua e Pentecoste, ma non per questo si è riunito il Consiglio presbiterale nella VI sessione del 29 e 30 maggio scorso.
«Una cosa di famiglia»
Già da tempo l’Arcivescovo aveva chiesto al Consiglio un contributo del presbiterio circa la suscitazione, l’accompagnamento, il discernimento e l’accoglienza delle vocazioni al ministero ordinato, in specie quello presbiterale. A Seveso il Consiglio ha avuto modo di ascoltare le relazioni provenienti dalle Zone della diocesi. Il documento preparato dalla commissione è stato oggetto di riflessione in non poche fraternità del clero. Vero è che i mesi di aprile e maggio non sono stati propizi all’incontrarsi dei preti, ma le osservazioni pervenute e i numerosi interventi in assemblea hanno dato motivo all’Arcivescovo di ringraziare per «aver discusso con passione e come di una cosa di famiglia».
È stata infatti questa la provocazione data da Delpini: quale contributo il presbiterio, non il singolo prete, quale coralità di attenzione si deve avere nei confronti del mondo giovanile perché senta ancora possibile e desiderabile la vocazione a essere prete diocesano? Quali osservazioni e suggerimenti il corpo presbiterale intende suggerisce a quei presbiteri “presi a servizio” presso il Seminario per la scuola di teologia e la formazione dei seminaristi? Quali impegni il presbiterio deve vivere nei confronti delle vocazioni e del mondo giovanile.
Gli interventi precisi e qualche volta “puntuti” hanno messo in gioco i preti nei diversi ambiti del loro impegno e delle loro relazioni: quelle coi giovani (oratorio e università, ambiti di vita), le famiglie, con gli altri membri del presbiterio, il Vescovo…
Discussione appassionante
La riflessione condivisa su cosa sia vocazione e come debba essere presentata e possa essere recepita nella contemporaneità ha appassionato i membri del Consiglio. Non è mancato il confronto con altre realtà territoriali (una ricerca sui seminaristi del Triveneto) e la ricerca di un nuovo equilibrio tra i compiti del presbitero. Per suscitare la vocazione il presbitero non deve solo esser sequestrato dalla dimensione celebrativa e cultuale e neppure dagli oneri di governo e di amministrazione. Principio unificante e trainante della vocazione presbiterale deve rimanere il servizio all’annuncio del Vangelo: «I presbiteri… sono consacrati per predicare il Vangelo, essere i pastori fedeli e celebrare il culto divino» (LG 28). L’umanità del prete, salvata e liberata dal Vangelo, insieme a una vita di fede pasquale vissuta nella quotidianità e nelle straordinarietà della vita, saranno il contributo più efficace per le vocazioni al presbiterato.
L’apporto del Seminario
Gratitudine e stima sono stati espressi al servizio educativo del Seminario e all’impegno a rimodulare il percorso di accompagnamento dei seminaristi, così come illustrato dall’ Arcivescovo nella Messa crismale dello scorso 6 aprile. Si è suggerito di valorizzare l’apporto della vita pastorale, delle famiglie e delle donne al discernimento delle vocazioni, si è auspicato anche un confronto di respiro con i Seminari e le istituzioni teologiche della regione lombarda.
La “crisi vocazionale” non è solo del clero ambrosiano e delle vocazioni al ministero ordinato, ma di tutte le vocazioni. La temperie spirituale e le trasformazioni in atto nel nostro tempo non concedono previsioni rosee, ma sollecitano tutti a una presa in carico di vivere e annunciare sempre «il Vangelo della vocazione».
La conclusione dell’Arcivescovo rilancia infatti a tutti i preti l’impegno a promuovere e condividere la preghiera per le vocazioni, non come un adempimento o un’iniziativa appaltata a un gruppo di devoti, ma come una dimensione che innerva l’azione pastorale e coinvolge ogni fascia di età, in modo particolare quella dei ragazzi, degli adolescenti e dei giovani.