Don Maurizio Canclini, “fidei donum” nella Repubblica democratica del Congo, racconta la sua attività nel contesto di un progetto del Coe, al fianco di giovani impegnati al servizio degli ultimi del loro Paese
di Maurizio
CANCLINI
Fidei donum nella Repubblica democratica del Congo
Chi scrive queste righe è un prete della diocesi di Milano arrivato nella Repubblica Democratica del Congo (RDC) nel 2014 per inserirsi in un progetto educativo del Coe.
L’esperienza di chi arriva per la prima volta in questo Paese è quella di sentirsi immersi in un bagno d’umanità, perchè qui tutto è debordante… È incredibile vedere quante persone ci siano per le strade, sentire la musica assordante, essere subito bloccati in un traffico caotico. Tutto questo ti dona subito un benvenuto che ti parla di umanità e di problemi.
Ricchezza e tragedia
La RDC è un Paese vastissimo nel cuore dell’Africa e forse proprio per questo ne porta tutte le ferite. La guerra senza fine all’Est, la miseria di tantissime famiglie, le malattie (come l’Ebola o l’Aids), i bimbi costretti a lavorare nelle miniere, a Kinshasa migliaia di bimbe e bimbi di strada… La lista potrebbe continuare.
Quello che dovrebbe stupirci davanti a questa situazione è il fatto che il Congo è un paese ricchissimo, ma quello che dovrebbe essere la sua fortuna è diventata negli ultimi due secoli la sua tragedia. Il sottosuolo ha tutto quello che può stuzzicare l’appetito delle grandi multinazionali (coltan, diamanti, oro, petrolio…), senza parlare delle foreste e dei fiumi. Si potrebbe leggere con interesse l’articolo di Nigrizia sui bimbi costretti a lavorare nelle miniere («Infanticidi al cobalto, in tribunale 5 multinazionali», n°2, febbraio 2020).
La ricchezza piu grande e più bella del Congo è però la sua gioventù. Forse riuscirò a farvi cogliere questa forza vitale incredibile, anche parlandovi del nostro servizio.
Coe: promuovere la persona
Prima una parola sul Coe, associazione fondata da don Francesco Pedretti che opera in Italia e nel mondo. I progetti Coe presenti in Congo sono tutti orientati alla promozione della persona nella sua integralità, tutte le iniziative hanno il desiderio di dare piena dignità alle donne e agli uomini di questa terra: ancora oggi un gruppo di volontari vive e lavora in RDC.
A Kinshasa l’opera del Coe inizia nel 1980 con attività che hanno visto come protagonisti i giovani. Nel 2010 è iniziato il Foyer universitario Saint Paul per dare a giovani, ragazze e ragazzi, in condizioni disagiate, la possibilità di frequentare l’università. Nel 2012, a fianco del Foyer, è stato aperto un centro d’accoglienza per bambine e bambine di strada, che ha aiutato gli universitari a aprire gli occhi su uno dei problemi più difficili di Kinshasa.
Fatevi la domanda sui bisogni, sulle urgenze e sulle priorità di intervento di questo Paese e chiedetevi se questa iniziativa può essere una risposta. Personalmente, dopo aver lavorato con loro in questi cinque, anni penso di si.
Questi giovani vengono da diverse province del Paese e sono accolti non solo per aver dato prova della loro intelligenza, ma soprattutto per il desiderio che hanno già mostrato nelle loro comunità d’origine di voler lavorare per il bene del loro Paese.
Io sono testimone che questa buona volontà non è stata detta solo a parole, ma si è incarnata in un’azione che ha il sapore delle scelte forti e sincere, di quelle che un Vangelo ascoltato e accolto può mettere nel cuore. Infatti un gruppo di questi giovani, dopo aver terminato il cammino forte ed esigente del Foyer, ha dato vita a un’associazione chiamata “Cenacolo” per servire i più poveri e abbandonati. Da tre anni ho la gioia di camminare anche con loro, mentre continuo al Foyer Saint Paul come padre spirituale.
Le parole del Papa
Il loro impegno mi pare descritto benissimo in uno dei quattro grandi “sogni” che papa Francesco ha scritto nella sua Esortazione apostolica Querida Amazonia.
Il Papa scrive: «Io sogno un’Amazzonia che lotta per i diritti dei più poveri, dei popoli autoctoni, degli ultimi, dove le loro voci sono ascoltate e la loro dignità promossa”.
Questo è il sogno di questi giovani, che con semplicità cercano di essere segno di Vangelo e che, ascoltando le parole di papa Francesco, escono per andare incontro ai piccoli della strada di Kinshasa. Ogni sera escono per incontrare, ascoltare, curare questi piccoli, ma anche i poveri che incontrano ai “margini della strada”.
La Provvidenza, attraverso una coppia di amici monzesi, ha donato un’ambulanza che è diventata una piccola clinica mobile. I giovani offrono le loro professionalità e soprattutto la loro umanità per dire che ci sono e che vogliono essere loro stessi a iniziare cammini di attenzione e di solidarietà nel loro Paese.
Dobbiamo credere di più nelle loro potenzialità, nell’intelligenza, nella buona volontà, nella creatività e soprattutto nella loro capacità di amare.
Il nostro essere qui deve essere solo un accompagnamento per far loro scoprire che tutto questo è da sempre scritto nella bellezza delle loro esistenze e che loro possono essere lo strumento per donare speranza alla loro terra.
Grazie a questi giovani che hanno studiato, non per ingrossare la casta dei ricchi del loro Paese, ma per servire, un piccolo seme è gettato nel cuore dell’Africa.