Con questo augurio l'Arcivescovo ha concluso la celebrazione nella cappella della Clinica Mangiagalli di Milano, tradizionale appuntamento prenatalizio

di Annamaria Braccini

CLINICA MANGIAGALLI VISITA AI REPARTI E C.EUCARISTICA NELLA FESTA DEL PATRONO

«La promessa della presenza amorevole di Dio rende tenace la speranza. Questo è il mio augurio: un Natale di amore, di fede e di speranza». Sono queste le parole che l’Arcivescovo rivolge ai fedeli – medici, personale, malati e parenti – riuniti per la celebrazione eucaristica da lui presieduta nella chiesa dei Santi Martiri, interna alla Clinica Luigi Mangiagalli – Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico.

Una tradizione nei giorni che precedono il Natale e che intende sottolineare anche la festa liturgica dei Santi Martiri Innocenti, che ricorre il 28 dicembre. Eppure, non solo una tradizione, come dice il cappellano, don Giuseppe Scalvini, che concelebra con gli altri cappellani della struttura. In prima fila siede Marco Giachetti, presidente del Policlinico di Milano e della Fondazione Patrimonio Ca’ Granda: «Benvenuto a casa, dove lei è parroco. Darle il benvenuto non è solo una tradizione, ma una gioia: è il benvenuto di coloro che lavorano qui, degli ammalati che sono e rimangono i nostri padroni, di chi ha concluso la sua vita, di preti e suore che cercano di fare la loro parte. Vogliamo regalarle una croce pettorale che ha pellegrinato, in silenzio, in tutti i reparti dell’ospedale. Una croce che si porta sul cuore, ma che è nel cuore. Le chiediamo di continuare ad accompagnarci», conclude Scalvini.

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L’omelia

La riflessione dell’Arcivescovo si fa preghiera, nel riferimento alle espressioni da lui proposte nell’immaginetta del Natale 2021 che raffigura la Fuga in Egitto con l’immagine di una vetrata del Duomo del XIX secolo. Antello dai magnifici colori, ora posto, per questo periodo di festa, presso l’altare di San Giovanni Bono. Dice, infatti, l’Arcivescovo: «Ciò che mi ha ispirato è lo sguardo intenso, affettuoso che si scambiano Maria e Giuseppe, pur nella minaccia di morte e nella prospettiva difficile di andare esuli in un Paese straniero. Il loro è uno sguardo che diffonde serenità e, così, ho immaginato che, in questo viaggio, si scambino delle parole che ho voluto riportare in un dialogo immaginario».

«Dove andiamo, Giuseppe? Non lo so, ma andiamo insieme: per questo possiamo andare sereni perché l’amore rende amabile ogni cammino». E forse, a Giuseppe che chiedeva se ciò che avevano con loro fosse abbastanza, Maria avrà risposto: «Non so, Giuseppe, ma abbiamo Gesù. Questa fede nel Signore, nel Dio fatto uomo, mantiene la fiducia anche quando non tutto è garantito».

E, ancora, «fino a quando, Giuseppe? Non so, Maria, ma verranno gli angeli di Dio che dicono di non temere. È la promessa della presenza amorevole di Dio che rende tenace la speranza».

«Questo è il mio augurio anche per voi: un Natale di amore, di fede e di speranza promesso da Maria e Giuseppe perché offrono Gesù».

La visita in reparto

A conclusione della Messa, è sempre l’Arcivescovo a esprimere la sua gratitudine per l’ospedale, «per questa opera che continua da secoli e sempre si perfeziona». Poi la visita e la benedizione al Reparto di Pneumologia, unità operativa complessa, dove sono attualmente ospiti 29 tra uomini e donne. Guidata dal primario Francesco Blasi, la UOC è stata aperta solo dieci giorni fa, l’11 dicembre.

Dopo un incontro privato con un anziano confratello ricoverato in un altro reparto, arriva anche il momento, particolarmente significativo, della benedizione, nella chiesa di San Giuseppe ai Padiglioni del Policlinico, del sofisticato sistema a induzione magnetica che aiuta gli ipoudenti a sentire le voci (per esempio del celebrante), portando il suono di chi parla e azzerando i rumori di ambiente, direttamente nelle protesi uditive. Un impianto fisso, tra i primi in Diocesi. 

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