I genitori di Jacopo Speroni, uno dei 15 preti 2023, raccontano le origini e l’evoluzione del suo cammino verso il ministero: «L’abbiamo sostenuto, pur nel timore del difficile contesto sociale in cui dovrà operare»
di Ylenia
Spinelli
Erano le 15 del 28 maggio 2017. Francesco Speroni ha ancora ben vivo il ricordo del giorno in cui il figlio Jacopo gli ha comunicato la decisione di entrare in Seminario. «Non ha mai parlato in casa della vocazione – spiega -, anche se c’erano dei segni, una certa propensione che sia io, sia mia moglie avevamo intuito. Quel giorno non è stata del tutto una sorpresa, ma un po’ il colpo lo abbiamo accusato».
Il “sogno” di un nipotino
Pur essendo sempre stato rispettoso della libertà dei suoi figli, le aspettative del signor Speroni per Jacopo, erano altre: «Desideravo un nipotino, che nemmeno le mie figlie più grandi mi hanno dato. Ho fatto delle ricerche storiche e ho disegnato un albero genealogico della mia famiglia dal 1700 a oggi e quando ho realizzato che non avrebbe avuto continuità, ho provato un po’ di rammarico, ma sono cose che si superano». Sia lui che sua moglie non hanno mai cercato di ostacolare la decisione di Jacopo di dedicare la sua vita a Gesù e alla Chiesa; lo hanno sostenuto durante gli anni di formazione in Seminario, hanno partecipato ai colloqui con il Rettore e il padre spirituale e hanno potuto toccare con mano l’alto grado di attenzione che il Seminario presta ai ragazzi che intendono prepararsi al sacerdozio. «Questa cosa ci ha sempre rasserenati, anche se le preoccupazioni per il futuro di Jacopo ci sono – confida -. Mia moglie pensa al difficile contesto sociale in cui viviamo e in cui un prete deve operare, inoltre teme che possa sentirsi solo. La mia preoccupazione invece è che una scelta così radicale possa essere mantenuta viva, salda e coerente nel tempo».
La “culla” della vocazione
La famiglia di Jacopo è una famiglia come tante: «La nostra pratica religiosa non va oltre la Messa domenicale – spiega papà Francesco -, anche se da giovane ho frequentato un collegio di religiosi e vengo dal mondo dell’oratorio».
Nell’ambito della parrocchia e dell’oratorio, in particolare, è maturata la vocazione di Jacopo, «la culla dove sono spiritualmente cresciuto- ricorda -, allattato attraverso la Parola del Vangelo e nutrito dalla testimonianza di educatori e sacerdoti che, con la loro vita, mi hanno mostrato Gesù». Tra questi don Emilio Gerli, che nel 2010 era arrivato a Tradate come responsabile degli oratori della comunità pastorale. «Quando l’ho conosciuto faceva parte del gruppo adolescenti – ricorda il sacerdote -: un bel gruppo di ragazzi molto seri e impegnati. Jacopo, in particolare, era nell’équipe educatori dei ragazzi delle medie, per questo motivo avevamo modo di confrontarci su tante cose durante gli incontri di formazione, che spesso si concludevano con la cena e con un momento di preghiera».
La vocazione di Jacopo è nata proprio dentro il suo sentirsi parte di una comunità: «La Giornata mondiale della gioventù a Madrid, come anche un pellegrinaggio in Terra Santa sono state per lui occasioni privilegiate di incontro con il Signore che poi ha continuato a sentire vicino nella preghiera. Quante volte abbiamo prima parlato per ore e poi pregato insieme meditando su pagine di Vangelo che si sono trasformate in provocazioni per entrambi!». Così don Emilio è diventato un punto di riferimento per Jacopo. «È una grazia poter accompagnare un giovane al sacerdozio, questa nostra amicizia e fratellanza nella fede ha una bellezza particolare che continueremo a coltivare».
Leggi anche:
Preti 2023: «Ancorati a Gesù, sorgente d’amore»