Redazione

Anche se non ci sono normative specifiche per regolare i rapporti tra la parte raccontata del giornale e quella riservata alla pubblicità, questo non significa che siamo “in mare aperto”, senza regole e senza confini. Nel 1988 il Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti ha firmato con le associazioni di pubblicità, relazioni pubbliche e studi di comunicazione, un accordo che dà importanti indicazioni.

di Sergio Borsi
membro del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti

Non ci sono regole precise, codici di comportamento, normative specifiche per regolare i rapporti tra la parte raccontata del giornale e quella riservata alla pubblicità, soprattutto quella cosiddetta “redazionale”. Ci sono, questo sì, accordi aziendali o di gruppo che stabiliscono il corretto rapporto, anche quantitativo, che deve esistere fra testo e pubblicità.

E’ sempre stato difficile calare norme rigide in un settore così delicato dell’impresa editoriale. Dapprima esisteva una evidente differenza fra quotidiani e periodici; in una seconda fase la distinzione ha riguardato lo stesso segmento dei periodici: da un lato i news magazine e dall’altro gli specializzati. In quest’ultima nicchia sono soprattutto i “femminili” a superare i limiti trasformando troppo spesso gli articoli in veri e propri “spottoni” pubblicitari.

Se ci dovessimo fermare qui si potrebbe anche ritenere possibile la introduzione di norme correttive. Invece dobbiamo fare i conti con i veloci e spesso non controllabili cambiamenti che porta la tecnologia, con l’offerta di prodotti informativi spesso a forte commissione pubblicitaria.

Tutto questo, peraltro, non ci autorizza a dire che siamo “in mare aperto”, senza regole e senza confini. Già nel 1988 il Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti firmò, con le associazioni di pubblicità, relazioni pubbliche e studi di comunicazione, un accordo che afferma principi, ma non definisce regole. Dice: «Primo dovere è rendere sempre riconoscibile l’emittente del messaggio» perché il lettore o lo spettatore «dovrà essere sempre in grado di riconoscere quali notizie, servizi o altre attività redazionali sono responsabilità della redazione o di singoli firmatari e quali invece sono direttamente o liberamente espresse da altri». Quindi «nel caso di messaggi pubblicitari dovrà essere riconoscibile al lettore, spettatore o ascoltatore l’identità dell’emittente in favore del quale viene trasmesso il messaggio». Dovrà inoltre essere sempre riconoscibile all’editore l’identità del committente.

Come si devono comportare i giornalisti? L’accordo citato dà qualche indicazione: per l’attività professionale non si dovrà accettare, richiedere od offrire compensi di alcun genere che possano confondere o sovrapporre i ruoli professionali. È da questa semplice norma che deriva il divieto per i giornalisti di apparire protagonisti o testimoni di spot pubblicitari o iniziative di industrie di qualsiasi tipo.

Come si può desumere da queste poche citazioni, l’accordo manifesta volontà e intenzioni, ma non costituisce un decalogo vincolante come invece è stato fatto per altri settori. Questo significa che l’Ordine professionale deve urgentemente affrontare questo tema, raccogliere quanto è già stato pattuito in sede aziendale, riconsiderare i modelli, definire norme più rigide e, soprattutto, precisare le sanzioni che devono essere comminate ai trasgressori. Prestare il proprio volto (sfruttando la presenza in video) o la propria voce (riconoscibile attraverso le frequenze della radio) per pubblicizzare questo o quel prodotto e ricavandone lauti guadagni non è deontologicamente corretto e quindi non va consentito, neppure se il compenso è versato a qualche onlus o ente di assistenza e beneficienza. I giornalisti non possono e non devono. Il giornalista deve altresì rifiutarsi di scrivere e firmare redazionali pubblicitari e respingere qualsiasi richiesta di mescolare testi giornalistici con promozioni pubblicitarie. Ciascuno svolga la propria funzione nel tentativo di far capire al lettore ciò che è notizia, o servizio, o commento e ciò che invece è promozione di prodotto.

Si potrebbe continuare, ma questi pochi cenni credo siano sufficienti per far capire al lettore quanto difficile sia rispettare la demarcazione e quanto lavoro si debba ancora fare.

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