Una commissione interna ha redatto un documento che recepisce le indicazioni della Chiesa universale, nazionale e diocesana, per favorire la prevenzione di condotte improprie. Il canonista don Matteo Saita: «La finalità è consentire un discernimento vocazionale sempre migliore»

di Luisa BOVE

seminaristi

In questi giorni scorsi sono tornati sui banchi di scuola anche i seminaristi, che troveranno importanti novità nel loro percorso grazie al nuovo documento redatto da una commissione di livello. Si intitola Itinerari e prospettive di formazione e prevenzione per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili nel Seminario arcivescovile di Milano (vedi qui). «Abbiamo dedicato l’anno scorso alla scrittura del testo e al confronto con educatori e formatori, facendolo verificare anche da persone esterne al Seminario – spiega don Matteo Saita, docente di Diritto e di relazioni tra la Chiesa e la società civile nel Seminario diocesano di Milano, tra i redattori del documento -. Ora sarà parte del percorso formativo».

Perché questo documento?
Lo scopo è anzitutto quello di corrispondere a quanto la Diocesi di Milano ci ha chiesto nel documento Formazione e prevenzione. Linee guida per la prevenzione dei minori (leggi qui), prodotto dalla Commissione diocesana che ha chiesto ad alcuni operatori – tra cui il Seminario arcivescovile – di redigere progetti che recepiscano le indicazioni diocesane.

Quindi puntate anche sulla maturità affettiva e sessuale dei futuri sacerdoti?
Certo. Sono tutti temi già presenti nel cammino formativo, però abbiamo messo meglio in evidenza alcuni aspetti ritenuti necessari. Il punto è recepire la normativa diocesana, nazionale e della Chiesa universale, ma la finalità è quella di consentire un discernimento sempre migliore nell’ambito vocazionale, contribuire a una formazione idonea dei seminaristi e prevenire l’insorgere di eventuali condotte abusanti. Ma la finalità in assoluto più importante è quella del bene delle persone, che è anche il bene della Chiesa. Non si tratta infatti di avere solo dei buoni “funzionari” della Chiesa, ma di avere la maggior tutela possibile dei minori e delle persone vulnerabili.

Come mai i colloqui con gli psicologi, professionisti capaci di individuare zone d’ombra, immaturità e tratti della personalità, sono lasciati alla libera scelta di ciascuno?
Questa è la normativa della Chiesa universale, non si può imporre. Un conto è il discernimento con i formatori del Seminario, a cominciare dal Rettore, un altro è il cammino di valutazione della personalità, il cammino psicologico – per quanto fortemente consigliato – che non può essere imposto.

I giovani di oggi, seminaristi compresi, sono nativi digitali. I social sono un terreno scivoloso. Cosa chiedete ai vostri studenti di teologia?
La forma dell’abuso purtroppo è drammaticamente ampia, non c’è solo l’abuso sessuale, c’è anche l’abuso di potere e di coscienza. Le varie forme di abuso hanno tanti modi di raccontarsi: un uso accorto e attento anche dei social media può portare a una maggiore responsabilizzazione dei seminaristi e a un cammino formativo idoneo a prevenire l’insorgere di determinate condotte. Però è molto corretto quello che lei dice: sono nativi digitali, dunque questo è un campo che non può rimanere estraneo alla formazione seminaristica.

Don Matteo Saita

Don Matteo Saita

Nel testo si parla del rapporto tra servizio e potere. Il sacerdote è un uomo di Chiesa che esercita un certo potere: abusarne porta a un agito di violenza psicologica, spirituale, sessuale, di coscienza… Come evitare che questo accada ancora in futuro?
Che il potere non sia il potere di dominio, ma di servizio, ce l’ha ricordato la Giornata per il Seminario di quest’anno «Pronti a servire». Così ci invita l’Arcivescovo (leggi qui), ce lo ricorda papa Francesco nella Christus vivit, ma non solo; soprattutto ce lo dice il Vangelo, ce lo ha detto Gesù. È più grande colui che si mette al servizio degli altri. Dunque tutta la formazione seminaristica è portata a presentare l’immagine di Gesù come buon pastore e chi oggi soprattutto si dispone a servire la Chiesa e le persone nel ministero ordinato non può in alcun modo prescindere da questa immagine di servizio. Questo è un primo passaggio.

E poi?
Occorre “educare” al servizio. Anche la comunità degli educatori del Seminario vive una dinamica di servizio, quindi i seminaristi siano accompagnati da educatori che cerchino loro stessi di essere esemplari nel loro servizio alla Chiesa e alla gente. Infine, tutta la formazione seminaristica, dall’aspetto più intellettuale a quello caritativo, è volta a imprimere forte il senso del servizio soprattutto ai più bisognosi. Ancora una volta la tutela massima per i minori e le persone vulnerabili.

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