Redazione

Dietro questo gemellaggio c’è un lavoro d’équipe. Preciso e a incastro come una matriovska russa. Oltre ai religiosi e ai referenti laici dei decanati di Ahr-Eifel, Daun e Gerolstein, infatti, all’organizzazione hanno partecipato tante famiglie.

«Ne abbiamo parlato a ottobre per la prima volta», spiega Alois Perling, il referente laico per la Pastorale giovanile di Daun. «L’idea è partita da Colonia, e durante una messa congiunta con il decanato di Gerolstein il vescovo Reinhard Marx ci ha spiegato il progetto, invitando i laici a lavorare con noi».

La proposta del vescovo non è caduta nel vuoto, e la comunità si è mobilitata creando reti di contatti e scambi di idee. «E’ un episodio molto positivo, soprattutto per una zona in cui le chiese si svuotano e la partecipazione dei giovani alle funzioni o alla vita di comunità è sempre più rara». A parlare è ancora Alois Perling, che in questi mesi è stato uno dei punti di riferimento per l’organizzazione.

«In ogni decanato si sono formati gruppi di 30 volontari, vere e proprie “unions” in rappresentanza di dieci parrocchie ciascuna», continua Perling. «Ogni squadra si è occupata del gemellaggio in modo indipendente, così i programmi delle attività erano diversi per ogni zona».

Ma oltre ad accogliere nelle proprie case, organizzare concerti o cucinare, i parrocchiani hanno anche finanziato parte delle spese. «In ogni parrocchia c’è stata una raccolta di offerte libere. Si può dire che le comunità hanno deciso di autotassarsi per coprire le spese», racconta Perling.

Il gemellaggio è stato un evento e una meta. Per un anno nei tre decanati ci si è incontrati e confrontati sul da farsi. «Eravamo in tanti e lavorare insieme è stato fecondo», racconta Franziska Kraemer del decanato di Gerolstein. «Abbiamo imparato molto gli uni dagli altri. Per me è stato molto importante scoprire che la Chiesa è ancora giovane e ha un futuro».

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