Redazione

MILANO LA TOLLERANTE S’È SCOPERTA RAZZISTA, RIPIEGATA,INOSPITALE, DISCRIMINANTE

Così, nel quindicennio trascorso da Tangentopoli a oggi Milano si è trascinata tra campanilismi anti-romani, che hanno conferito una dimensione un po’ caricaturale alla città, e una gestione amministrativa secondo l’ottica di un vasto condominio. Non è stata governata nel senso pieno del termine, con responsabilità complessiva: di chi sedeva nella stanza dei bottoni e di chi ne stava fuori e non riusciva ad esprimere non solo un’opposizione, ma un progetto alternativo, e credibile. Delle incapacità a leggere i segni dei tempi, a vedere, a pensare, a trasformare hanno pagato e continuano a pagare il conto più salato gli immigrati, le culture e le religioni che questi portano.

Milano la accogliente, Milano la tollerante, Milano la «città aperta», la Milano mediolanensis che sta nel mezzo e integra, s’è scoperta razzista, ripiegata, inospitale, discriminante, un po’ odiosa anche nella supponenza che proviene dalla grettezza, dall’ignoranza, dai pregiudizi, dalle incompetenze. Su chi e su ciò che è straniero vengono riversate le frustrazioni, le delusioni, le incapacità, le inadempienze, le accidie, gli egoismi, le angustie mentali, le piccole e grandi viltà.

Non è un caso che Milano, nel clima di uno spocchioso autoriferimento e di un’autosufficienza senza ragione abbia perso e perda occasioni. Sono onte il mancato sviluppo della sede Rai; la cecità verso un fatto come l’Orchestra Verdi; i ritardi nella politica museale. È capitale dell’editoria, ma la Fiera del libro la si fa a Torino. E sempre nel capoluogo piemontese trova sede la grande rassegna delle innovazioni informatiche, mentre Milano si vanta d’essere capitale delle applicazioni tecnologiche avanzate. E si potrebbe continuare nel cahier de doléances. Ma sarebbe frustrante e improduttivo.

Il flusso vitale è però più forte delle imprevidenze e di certe stupidità degli uomini. Così è accaduto che, a metà di questo primo decennio del nuovo secolo, Milano ha ripreso a crescere, come si diceva in apertura.

O, meglio, è deflagrata. Da Rogoredo a Rho-Pero, da Sesto San Giovanni ad Assago passando per Garibaldi Repubblica e la ex Fiera Campionaria si muove il Grande Cantiere Milano. Progettualità, slanci, interessi, appetiti hanno innescato un processo senza ritorno. Di quale natura? Con quali conseguenze da mettere in conto? Con quali aggiustamenti o correttivi, eventualmente?

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