Redazione
A Cana quel giorno… Con queste parole, ripetute, iniziano le quattro strofe del canto della famiglia, così chiamato in riferimento al nuovo Percorso Pastorale 2006-2009, dedicato appunto alla famiglia.
di Giancarlo Boretti
responsabile diocesano per la Pastorale liturgica
«A Cana quel giorno» è un canto che si inserisce nel Percorso pastorale diocesano per il triennio 2006-09 ed è stato richiesto dal cardinale Dionigi Tettamanzi come accompagnamento all’impegno missionario che vedrà le comunità parrocchiali ambrosiane impegnate per tre anni su temi spirituali, culturali e sociali riguardanti la famiglia.
Per i testi, l’Arcivescovo si è rivolto Mons. Gianfranco Poma (già rettore maggiore dei Seminari milanesi e attualmente parroco di S. Maria Segreta in Milano), che da tempo svela le sue doti poetiche nel comporre testi per canti liturgici. Chi leggerà – e canterà – questo testo si accorgerà del suo elevato profilo sia letterario che contenutistico.
«A Cana quel giorno voce accorata di Madre riapre l’incanto che era “in principio” per l’uomo e per la donna». Cana è non solo un episodio evangelico ma un mistero: il farsi dono dell’amore di Dio, che fin dal principio sta compiendo e continua a compiere la sua opera di salvezza, passando attraverso l’uomo e la donna. Maria è presente, garante e implorante.
Nelle quattro strofe c’è una storia, tanto umana quanto cristiana, di ombre e di luci: quella di ogni famiglia chiamata all’amore, in un cammino sorretto dalla Grazia, che non può avvenire se non nella speranza. Sì, perché – si canta nel ritornello l’assemblea – «Non dista Cana da noi impossibili strade di grazia. Il mondo risorga alla gioia di Dio! Resta con noi, Signore, vino del Regno!». C’è un percorso in tutti i versetti del canto che chiede meditazione e preghiera, per sfociare nell’acclamazione finale: il “Vino del Regno” c’è e sovrabbonda nelle giare!
La messa in opera musicale è stata affidata al M° Prof. Paolo Rimoldi, insegnante di composizione nel Conservatorio di Milano, direttore di un coro parrocchiale e grande esperto di problematiche liturgico-musicali. Si noterà che la sua è una musica raffinata. Un testo ricco e impegnativo come quello di Poma non poteva essere affidato a una melodia dalla popolarità troppo scontata, col rischio di una banalità pauperante. C’è canto e canto per la liturgia e per la preghiera: alla semplicità di parole e di composizioni tradizionali si unisca – e ben venga – una profondità di linguaggio testuale e musicale che inviti e induca a battere un colpo d’ala verso l’alta qualità.
La Chiesa – leggiamo nei documenti conciliari – apprezza e accoglie i più vari generi di testi e musiche per celebrare e meditare i suoi misteri. Diciamo “per meditare”: a un canto come «A Cana quel giorno», così rispettoso e ben inserito nel Percorso pastorale diocersano 2006-09, auguriamo non solo di essere cantato in buone “esecuzioni” assembleari, ma anche di proporsi in “ascolto” dentro e fuori delle celebrazioni liturgiche: il mistero ha bisogno di silenzio e di accoglienza interiore.