Fiammetta Cappellini, referente dell’Avsi a Port-au-Prince, conosceva bene la sessantacinquenne Piccola sorella del Vangelo lecchese uccisa sabato: «Non era una sprovveduta»

di Bruno DESIDERA
Agensir

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Suor Luisa Dell'Orto (da Avvenire)

«Ha dato tutto, fino in fondo, fino alla fine, anche la sua stessa vita e ciò è stato frutto di una scelta consapevole. Suor Luisa non era certo una sprovveduta, aveva piena consapevolezza della situazione di Haiti». Parla con emozione, commozione e preoccupazione Fiammetta Cappellini, referente dell’Avsi a Port-au-Prince, capitale di Haiti. Conosceva bene suor Luisa Dell’Orto, la sessantacinquenne piccola sorella del Vangelo originaria di Lomagna, in provincia di Lecco, morta sabato in ospedale, a causa delle ferite riportate in un’aggressione armata avvenuta nella mattinata (leggi qui). Una delle tante che insanguinano il Paese.

L’angelo dei bambini di strada

E chi non la conosceva, del resto, a Port-au-Prince? Era la factotum di Kay Chal, “Casa Carlo”, che in un poverissimo sobborgo della capitale accoglie i bambini di strada. Era il loro angelo, fin da quando era giunta nel Paese caraibico, nel 2002. Dopo il terribile terremoto del 2010 la struttura era stata ricostruita e potenziata, grazie all’aiuto della Conferenza episcopale italiana. Suor Luisa aveva seguito in prima persona il restauro e, dopo la sua riapertura, di fatto la coordinava. Ma era ben inserita nella Chiesa haitiana, e insegnava Filosofia nel Seminario “Notre Dame” dell’arcidiocesi e al Cesades (Centro salesiano d’insegnamento superiore).

«Qualche mese – racconta Fiammetta Cappellini – fa ci eravamo parlate, chiedendoci: vale ancora la pena di continuare a stare qui, in un Paese alla deriva e in preda alla violenza? Vale la pena di andare avanti? Leo mi aveva risposto che sì, aveva un senso. “Questo Paese ha bisogno di noi”, mi aveva detto. Mi spiegava che bisognava “restare a fianco della gente”, e che le persone più povere, la loro risposta, erano la conferma di tale impegno. Non ha mai vacillato, eppure vedeva la spirale di violenza in cui Haiti era sempre più avvolto. Era fatta così, energica, a volte poteva sembrare sbrigativa o burbera. Ma, appunto, la sua era una scelta consapevole dei rischi. Per me, per noi, è un momento davvero terribile e ci manca già moltissimo. Non è facile andare avanti, è proprio un dramma».

Continua la referente dell’Avsi: «L’ho conosciuta bene, è stata una delle persone che mi hanno accolto e introdotto, quando sono arrivata qui. Era molto conosciuta e apprezzata. “Casa Carlo” sorge in un quartiere poverissimo, afflitto da numerosi problemi sociali».

Incognite sull’aggressione

Come hanno riportato gli organi d’informazione, la religiosa è stata vittima di un’aggressione armata nella periferia della capitale Port-au-Prince, nella zona Delmas 19, dov’era di passaggio. Gravemente ferita, è stata portata d’urgenza all’ospedale Bernard Mevs, dove si è spenta poco dopo. Si è parlato un tentativo di rapina degenerato. «Ma ci sono molte incognite, da quanto ho appreso di è trattato di un attacco armato molto rapido. Difficile dire se l’intento fosse quello della rapina o del rapimento. Di certo, la cosa è successa in pieno giorno, in una zona molto frequentata. Si è trattato di un fatto decisamente grave». E rivelatore di cosa, sempre più, Haiti stia diventando. «I rapimenti qui sono all’ordine del giorno, decine al mese, solo a Port-au-Prince. Parlo di cifre ufficiali. E molti altri ancora, probabilmente non sono neppure denunciati. Difficile parlare di violenza cronica, piuttosto di deve parlare di escalation, iniziata nel 2018. Una realtà sempre più grave, ogni mese che passa. Oggi, ad Haiti, la situazione della violenza è decisamente più grave rispetto a un anno fa. E riguarda tutte le fasce della popolazione». Un piano inclinato, insomma, una tragica deriva nel vuoto delle Istituzioni, senza che accada nulla che sembri in grado di invertire la tendenza.

«Recentemente – conclude Cappellini – al Consiglio di Sicurezza dell’Onu è stata affrontata la questione di Haiti ed è stata manifestata la disponibilità a inviare un contingente internazionale. Ma l’offerta è stata rifiutata dal Governo, che ha chiesto solo un supporto tecnico per le forze di polizia. Invece, l’impressione, anche a livello internazionale, è che la situazione sia fuori controllo e che la presenza di soldati sia necessaria».

 

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