L’Arcivescovo ha guidato il Rosario salendo tra le Cappelle del Sacro Monte con più di un centinaio di fedeli e ha poi presieduto la Celebrazione eucaristica, presso il Santuario di Santa Maria del Monte, di ringraziamento per la Canonizzazione di san Paolo VI
di Annamaria
BRACCINI
La nebbia e la pioggia sottile che avvolgono le Cappelle del Sacro Monte e tutto ciò che vi è intorno, il silenzio interrotto solo da qualche tipico rumore del bosco, le luci dell’alba che faticano a farsi spazio tra il grigio informe del cielo.
Si rimane come sospesi nel tempo e nello spazio, risalendo il percorso che porta al Santuario di Santa Maria del Monte, passando appunto, tra le XIV Cappelle con le loro statue, mute testimoni di centinaia di anni di devozione. Un sensus fidei che si tramanda di generazione in generazione: dall’antico, fino a oggi, quando ogni sabato mattina, i pellegrini – anche se d’inverno c’è neve e freddo pungente – camminano al Sacro Monte dicendo il Rosario per entrare, infine, nel Santuario per la Messa. E così succede anche nel sabato mattina di fine ottobre, in cui, per ringraziare della canonizzazione di san Paolo VI, a dire il Rosario, con i sacerdoti del territorio e a presiedere l’Eucaristia, arriva anche l’Arcivescovo.
Salendo tra le Cappelle, ci si introduce ai Misteri attraverso brani proprio del neo Santo che, in alcuni stralci dei suoi insegnamenti, aiuta a riflettere, anzitutto, sulla pietà mariana che deve condurre a Cristo. E, poi, introducendosi ai Misteri gaudiosi, sulla «gioia profonda e liberatrice della verità divina riconosciuta nella Chiesa», così come Montini scrisse nell’Esortazione apostolica “Gaudete in Domino” del 1975. Per i Misteri dolorosi il brano scelto – magnifico -, è tratto dalla “Via Crucis” del 1978 con l’appello agli uomini del pensiero, del potere e della fatica quotidiana a riconoscere la grande storia di amore e di dolore della croce di Cristo.
Infine, con i Misteri gloriosi sembra di sentire la voce stessa del santo Pontefice, quando, nella Pasqua del 1969, innalzava il suo Inno alla vita e alla speranza.
Ormai si è arrivati al Santuario – durante la salita l’Arcivescovo entra brevemente nella Cappella XIII “La discesa dello Spirito Santo” appena restaurata e alla quale, nella stessa mattinata, viene dedicata una presentazione – già affollato di fedeli. Accanto a monsignor Delpini, concelebrano il vescovo Francesco Brugnaro, il vicario episcopale della Zona II-Varese don Giuseppe Vegezzi, il Decano, don Mauro Barlassina, l’Arciprete del Santuario, don Sergio Ghisoni, arcipreti emeriti, il prevosto di Varese, don Luigi Panighetti e altri sacerdoti della Zona.
Del Santuario e del Sacro Monte, in genere, come «luogo particolarmente caro a san Paolo VI», parla, in apertura, l’Arcivescovo, ricordando la presenza di tanti fedeli provenienti da diverse realtà, e la partecipazione delle Romite Ambrosiane che seguono il Rito dalla loro clausura che si affaccia sulla chiesa.
Il riferimento è al Vangelo di Luca, capitolo 5. «Sui passi della vocazione di Simone, che si sente fallito, ma che poi sperimenta la meraviglia per la sovrabbondanza della pesca e, poi ancora, il riconoscimento della condizione di peccatore. Questi tre passaggi possono dare un’indicazione per come partecipare alla missione di Gesù. Dal gesto minimo – come il prestare la propria barca -, all’esperienza della propria inadeguatezza fino a contemplare la sovrabbondanza della Grazia. Forse anche Montini ha vissuto questi tre passaggi, anche più volte nella vita, dal gesto minimo di essere un bravo studente dedito al far del bene; nel servizio alla Santa Sede, fino ad avere la percezione delle proprie inadeguatezze, ma, insieme, contemplando lo stupore per dove lo ha condotto la Grazia di Dio, fino a farsi carico del mistero del Papato».
Passaggi che valgono anche per ciascuno di noi, suggerisce Delpini, «se ci chiediamo dove siamo e cosa facciamo». Noi tutti che viviamo gesti minimi, che ci sentiamo magari falliti, con la nostra rete simbolica che rimane sempre vuota, e che pure abbiamo sperimentato ciò la Grazia di Dio può fare»
«Credo che oggi questa pagina del Vangelo, con la figura straordinaria di Paolo VI, vuole invitare ad andare fino in fondo, a lasciarsi prendere dall’idea di essere pescatori di uomini nel senso di attrarre tutti a sé. La parola che Gesù ci dice oggi è, “Non temere”: essere pescatore di uomini non significa avere solo un ruolo di responsabilità della Chiesa, ma significa comunicare quella speranza che abbiamo imparato dal Signore. Siamo tutti chiamati a questa storia di vocazione».
La consegna vale per tutti: si può partire dal gesto minimo per seguire Cristo e sentirsi parte della sua sequela, accogliendo anche i momenti di scoraggiamento con l’invito “Vai al largo” per scoprire quante meraviglie può fare il Signore per chi ascolta la sua Parola.
E alla fine, ancora una raccomandazione, nata proprio dall’accorgersi che si può insieme camminare e pregare come si fa salendo alle Cappelle. «Questo lo si può fare sempre, magari che si aspetti il treno o il turno dal dentista, si può camminare e pregare trasformando la vita in un’offerta gradita a Dio. Un “Ave Maria” ci sta sempre e, se Lei intercede per noi, possiamo essere un poco l’anima del mondo e dare noi stessi speranza».
E, prima di lasciare il Sacro Monte, c’è ancora tempo per una momento di raccoglimento davanti alla imponente statua montiniana in bronzo realizzata, per volere di monsignor Pasquale Macchi, segretario di Montini, da Floriano Bodini nel 1982 e recentemente restaurata. Quasi il simbolo del legame tra il papa Santo e questo luogo.
In occasione della Canonizzazione sempre il Sacro Monte di Varese ha realizzato anche una mostra d’arte visitabile fino al 6 gennaio e, allestita al Centro espositivo Monsignor Pasquale Macchi presso la Prima Cappella, con il titolo «Paolo VI: un Apostolo Instancabile, un Santo Papa», con un’espressione che, volutamente, riprende le parole di papa Francesco.