Nel tradizionale Pontificale per la Solennità del Patrono, presieduto dall’Arcivescovo nella basilica di Sant’Ambrogio gremita di fedeli, l’indicazione di 3 vie per vivere, anche oggi, il Mistero di Dio. «Vie che trovano nella Liturgia la loro sintesi più alta»
di Annamaria
Braccini
«La lettura attenta che medita le parole della Scrittura, l’ascolto commosso che si lascia raggiungere dalla voce del Buon pastore e il canto corale festoso e coinvolgente che è come un’esaltazione del silenzio».
Sono le vie – non necessariamente da considerare quali tappe di un progressivo itinerario della mente e del cuore verso Dio – che ci portano al Mistero di Cristo, così come indica l’esemplarità del vescovo Ambrogio. E, così, il suo attuale successore, il vescovo Mario, ne delinea la figura, presiedendo il Pontificale per la Solennità del 7 dicembre nella Basilica che custodisce le spoglie santambrosiane. Concelebrano la Messa, come sempre gremita di fedeli, i vescovi monsignori Giuseppe Merisi, Paolo Martinelli, Francesco Brugnaro, l’abate, monsignor Carlo Faccendini, i Canonici del Capitolo di Sant’Ambrogio e Metropolitano, altri sacerdoti, presenti anche gli alunni del Biennio teologico del Seminario di Venegono che animano il servizio liturgico.
«Le nostre attività ci logorano in una continua frenesia ma, in verità, abbiamo sete e bisogno di Dio e della rivelazione del suo Mistero. C’è una grazia di rivelazione per le nostre incertezze e le nostre confusioni; una strada che conduce fino al cuore del Mistero: oggi chiediamo al nostro padre Ambrogio di esserci guida, maestro e testimone», dice, avviando la sua omelia, l’Arcivescovo, che per la Celebrazione siede, come tradizione, sulla millenaria Cattedra marmorea di Ambrogio sita al centro del Coro ligneo dell’abside
Il riferimento è alle Letture proprie del Santo Patrono, con la Lettera paolina agli Efesini e la pagina del Vangelo di Giovanni al capitolo 10.
«La lettura degli scritti degli Apostoli e dei Profeti è la via che Paolo propone e Ambrogio testimonia con quale intensità si dedicasse alla lettura e alla meditazione delle Scritture e con quale profondità abbia scavato nel testo per trarne luce per i suoi pensieri, forza per la sua opera pastorale, fortezza e chiarezza per resistere alle insidie dei fraintendimenti, dei pensieri pigri, dell’omologazione alle ideologie del momento, leggendo studiando meditando».
Ciò che, a noi oggi, manca «essendo esposti al rischio della superficialità e vedendo, talora, in un impegno serio di lettura e di studio, una riduzione intellettualistica della comprensione del Mistero. Anche se la lettura può esporre a qualche rischio, questa non è una buona scusa per giustificare la pigrizia e l’ignoranza, la confusione delle idee e l’abbandono del rigore nella proclamazione della verità cristiana. Non sono una buona scusa la fretta, la superficialità per praticare una spiritualità generica che va bene per tutti e che, alla fine, non dice niente a nessuno».
Un appello, definito dal Vescovo necessario, per tutti coloro che condividono la sete di una verità che non sia una formula, un’astrazione ma che «guidi i nostri passi e riscaldi il nostro cuore». Come, appunto, accadde al Santo Patrono. «Il Mistero, che trasfigura la vita, il Verbo affascina con una parola d’amore. Ambrogio è tornato ripetutamente sul Cantico dei cantici, trovandovi parole per dire la sua esperienza: Gesù è vivo e chiama».
Poi, il richiamo al Vangelo giovanneo del “Buon Pastore”. «In modo commovente ci parla il Signore che amiamo. Desideriamo essere abitatori del silenzio per ascoltarlo, anche se, talvolta, il rumore della città e della vita che viviamo, talora, una certa insofferenza e impazienza, si presentano con la tentazione di lasciare perdere il silenzio, che pare noioso perche non ci si aspetta nessuna voce. E, invece, siamo invitati a continuare a cercarlo non per disperderci in fantasie astruse, ma per ascoltare».
E, ancora, «talora i credenti sono come sorpresi da una gioia, da un entusiasmo che si fa coro, una sobria ebbrezza dello Spirito per cui non bastano i pensieri, le parole, le emozioni interiori e abbiamo bisogno di cantare. Nel momento drammatico della tensione che ha attraversato Milano – per la questione delle Basiliche contese -, è stata trovata forza nel cantare insieme gli inni del vescovo Ambrogio. Anche oggi il Santo ci aiuti a imparare a cantare. Forse, la città tentata dallo spavento o l’indole milanese piuttosto compassata, forse, la decadenza delle forme musicali espressive della gioia della fede, forse la scarsa educazione musicale precludono alle nostre assemblee di essere incoraggianti e festose proprio a motivo del cantare insieme, ma certo è una povertà».
Dunque, sono le 3 vie da vivere con fede nella vita quotidiana, proposte dall’Arcivescovo a tutti e a se stesso, per entrare al cuore del Mistero: «la lettura, lo studio e la meditazione; la via della voce e del canto corale per una festa che si fa popolo. Ambrogio è qui, in questa Basilica, silenzioso. Alcuni dicono che il silenzio è il modo più alto per parlare di Dio e Ambrogio, in silenzio, nei secoli, continua a suggerirci che fu affascinato da Cristo e ci chiede di seguire il suo esempio».
Poi, al termine dell’Eucaristia, la preghiera a Sant’Ambrogio e le intercessioni recitate dall’Arcivescovo, dai Concelebranti e dai seminaristi, nella Cripta, di fronte alle reliquie del Santo e dei martiri Gervaso e Protaso.