Massimo Achini, presidente del Csi Milano: «I campionati sono fermi da un anno, solo un ragazzo su 5 riesce a fare attività, le istituzioni ci hanno dimenticato. Ma sul piano educativo le società “tengono” e per la ripresa sono pronte a fare la loro parte»
di Massimo
ACHINI
Presidente del Csi Milano
Come sta il Csi? La risposta a questa domanda è semplice e complessa al tempo stesso. Siamo orgogliosi, siamo preoccupati e ci sentiamo un po’ abbandonati.
Siamo orgogliosi della “tenuta educativa” delle società sportive. Lo sport è fermo da 12 mesi. I campionati si sono fermati il 23 febbraio 2020 e non sono (a oggi) mai ripartiti. Un lockdown sportivo infinito. Eppure le società non hanno mai staccato la spina. Si sono inventate di tutto pur di trovare il modo di stare vicino ai loro ragazzi. Siamo davvero orgogliosi di questo “popolo educativo”, fatto di allenatori, dirigenti, animatori. Sia chiaro, dopo tanti mesi stanchezza, disorientamento e rassegnazione si fanno sentire. Si sentono, ma non vincono, nel senso che le società trovano la forza per restare “accese” per quanto è possibile. Abbiamo una piccola speranza di ripartire il 15 marzo (per circa la metà delle 2200 squadre che ogni settimana facevano attività pre-Covid con il Csi Milano). Abbiamo però la certezza di lavorare per generare futuro. In questi mesi bui abbiamo chiesto a tutti di trovare la forza per ragionare su come generare futuro educativo per il bene dei ragazzi, delle società e delle proprie comunità. Una scelta coraggiosa, della quale siamo orgogliosi.
Siamo invece preoccupati per i ragazzi e le ragazze.
Un anno di vuoto sportivo rischia di avere conseguenze educative molto pesanti soprattutto negli adolescenti. Alcune ricerche dicono che oggi solo il 22% dei ragazzi, in qualche modo (con allenamenti a distanza, individuali, ecc) riesce a praticare attività sportiva. L’emergenza educativa che il “tempo del Covid” lascerà in eredità sarà molto grande, e a oggi ci sembra sottovalutata da molti.
Quando lo sport ripartirà a pieno regime (ormai speriamo a settembre), non basterà sperare che tutto torni come prima. Non basterà tornare a organizzare campionati. Bisognerà mettere in campo un’azione educativa straordinaria, capace di fare la differenza, e stiamo lavorando intensamente per questo. Insieme alla Fom stiamo anche lavorando a qualche proposta innovativa per il tempo dell’estate, nella speranza che si possa fare qualcosa. Rivolgo un grazie sincero, per la sensibilità dimostrata, all’Avvocatura della Diocesi, con la quale abbiamo condiviso ogni passo riguardo il non semplice rispetto di normative e protocolli per lo svolgimento di attività sportiva in oratorio.
Ci sentiamo infine “abbandonati” dalle istituzioni. Sembra che tanti (non tutti) si siano dimenticati di noi. Le società sportive fanno fatica, hanno bisogno di aiuti e sostegni concreti. Qualcosa è arrivato (grazie in particolare a Regione Lombardia), ma non basta. Lo scorso anno avevamo 650 società, quest’anno siamo a 510: 140, per il momento, hanno deciso di “chiudere”. E siamo “messi bene” rispetto ad altre realtà sportive.
Come Csi, invece, sembriamo invisibili. Non rientriamo finora in nessuna categoria destinataria di “ristori” e non abbiamo visto nemmeno un centesimo. In queste condizioni, difficile continuare a fare promozione sportiva ad alto tasso di qualità e progettualità educativa.
Siamo convinti che, come sempre, al di là di tutte le difficoltà, di fronte alla grande emergenza educativa di questo tempo le società sportive faranno la loro parte nel sostenere la fatica di riaccendere le comunità e la socialità dei ragazzi. Per noi ripartire non vuol dire semplicemente tornare ad organizzare campionati, ma vuol dire “fare la differenza” in termini educativi, attraverso lo sport. E come sempre ce la metteremo tutta.