La segretaria del Consiglio pastorale diocesana racconta l’annuncio del Sinodo minore da parte dell’Arcivescovo durante l’ultima sessione e spiega: «L’orizzonte che ci ha presentato è quello di una Chiesa inclusiva e nuova»
di Luisa
BOVE
La sera del 25 novembre a Triuggio, durante il tradizionale Caminetto» (un incontro di scambio tra l’Arcivescovo e i membri del Consiglio pastorale diocesano), monsignor Mario Delpini ha dato l’annuncio del nuovo Sinodo minore. A raccontarlo è Valentina Soncini, segretaria del Consiglio, delegata regionale di Azione cattolica e ora anche membro della Commissione di coordinamento del Sinodo stesso. «Sapevamo che la serata non era sulle domande libere all’Arcivescovo, ma sull’indicazione dei temi che avrebbero interessato il Consiglio nelle prossime sessioni», spiega. Poi Delpini è intervenuto dicendo che «ci teneva che questa comunicazione avvenisse nell’ambito del Consiglio e che ci fosse la capacità di mettersi in cammino insieme. Tra l’altro aveva già aperto la sessione (la prima da presidente dopo la sua nomina ad Arcivescovo), indicando l’importanza di uno stile sinodale per accompagnare il cammino di Chiesa».
Come ha spiegato i contenuti del Sinodo?
Ha annunciato il titolo “Chiesa dalle genti” precisando di non rischiare nella comunicazione di ridurre o fraintendere il tema con l’attenzione alla Pastorale per i migranti. L’orizzonte che ci ha presentato è invece quello di una Chiesa inclusiva e nuova, capace di accogliere e di essere edificata dai credenti che vengono da tutte le parti del mondo. Sarà una Chiesa in cammino che si incarna in Milano, cattolica, casa di comunione per la fede di chi arriva da altri Paesi. Questo chiede a tutti di compiere dei passi insieme. Non è un modello di assimilazione né di concessione, piuttosto è l’invito a un cammino in cui tutti impareremo gli uni dagli altri. E sarà una Chiesa nuova.
Qual è stata la vostra reazione?
C’è stato un lungo applauso. Abbiamo intuito che c’era una dimensione nuova e coraggiosa alla quale l’Arcivescovo ci stava chiamando. Ci sono stati alcuni interventi, come quello di Giorgio Del Zanna della Comunità di Sant’Egidio, che ha subito sottolineato la bellezza e l’importanza di questa scelta. Poi in modo commovente hanno parlato i due stranieri membri del Consiglio diocesano, Bahati e Gomez. Quest’ultimo (latinoamericano, padre di famiglia che prenderà la cittadinanza a gennaio e vive qui da quasi 18 anni) ha detto che attendeva da tempo che ci fosse un’apertura così accogliente, ma anche responsabilizzante da parte della sua comunità. Ha spiegato della fatica di educare alla fede i suoi figli e della necessità di trovare un luogo capace di accompagnarlo in questo. Poi è andato ad abbracciare l’Arcivescovo in segno di gratitudine.
Altri interventi?
Ci sono stati sull’importanza e l’urgenza di questa scelta rispetto a contesti di vita quotidiana già molto avanzati. Quasi a dire che la Chiesa finalmente impugna questo tema perché nelle catechesi, nella scuole, nei quartieri e nei luoghi di lavoro questa mescolanza c’è già.
Come vive questo suo coinvolgimento diretto nella Commissione sinodale?
Mi ha stupito essere coinvolta perché non ho una competenza specifica. Mi trovo a far parte di un’avventura importante e bella del nostro tempo e che condivido volentieri con la mia Chiesa locale. Ne faccio parte perché i sinodali – mi hanno spiegato – saranno i membri dei Consigli presbiterale e pastorale, quindi avere all’interno della Commissione due segretari è un modo per tenere compatto il cammino del Sinodo minore. È un servizio al buon funzionamento di questa, pur leggera, macchina sinodale. Sarà molto impegnativo, ma spero che rimanga l’entusiasmo che ho sentito e condiviso in Consiglio. Ci metteremo subito al lavoro, ci sono già due sessioni fissate prima di Natale, quindi l’orizzonte temporale nelle intenzioni dell’Arcivescovo è meno di un anno, quando ci sarà la consegna delle nuove costituzioni che dovranno orientare il cammino della Chiesa».