Nella basilica di Sant’Ambrogio, l’Arcivescovo ha presieduto il Pontificale nella Festa liturgica del Santo Patrono, diffuso anche all’esterno dove, nel rispetto dei numeri possibili, erano stati previsti ulteriori posti per i fedeli. «Le nostre porte sono aperte»
di Annamaria
Braccini
«La nostra Chiesa diocesana vuole far risuonare la sua voce per dire che le porte sono aperte, che tu sei atteso, che vogliamo essere un unico popolo che sente questa Chiesa come la propria casa».
Nel giorno dedicato al santo patrono Ambrogio, nella Basilica a lui intitolata, le porte concrete sono aperte, naturalmente nel rispetto più totale delle regole, con il distanziamento che costringe a ridurre il numero dei presenti e, quindi, a predisporre altri posti all’aperto, nell’atrio di Ansperto, per i fedeli che, comunque, sono in coda già molto prima dell’inizio della Celebrazione.
Ma soprattutto, sono aperte a tutti le porte dell’intera Chiesa ambrosiana a cui dà voce l’attuale successore di Ambrogio, il vescovo Mario, che presiede il Pontificale solenne sedendo, come tradizione, sulla millenaria Cattedra marmorea santambrosiana, sita al centro del Coro ligneo dell’abside. Concelebrano l’abate, monsignor Carlo Faccendini, 4 Vescovi, tra cui l’abate emerito, monsignor Erminio De Scalzi, l’arciprete del Duomo, monsignor Gianantonio Borgonovo e assistono i Canonici di Sant’Ambrogio e del Capitolo metropolitano della Cattedrale.
A tutti idealmente, in questo tempo reso ancora più difficile dalla pandemia, si rivolge l’Arcivescovo. «C’è una parola per te, che hai l’impressione di non contare niente per nessuno, che sei solo e come perduto nell’anonimato della città; per te che non sei a casa tua e perciò hai l’impressione di non abitare da nessuna parte, per te che vivi qui pensando a un altrove dove era più facile comunicare, sentirsi parte della famiglia o della città».
Questa parola è la voce amica del Signore che sempre chiama «a fare parte della famiglia degli amici di Dio. Il Vescovo di questa città, successore di Ambrogio, sente la responsabilità di condividere la sollecitudine di Gesù per tutti gli uomini e le donne e, perciò, anche io ti chiamo e vorrei che tu ascoltassi la mia voce per entrare nell’unico gregge per cui Gesù ha dato la vita».
Un popolo da cui nessuno è mai escluso e deve sentirsi escluso. «C’è una parola per te, uomo e donna di questo tempo, che hai l’impressione che la vita e la storia siano una confusione senza senso. Una parola per te che ti sei convinto che le domande serie non hanno risposte, che i cammini degli umani sono sentieri interrotti che non portano da nessuna parte, che le disgrazie e le fortune siano un destino e non c’è altro da fare che cercare rifugio in qualche angolino tranquillo. C’è una parola per te che ti sei convinto che conviene zittire la speranza che invita a guardare lontano e, perciò, sei convinto che sia saggio accontentarsi di programmare fino a domani, di sospendere le decisioni definitive, di vivere alla giornata».
A fronte di queste innegabili ed evidenti derive del presente, infatti, una visione diversa del tempo è sempre possibile, nella consapevolezza che «tutti gli eventi della storia sono chiamati a essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo. Così noi concepiamo la storia, come storia di libertà e di amore: siamo stati chiamati, scelti, prediletti».
Per questo «anche qui a Milano, ora, oggi, possiamo rispondere al Signore». Anche se ci sentiamo schiacciati «dal male fatto e dai sensi di colpa», cercando di evitare di pensare «ai rapporti rovinati, alle scelte che ci hanno rovinato»; se ci sentiamo umiliati dalle debolezze, con «l’impressione di aver sciupato tante occasioni» essendo «troppo mediocri e insignificanti». Insomma, per ciascuno – anche nel bilancio più disastroso – esiste una parola di perdono e di riconciliazione, come testimonia l’esempio luminoso del pastore sant’Ambrogio che «si considerava peccatore tra i peccatori».
«È la parola della Chiesa che in tutta la sua storia ha continuato a condannare il peccato e a offrire il perdono ai peccatori pentiti, ha continuato a chiamare i peccatori a conversione e a resistere a coloro che volevano una Chiesa di santi e negavano ai peccatori la speranza del perdono. Anche tu sei chiamato alla santità, a rincominciare ad aprire un strada nuova nella tua vita».
«Se ti senti una persona da niente, la parola di Gesù ti rivela l’altezza della tua vocazione; se ti senti smarrito e confuso per quello che capita, la rivelazione del mistero di Cristo ti invita a contemplare il compiersi del desiderio di Dio di rendere partecipi tutti della sua vita; se ti senti peccatore oppresso nella tua storia sbagliata, l’annuncio del perdono di Dio ti apre alla speranza e alla possibilità di rimediare e alla vocazione a costruire una vita bella, santa, lieta».
E, prima della benedizione, del canto del Magnificat, della preghiera e delle intercessioni recitate nella Cripta con la venerazione delle reliquie spoglie di Ambrogio, Gervaso e Protaso, ancora un pensiero di ringraziamento e un invito. «Puntiamo all’essenziale: pregare, essere in famiglia, volerci bene, cercare di custodire una città accogliente dove per tutti sia desiderabile abitare».