Il Cardinale ha presieduto la Celebrazione eucaristica nella chiesa di San Giuseppe in occasione dei cento anni della parrocchia. Moltissimi i fedeli presenti, con le autorità cittadine, per un giorno di preghiera e di festa condivisa dall’intera comunità
di Annamaria BRACCINI
Una grande festa popolare per una Comunità che si ritrova nel cuore pulsante del proprio quartiere, la parrocchia San Giuseppe a Sesto San Giovanni. La ragione per essere in tantissimi c’è, perché si ricordano i cento anni della costruzione della chiesa, allora tra i campi, intorno alla quale è cresciuta, nei decenni, la zona fino a essere completamente inurbata in Sesto, come testimoniano le immagini della mostra allestita in oratorio e il volume edito per l’occasione.
Il primo saluto all’Arcivescovo, che arriva per presiedere l’Eucaristia nella Solennità della Santissima Trinità, lo offrono, con il canto e un breve dialogo informale, i bimbi che riceveranno il sacramento della Confermazione a ottobre prossimo.
Nel luminoso edificio della scuola dell’infanzia e Primaria, tenuto dalle Figlie della Presentazione di Maria al Tempio, il Cardinale incontra anche le suore e le consacrate Piccole Serve del Sacro Cuore di Gesù, impegnate nell’ambulatorio locale e nel sostegno degli anziani.
Poi, nella Chiesa gremita, con la gente in piedi fino al sagrato, si avvia, con il canto iniziale delle solennità ambrosiane – i Dodici Kyrie –, la Messa concelebrata dai sacerdoti della parrocchia, dal vicario episcopale di Zona VII, monsignor Piero Cresseri, dal decano, don Franco Motta, dal prevosto di Sesto, don Roberto Davanzo. Nelle prime file ci sono il sindaco, Monica Chittò – non manca ai piedi dell’altare il Gonfalone della città –, le autorità militari e civili, i rappresentanti di tante Associazioni e realtà sestesi. «Grazie per questo momento che abbiamo lungamente atteso e preparato nella gioia, grati a coloro che con fede, speranza e carità, hanno voluto questa chiesa cento anni fa. Anche noi vogliamo essere uomini e donne di profezia», dice il parroco don Leone Nuzzolese.
«È molto bello e fonte di grande consolazione vedervi qui così numerosi e di ogni età, per i cento anni». Cento anni di vita ecclesiale e civile, «cento anni di uomini e donne che hanno attraversato le epoche di questa grande città del lavoro, dall’epoca fordiana alla nuova fase. Speriamo che la Cittadella della Salute si realizzi, le ultime notizie non sono cattive perchè pare che la bonifica dei terreni vada avanti», riflette, in apertura dell’omelia, l’Arcivescovo, che ancora osserva. «Qualsiasi sia la condizione in cui viviamo, anche la più dura – pensiamo ai martiri cristiani e a tutti gli uomini delle religioni, a quanti hanno a cuore la giustizia –, la dignità della persona resta intoccabile da parte di qualunque potere e situazione di bisogno in cui la donna e l’uomo vengono a trovarsi».
E questo per un motivo chiaro e preciso: «Possiamo dire così proprio per la grande Solennità di oggi, perché siamo creati a immagine della Trinità e Gesù ci ha offerto una strada per capire che nel rapporto con Dio uno e trino si fonda la nostra dignità».
Il richiamo è alla Liturgia della Parola, soprattutto alla pagina del vangelo di Giovanni 14 – proclamata poco prima dal diacono don Nazario Costante, nativo di “San Giuseppe” che diventerà prete l’11 giugno prossimo –: “Se uno mi ama, il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui”. «Ciò esprime bene la potenza della Terza persona della Trinità, lo Spirito santo, il Pàraclito che ci è sempre vicino».
«Padre, Figlio e Spirito santo abitano, infatti, ogni momento nel cristiano, in modo che questo rapporto è in azione anche quando siamo presi dalla dimenticanza, non ricordandoci di Dio che è sempre il Dio con noi».
Come, allora, non cadere nell’oblio, pure tanto diffuso oggi? «Se ogni mattina iniziassimo con il segno della croce, un gesto semplicissimo, che va insegnato dai genitori ai bimbi fin dai primi tempi della loro vita, comprenderemmo il mistero dèl Crocifisso che ci spalanca al mistero della Trinità. Noi, che abbiamo avuto il dono della fede seppure non per nostro merito, possiamo radicare la nostra dignità nel rapporto amoroso con Dio, potendo sempre rivolgerci a Lui attraverso il segno della croce e il Crocifisso morto e risorto che tra noi».
Eppure, la tentazione è comunque quella di dimenticare, anche la concretezza della Trinità: «ma l’Epistola di Paolo ai Corinzi, indicando che ci sono tanti doni – carismi – ma uno solo è lo Spirito di Gesù, ci fa vedere come il misero del Crocifisso e della Trinità entri nel quotidiano delle nostra vita personale, familiare, ecclesiale e sociale. Tutte le attività che uno compie, il lavoro, la cura dei malati, la condivisione dei bisogni, l’edificazione della pace, il tentativo di realizzare una società giusta e di arginare il male morale, l’educazione dei ragazzi, sono direttamente sotto l’azione di Dio Padre in cui noi siamo, esistiamo e viviamo. La Trinità vive un rapporto potente con noi».
Da qui, l’appello a un cambiamento del cuore: «Tanti fratelli battezzati, anche in questa nuova Sesto che sta trovando il suo volto del Terzo millennio, hanno perso la strada di casa. Bisogna portare il pensiero di Cristo ovunque, uscendo di chiesa la domenica, altrimenti si rischia di pensare solo attraverso la mentalità corrente Avete già avuto la Visita pastorale (il Cardinale è stato a Sesto per iniziarla il 16 febbraio scorso): impegnatevi nei due passi successivi, comunicando ai nostri fratelli la bellezza della vita in comunità». E questo, pur nella consapevolezza che di una parrocchia ricca di iniziative, per cogliere «la figura sintetica e riassuntiva, un volto riconoscibile e cordiale di Chiesa», per usare le parole del parroco che Scola cita. Insomma, per avere quel volto che si costruisce, attraverso la pluriformità dei carismi, nell’unità» in vista del bene ecclesiale e civile.
Temi su cui l’Arcivescovo torna a conclusione della Celebrazione, sottolineando l’importanza dell’impegno educativo e formativo, di quello sociale e caritativo – «date un poco del vostro tempo per guardare in faccia chi è nel bisogno, come dice il Papa» –, al fine di divenire più Comunità.
«Per fare questo bisogna mettere al centro i misteri della vita cristiana. Raccomando una grande cura alla famiglia – riunitevi in due o tre nuclei cercando di affrontare insieme un bisogno, una difficoltà concreta secondo il pensiero di Cristo – perché la famiglia diventi una piccola chiesa domestica. Ai più giovani dico di capire cosa sia l’amore vero che ognuno deve imparare, sia nella vocazione al matrimonio sia che si abbia nel cuore il desiderio di darsi interamente al Signore. Collaborate tutti alla nuova Sesto che già sta sorgendo è che ha bisogno della vostra creatività».
Poi, sul sagrato con un breve discorso del sindaco, «vorrei che le parole dell’Arcivescovo, sull’importanza dell’impegno sociale, fibrillassero nella nostra città», dice, con un po’ di emozione, anche perché “San Giuseppe” è la sua parrocchia di nascita., e la festa conviviale che prosegue, tra palloncini che vanno verso il cielo e il pranzo tra le vie del quartiere.