Il Cardinale ha presieduto nella Basilica di Sant’Antonio e Santa Francesca Cabrini, la Celebrazione Eucaristica nella 103a Giornata Mondiale delle Migrazioni. Richiamando il Messaggio del Papa, l’Arcivescovo ha indicato la necessità di accogliere chi arriva nelle nostre terre, soprattutto i minori
di Annamaria BRACCINI
Ricevere «con politiche equilibrate le tante persone provate da guerre e da fame, soprattutto i numerosi minori, che giungono oggi sulle nostre terre». Lo dice il cardinale Scola che, a Sant’Angelo Lodigiano, nella Basilica di Sant’Antonio e Santa Francesca Cabrini, presiede la Celebrazione Eucaristica nella 103a Giornata Mondiale delle Migrazioni. Particolarmente importanti, quindi, le parole dell’Arcivescovo di Milano, pronunciate nella cittadina che diede i natali, cento anni fa, a Francesca Saverio Cabrini, la grande Santa degli Italiani in America proclamata, nel 1950, patrona di tutti i migranti del mondo. Figura assai attuale, la sua, nota infatti Scola, cui sono accanto, in altare maggiore, monsignor Maurizio Malvestiti, vescovo di Lodi, il predecessore e vescovo emerito di quella Diocesi, monsignor Giuseppe Merisi e monsignor Franco Agnesi, ausiliare di Milano e membro della Commissione episcopale CEI per le Migrazioni.
A tutti i fedeli che affollano la Basilica, tra cui molte famiglie di migranti con bambini, si rivolge «l’abbraccio nel Signore», con cui il Cardinale dà avvio alla sua omelia. Il richiamo è al Messaggio scritto dal Papa per la Giornata dal titolo “Migranti minorenni, vulnerabili e senza voce” e all’approfondimento, sempre del Santo Padre, nella speciale Lettera inviata ai Vescovi nella Festa dei Santi Innocenti, in cui si sottolinea «la tragedia del dolore di questi esclusi di oggi e le gravi responsabilità di noi adulti». Responsabilità che coinvolge ognuno, specie noi italiani che dovremmo almeno ricordare i 14 milioni di connazionali emigrati dal 1876 al 1915, con una cifra pari a poco meno della metà della popolazione che, nel 1901, non superava, nel Paese, i 33 milioni di abitanti.
Fu in «questo contesto che, nel marzo del 1889, obbedendo a una precisa richiesta di papa Leone XIII, madre Francesca Saverio giunse con sette compagne a New York. Indomite ed infaticabili, amavano Cristo Gesù e volevano trasformare in azione vivente questo amore», ricorda l’Arcivescovo.
E se proprio i bambini «furono gli interlocutori privilegiati dell’imponente azione di carità di Santa Francesca Saverio e delle sue intrepide consorelle, con la fondazione di 67 istituti e l’apertura di orfanotrofi, scuole, ospedali, prodigandosi anche in modo commovente nell’assistenza ai carcerati», il suo insegnamento nell’oggi continua a essere evidente. Soprattutto per i cristiani chiamati a vivere «il precetto dell’amore» nella Chiesa fatta del popolo nuovo «che prolunga la presenza di Gesù in ogni luogo e ogni tempo». Un tempo, il nostro, in cui non si può dimenticare appunto la tragedia nella tragedia, dei 6500 minorenni giunti senza famiglia nel nostro Paese o i 545 accolti a Milano nei primi 10 mesi del 2016.
Dalla Prima Lettura tratta dal profeta Isaia – «all’origine di ognuno di noi, c’è l’iniziativa del tutto gratuita del Padre che ci chiama» –, alla I Epistola di Paolo ai Corinzi – «tutti siamo santi per chiamata» –, fino al Vangelo di Giovanni, con la testimonianza offerta dal Battista, nasce, così, una prima consegna del Cardinale.
«Ecco il punto, dare la propria vita per l’opera di un Altro è il cuore della vocazione di santa Francesca Cabrini come di ogni cristiano, nella forma che il Padre ha stabilito per ciascuno. Qui sta la sorgente inesauribile dell’impressionante, audace iniziativa della Santa. Ella affermava: “Che cosa non fanno i business-men nel modo degli affari nel loro mondo. E perché noi non facciamo almeno altrettanto per gli interessi del nostro amato Gesù?”. È un invito a confrontarci sul peso, sul posto di Cristo nel nostro quotidiano», scandisce il Cardinale che conclude: «Con questo stile di amorosa iniziativa riceviamo con politiche equilibrate le tante persone provate da guerre e da fame, soprattutto i numerosi minori, che giungono oggi sulle nostre terre. Facciamolo con semplicità di cuore nella consapevolezza che la riforma della Chiesa e la rinascita del Paese e dell’Europa tutta ha grande bisogno di santi e della nostra santità».