Il cardinale Scola ha conferito il Dottorato Honoris Causa della Biblioteca Ambrosiana a Rav Giuseppe Laras, figura di spicco del rabbinato italiano e internazionale, intellettuale e studioso, promotore di dialogo tra le fedi
di Annamaria BRACCINI
I rabbini sono per definizione dottori, ma è grande, comunque, il significato del riconoscimento con cui rav Giuseppe Laras, a lungo rabbino capo di Milano, dal 1980 al 2005, grande intellettuale, docente universitario, amico dell’“Ambrosiana”, ne diventi dottore, il primo non cattolico, accolto nel Collegio.
È un evento importante, quello che si svolge, infatti, nella Sala delle Accademie “Enrico Galbiati” della Biblioteca-Pinacoteca Ambrosiana, con il conferimento, per le mani del cardinale Scola, del Dottorato Honoris Causa, appunto, al rabbino Laras.
Figura eminente del rabbinato italiano e internazionale, Laras, compiuti gli ottant’anni è, d’altra parte, figura amatissima nella città di Milano della quale è oggi, rabbino capo emerito, cosi come è presidente onorario dell’Assemblea Rabbinica Italiana.
Ed è bello, allora, vedere fianco a fianco, autorità della Comunità ebraica, rabbini – c’è anche l’attuale rabbino capo, Alfonso Arbib – accanto al Collegio dei Dottori dell’Ambrosiana, tra cui il direttore della Classe di Studi sul Vicino Oriente, monsignor Pierfrancesco Fumagalli, con, sul palco insieme a rav Laras, il gran Cancelliere dell’ “Ambrosiana”, il cardinale Scola e il prefetto della prestigiosa istituzione fondata quattro secoli fa da Federico Borromeo, monsignor Franco Buzzi. Lo stesso cardinal Federico che fece arrivare – come ricorda Buzzi – il corpus di Codici collegati alla corrente filosofica facente capo a Mosé Maimonide, di cui il nuovo Dottore, che è anche tra gli accademici fondatori della Classe di Studi sul Vicino Oriente, è studioso noto a livello mondiale.
Insomma, un profilo di assoluta rilevanza intellettuale e morale, come richiama, nella sua Laudatio, l’Arcivescovo, che dice: «Oggi in Ambrosiana intendiamo non solo onorare un protagonista di cammino fraterno, un costruttore di ponti, un uomo di dialogo, ma anche intessere più forti legami per una crescente cooperazione e per ravvivare la speranza, la misericordia, la fede».
Un compito, più che mai necessario, anche intellettualmente, come testimonia la preziosa collaborazione tra gli studiosi delle diverse Classi in “Ambrosiana”, scandisce il Cardinale: «Oggi, di fronte a nuove sfide di fanatismo che fanno temere il dilagare della barbarie e una conflittualità globale, dopo le infami stragi dei totalitarismi e la Shoà del secolo scorso, non possiamo restare nell’indifferenza di un colpevole silenzio. Siamo chiamati a essere protagonisti di un’azione unitaria per impedire ogni violenza, specialmente quando la religione è usata dagli assassini come pretesto per minacciare o colpire bambini, donne, anziani innocenti, deboli, indifesi, nuovi martiri».
E, infatti, rav Laras è da sempre, anche un “costruttore di ponti”, di dialogo tra ebraismo e cristianesimo, di confronto, poi, allargato all’Islam: «Sono ben noti i vincoli di profonda amicizia e collaborazione tra rav Laras e il cardinale Carlo Maria Martini, con il quale dal 1981 promosse sia il dialogo ebraico-cristiano, sia l’impegno per un più ampio confronto civile e interreligioso su temi etici di valore universale come la famiglia, il lavoro, la pace. Da quando, nel 1989, la Conferenza Episcopale Italiana ha istituito la Giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei, egli ha collaborato per promuoverla a livello nazionale, dando un impulso sostanziale alla comune riflessione sui temi del Decalogo o Le Dieci Parole, che sono stati approfonditi in questi anni recenti anche qui a Milano».
Insomma, un “contributo” fondamentale, come lo definisce ancora Scola, «che ci sarà ancor più prezioso e necessario oggi e nel futuro, dinanzi al tremendo abisso di odio e barbarie che, dopo le tenebre della Shoah e dei massacri dei comunismi realizzati, credevamo non potessero ripetersi, e invece tornano a minacciare l’umanità contemporanea. Rav Laras ci insegna come la rocciosa fede ebraica, l’amicizia, l’onestà, il dialogo, la saggezza, sono risorse perenni che nutrono la persona umana e ci uniscono nella lotta contro ogni violenza e fanatismo».
Poi, la riflessione, forse, più spontanea del Cardinale, quasi un dialogo diretto “a tu per tu”: «Il nostro è un Dio che si è giocato con la storia, è un Dio incarnato e oggi come non mai è necessario sottolinearlo. Sono grato a rav Laras, perché il suo stile di comunicazione e l’apprendimento di pensiero che ha esercitato, ci hanno aiutato a comprendere più correttamente l‘interpretazione del pensiero ebraico rispetto a quella offerta da altri studiosi come, ad esempio, Lévinas, di cui sono stato allievo. Compiamo questo gesto, anche se con le parole di una classica Laudatio, con cuore commosso. Ad multos annos!».
Poi, la consegna della pergamena del Dottorato, i flashs di tanti fotografi, i festeggiamenti e la Lectio Magistralis di Laras, non a caso, in questo passaggio storico delicato, dedicata a una Massima del pensiero antico magisteriale, contenuto nel trattato delle Mishnà dei Padri, di rabbi Akivà, – “Tutto è conosciuto, ma la libertà è data”, «un pensiero che riflette sull’omniscenza di Dio e la libertà umana».
«Occorre spiegare la contraddizione per cui la pre-conoscenza divina condizionerebbe l’uomo, rendendo le azioni umane necessitate. Ma non è così, Dio prevede, pre-conosce, ma la libertà dell’uomo rimane inalterata ed è sempre nell’ambito della categoria del possibile», conclude Laras.
Una bella lezione sulla responsabilità personale e sulla luce che viene dalla fede, in tempi di buio. per cui nel nome di Dio si uccide.