Rispondendo ai giornalisti dopo la Messa al Monumentale, l’Arcivescovo ha commentato l’arrivo dei profughi alla caserma Montello di Milano e le tensioni che ne sono scaturite, sottolineando «un problema politico drammatico»
Al termine della celebrazione presieduta al Cimitero Monumentale di Milano nel pomeriggio dell’1 novembre, dopo aver visitato il Famedio ed essersi raccolto in preghiera davanti alla tomba di Alessandro Manzoni e di don Luigi Giussani, il cardinale Angelo Scola, rispondendo ad alcune domande dei giornalisti, ha commentato l’arrivo dei profughi alla caserma Montello di Milano e le tensioni che ne sono scaturite: «Capitano momenti di dialettica tra due tipi di visioni, due modi di capire il problema. Ieri sera c’è stato chi ha protestato contro l’arrivo dei profughi alla Caserma Montello e stamattina chi ha accolto e fatto festa per loro», ha notato.
«Il flusso migratorio è mondiale e durerà qualche decennio – ha rilevato l’Arcivescovo -: dobbiamo abituarci a questa dialettica, cercando di superarla e invitando tutti a darsi le ragioni reciproche in modo tale che le motivazioni autentiche – non i pretesti e i pregiudizi – aiutino chi la pensa diversamente a maturare la sua scelta, così che si giunga a una unità di visioni. L’accoglienza è un processo che va governato». «Il nostro popolo generalmente non è razzista – ha precisato -, accoglie e si dà molto da fare. La società civile sta facendo la sua parte con le scuole, i quartieri, le parrocchie, con l’aiuto spontaneo e reciproco».
Scola ha però evidenziato «un problema politico drammatico. L’Italia sull’immigrazione è stata abbandonata dall’Europa: questa scelta grave pone un interrogativo sull’Europa stessa: è vitale o è morente? Noi dobbiamo essere cittadini europei energici, comprendendo come queste persone che arrivano – in larga maggioranza giovani – si fonderanno con i nostri popoli e daranno vita alla nuova Europa. Conviene accoglierli».