Celebrazione eucaristica in Duomo nel centenario della prima apparizione. Il Cardinale: «Un messaggio sempre attuale che deve spingerci a giocarci in prima persona»
di Annamaria
BRACCINI
La scelta di tre umili fanciulli pastori in un angolo sconosciuto del pianeta per chiamare l’intero mondo alla conversione e alla fede. Non è sproporzione, è il metodo di Dio che non «finisce di stupirci anche in un tempo sofisticato come il nostro, metodo per la vita di oggi: preferire i poveri e i piccoli per mostrare a tutti la Sua misericordia».
A cento anni esatti dalla prima apparizione, in un Duomo che non riesce a contenere le migliaia di fedeli che si assiepano ovunque tra le navate, il cardinale Scola fa memoria delle visioni della Madonna a Fatima, quelle «che portano con sé il marchio inconfondibile della condotta di Dio». Sull’altare maggiore, dalla mattina, è esposta alla devozione senza sosta della gente, l’effigie della Madonna che sembra vegliare sulla Celebrazione eucaristica presieduta dall’Arcivescovo, concelebrata dai Canonici del Capitolo metropolitano, da alcuni Ausiliari e da più di 50 sacerdoti tra cui l’assistente spirituale nazionale dell’Apostolato mondiale di Fatima, don Vittorio De Paoli. Nelle prime file ci sono i ragazzi della “Comunità Cenacolo”, i malati della Comunità di Fratel Ettore e le autorità tra cui la vicesindaco Anna Scavuzzo e il presidente del Consiglio Regionale, Raffaele Cattaneo.
Dalla «figliolanza decisiva della nostra vita ed eterna, che Gesù ci ha donato assumendo la nostra stessa carne e donando la sua vita sul legno della Croce perché e noi la scoprissimo», si avvia l’omelia. «Attraverso l’elezione dei pastorelli, il Signore ha mostrato ancora una volta “che Dio non fa preferenze di persone, è il Signore di tutti”. In questo modo, i veggenti di Fatima ci educano a riconoscere che dal Vangelo è veramente bandita ogni forma di esclusione. La recente visita del Papa alla nostra Chiesa ce ne ha dato impressionante testimonianza. E questo, non possiamo negarlo, per ciascuno di noi è un forte richiamo alla nostra conversione. Papa Francesco ce lo richiama senza sosta: “Gesù ci insegna che nessuno è escluso dalla salvezza di Dio, anzi, che Dio preferisce partire dalla periferia, dagli ultimi, per raggiungere tutti. Ci insegna così un metodo, il suo metodo, che però esprime il contenuto, cioè la misericordia del Padre”».
Coma a dire: lo stupore che «riempì lo sguardo innocente dei pastorelli di Fatima», nell’accogliere le apparizioni con l’innocenza tipica dei piccoli «che è unione della meraviglia e serietà», deve essere anche il nostro sguardo di uomini e donne tesi alla conversione del cuore.
«Conversione è la parola chiave del messaggio sempre attuale di Fatima. Il triplice invito – “Penitenza, penitenza, penitenza” – che cosa è se non la eco dell’invito di Gesù alla conversione? Oggi più che mai ne avvertiamo la drammatica urgenza», scandisce il Cardinale.
Soprattutto di fronte «al tragico succedersi di guerre e violenze che ha insanguinato il ventesimo secolo e che si protrae, purtroppo, in questi primi decenni del nuovo millennio provocando una moltitudine di martiri, di uomini delle religioni e di buona volontà al punto che, per il sangue versato dai cristiani, gli ultimi cent’anni non sono paragonabili con nessun altro periodo della storia della Chiesa, anche se, forse, non c’è ne rendiamo ancora conto».
Cita, Scola, l’allora cardinale Ratzinger che, quale Prefetto della Congregazione della Fede, scriveva: “Con il suo accorato invito alla conversione, il messaggio di Fatima sottolinea l’importanza della libertà dell’uomo”. Proprio perché il futuro non è affatto determinato e immobile e i bambini non videro, allora, un film che non si può più cambiare o qualcosa di immutabile. «La visione dei bambini avviene, in realtà, solo per richiamare la libertà e volgerla in una direzione positiva».
Da qui, la consegna che il Cardinale lascia a tutti: «Celebrare il centenario di Fatima domanda l’atto libero di rimettersi in gioco. Ognuno di noi decida di assumere il dono ricevuto per pura misericordia e lo faccia fruttare».
Come farlo, lo mostra appunto la Madonna. «Il cuore aperto a Dio, purificato dalla contemplazione di Dio è più forte dei fucili e delle armi di ogni specie. Il fiat di Maria, la parola del suo cuore, ha cambiato la storia del mondo. Certo, il maligno ha potere in questo mondo, lo vediamo e lo sperimentiamo continuamente fino nelle tentazioni che infangano il nostro vivere e agire, ma da quando Dio stesso ha un cuore umano, il male non ha più l’ultima parola».
La scelta e la sfida è «scegliere di nuovo il Signore», riprendendo con fedeltà la pratica della preghiera del santo rosario, «magari spegnendo 10 minuti la televisione in famiglia o invitando qualcuno. È il gesto più semplice, alla portata di tutti, perché la nostra libertà decida di nuovo per Cristo, per il bene. Preghiamo per il Papa e per la Chiesa, preghiamo per i cristiani perseguitati e per la conversione di tutti. Che la preghiera sia l’espressione più vera e continua del nostro cuore. Con la stessa fiducia dei bambini di Fatima verso Maria, preghiamo con le parole pronunciate a Fatima dal Santo Padre: “Che la tua Madre mi prenda in braccio, mi copra con il suo mantello e mi collochi accanto al Cuore di suo figlio”.
A conclusione, prima della Benedizione solenne e della preghiera silenziosa dell’Arcivescovo davanti alla statua, è don De Paoli a dare voce alla commozione condivisa: «Commuove un segno così piccolo in un Duomo così grande. Come uomini non possiamo aggiungere nemmeno un giorno alla vita, ma possiamo dare vita ai giorni se ci fidiamo del Signore, come fece la mamma di Gesù. In questo tempo e in questa Cattedrale Maria ci supplica di essere Chiesa maternamente tenera e accogliente».