Visita pastorale a Missaglia per il Decanato locale e quello di Oggiono. Ai moltissimi laici e sacerdoti presenti l’Arcivescovo ha indicato la necessità di «comunicare a tutta la famiglia umana la bellezza di seguire Cristo»

di Annamaria BRACCINI

visita pastorale besozzo

«Noi siamo una comunità di fratelli e sorelle perché abbiamo in comune l’esistenza di Gesù di Nazareth, vero Dio e vero uomo». Dice così il cardinale Scola, aprendo la sua trentunesima Visita pastorale feriale presso l’oratorio di San Vittore a Missaglia, per il Decanato locale e quello di Oggiono: nel complesso 35 parrocchie per 84 mila abitanti. Accanto all’Arcivescovo ci sono il vicario di Zona III (Lecco) monsignor Maurizio Rolla, i due decani don Giuseppe Scattolin (Missaglia) e don Maurizio Mottadelli (Oggiono), e don Albino Mandelli, che fa gli onori di casa richiamando la tradizione cristiana di queste terre e l’antichità della Collegiata prepositurale di San Vittore. 

«Questa è un’assemblea a modello dell’Eucaristia che, iniziando da un atteggiamento di confessione, ci dispone all’ascolto della Parola di Dio e tra noi», spiega ancora l’Arcivescovo, che definisce questo ascolto «di fecondazione». Un atteggiamento importante che permette di formulare anche critiche appropriate, costruttive: «Non siamo figli di un libro, ma di un Dio incarnato e vivo, morto e risorto per noi. Se non entriamo in questa logica, il nostro ritrovarci scade: mettiamo così l’organizzazione davanti alla vita, mentre la vita viene solo dalla vita». Poi, il terzo momento di questo stile cristiano: «Lasciarsi incorporare a Gesù, come avviene appunto nell’Eucaristia».

Un’altra parola preliminare è dedicata alla natura della Visita pastorale che, «articolata in tre passi, si deve inserire con naturalezza nel ritmo normale delle parrocchie, dei Decanati, delle Zone». Infine, prima del dialogo con i fedeli, l’identificazione dello scopo della Visita stessa: «Superare la frattura tra la fede e la vita, indicata già nel 1934 da un giovane Montini e da lui ripresa, come Papa, nell’Esortazione apostolica Evangelii Nuntiandi». Un divario ormai divenuto fossato – suggerisce Scola – «per cui anche il nucleo solido di persone che partecipano all’Eucaristia domenicale, seppure con maggiore consapevolezza rispetto al passato, e le tantissime associazioni e gruppi che ci sono tra noi, usciti dalle chiese, usano solo le categorie del mondo, quelle dominanti nei mass media». Da qui l’obiettivo dell’educarsi al pensiero di Cristo, titolo della Lettera pastorale 2015-2017 e modo per restringere «la frattura fede/vita».

Sulla famiglia – «Come aiutarla a riscoprire la preghiera e a essere luce del mondo?» – e la fede «da riconoscere nel quotidiano», si avvia il confronto col Cardinale, che subito rileva: «Se il gesto eucaristico non ci accompagna in ogni dimensione dell’esistenza, rischiamo di vivere solo di tradizioni, pur importanti, ma da sperimentare in modo tale che cambino l’io e parlino ai nostri fratelli. Ma è così? Se non ci poniamo questa domanda sviliamo, noi per primi, tali tradizioni. Allora si capisce perché non riusciamo a comunicare la bellezza, la bontà e la convenienza di seguire Cristo che è via alla verità è alla vita. Non si tratta di essere perfetti, impeccabili – perché il perdono di Dio è sempre possibile -, ma di dire che seguire Cristo rende la vita più piena. Infatti, di cosa parla l’uomo contemporaneo, se non di libertà e di felicità? Appunto ciò che ci insegna il Signore». Per questo «dobbiamo avere il volto di Gesù che, come ci ha detto il Papa, è il volto della Misericordia. In questo, il ruolo della famiglia, come soggetto di evangelizzazione, è di fondamentale rilevanza, laddove essere “soggetto”, e non solo oggetto di cura, significa portare l’annuncio e la proposta del Signore a tutta la famiglia umana. Chiedo di incontrarsi tra famiglie – sono importantissimi i Gruppi familiari – con semplicità, magari per un’ora nelle case, partendo dal bisogno, in modo da abituarci al pensiero e ai sentimenti di Cristo». Insomma, la sfida è sempre quella, anche nel contesto familiare e sociale: «Non cedere al pensiero negativo, alla depressione, in un’epoca come l’attuale, difficile, ma affascinante».

Il dialogo prosegue con altri interrogativi sulla diminuzione della partecipazione alla Messa, sulla scuola e il lavoro educativo. «Molti dei nostri fratelli sono lontani da una visione antropologica cristiana che è coerente con l’umano. Il cristianesimo non è qualcosa in più rispetto all’umano, ma ha la pretesa di compierlo in pienezza. In questo tempo, che non è un’epoca di cambiamenti, ma un cambiamento di epoca, non possiamo ritirarci sotto i nostri campanili, perché i processi, come si vede bene con la migrazione, accadono e si tratta di governarli».

Il pensiero non può che andare alle difficoltà del presente anche ecclesiale: «Bisogna “uscire” verso le periferie, verso ciascuno, altrimenti diventiamo malinconici perché i numeri diminuiscono. Tanto che, per consolarci, abbiamo inventato la categoria dei “lontani”, mentre non esiste nessuno che sia lontano dall’esperienza quotidiana di ogni donna e uomo nelle gioie e nel dolore, nell’educazione dei figli, nel lavoro e nel riposo, nell’edificazione della giustizia. Questo è anche il modo di affrontare l’iniziazione cristiana, che non va ridotta unicamente al lavoro delle catechiste o dei catechisti, ma deve coinvolgere tutti coloro che hanno a che fare con i ragazzi. Questa è la Comunità educante che promuove l’unità tra gli adulti e nei giovani. Dobbiamo essere liberi dall’esito e puntare, in ogni campo, all’unità della proposta». In una parola, «la missione non è una strategia».

In conclusione è don Mottadelli che si rivolge direttamente al Cardinale: «Come dice Messa? Riesce a trovare il tempo per pregare, si confessa? Come possiamo vivere una testimonianza che ci aiuti a crescere come preti facendo capire alla gente che la fede aiuta la vita e non la sminuisce?». «La Messa, nella sua semplicità, è il dono grande di Gesù e ti prende dentro, va praticata regolarmente e così anche il Sacramento della Confermazione – risponde Scola -. Nei momenti di fatica prendete in mano il Crocifisso, guardate quell’uomo che, inchiodato sulla croce, ha trasformato le sue braccia distese in un abbraccio che accoglie tutti. La Trinità è una casa di porte aperte e l’Eucaristia è l’anticipazione della Vita eterna. Questa è la vera domanda: Dio e tra noi o no? Crederci fa la differenza. Personalmente sono molto contento della mia vita, anche se, come diceva il cardinale Schuster, “fare l’Arcivescovo di Milano è un mestieraccio” che costa fatica. Ma il Signore ricompensa in un modo meraviglioso».

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