Il cardinale Scola ha presieduto nella Basilica milanese di San Lorenzo il Rito di consacrazione di Rossella Guaragni, nuova Ordo Virginum. Ai molti fedeli presenti, l’Arcivescovo ha ricordato il l’importanza della riproposizione di questa antichissima, eppure nuova, forma di consacrazione voluta dal Concilio
di Annamaria BRACCINI
“Un partire senza partire” che realizza in modo attualissimo e, insieme, antico, la comunione esplicitandone la radice e il fine: Cristo trinitario.
È questo ciò che esprime il «segno potente» della consacrazione nell’“Ordo Virginum”.
A dirlo è il cardinale Scola che, nella splendida e suggestiva basilica di San Lorenzo, presiede il Rito, appunto, di consacrazione di Rossella Guaragni – quarantacinquenne, con un impiego in banca e un’intensa attività educativa svolta nella parrocchia milanese di Beata Vergine Addolorata in San Siro – nuova “Ordo Virginum” della Chiesa ambrosiana, dopo aver percorso il cammino durato sei anni.
«Anche oggi, in un mondo tanto segnato dalla violenza, Dio continua a far sentire irresistibilmente la sua voce e attira non poche donne. È un forte segno di speranza di fronte alle nostre comunità, agli uomini e alle donne del nostro tempo», sottolinea, in apertura, il delegato arcivescovile dell’ “Ordo”, don Davide Milanesi, cui sono accanto altri dieci sacerdoti, tra cui il vicario episcopale di Zona I-Milano, monsignor Carlo Faccendini e monsignor Gianni Zappa, parroco di San Lorenzo e prefetto della Prefettura “Milano centro”. Molti i fedeli presenti, gli amici e i parenti: non manca, naturalmente, la folta rappresentanza delle consacrate, parte del centinaio di “Ordo Virginum” impegnate nella chiesa di Milano.
Direttamente alla candidata si rivolge, nell’omelia, l’Arcivescovo: «Anche tu, Rossella, con questo Rito solenne consacri oggi pubblicamente e con giudizio misurato, tutta la vita a Dio. La liturgia che si radica in secoli antichi dice che ti stai unendo in nozze mistiche a Cristo per dedicarti al servizio della Chiesa. Tale porsi a servizio al popolo santo di Dio è il frutto di ogni vocazione della Chiesa».
«Come testimonia la vostra presenza – vedo con piacere che ci sono non pochi giovani -, la scelta di Rossella è un segno potente per noi tutti», nota ancora il Cardinale che richiama l’importanza della riproposizione di questa antichissima, eppure nuova, forma di consacrazione voluta dal Concilio. Forma «a cui dobbiamo il ripensamento stesso del contenuto della vocazione alla verginità che la radica nella Trinità e che la conduce ad investire la scelta in prima persona nei termini di una consapevolezza su cosa possa realizzare pienamente la dimensione affettiva qualunque sia lo stato di vita al quale si è chiamati». Dunque, un vivere la verginità in chiave sponsale capace «di far fruttificare l’amore di Gesù e che rappresenta un modo assai attuale, concreto ed incisivo di proporre la sostanza del cristianesimo perché lega l’esperienza affettiva al compimento e alla felicità nello stesso tempo in cui spalanca la dimensione di questa stessa felicità all’oggettiva possibilità di amare l’altro lasciandolo essere nella sua differenza».
Chiaro il riferimento al concetto e alla pratica della comunione «sulla quale, purtroppo, esiste molto equivoco anche tra le persone consacrate e persino tra il presbiterio», osserva Scola. «Si parla oggi tanto di relazione ma non si arriva al suo contenuto: la comunione non è la relazione, passa attraverso essa, perché Dio trinitario ci dice, passo dopo passo, il cammino di bellezza con cui ci accompagna. Non vi è comunione se non in Cristo e con la partecipazione al disegno profondo della Trinità. Questa comunione non è possibile se non si esplicita la sua sorgente, la sua radice e il suo fine».
Da qui la rilevanza dell’“Ordo” che essendo “un partire senza partire” realizza, come altre consacrazioni laicali, tale comunione stando dentro la concretezza della realtà. Se la relazione è solo un mezzo, mentre la pratica della comunione, teologicamente riferita a Dio, deve essere estesa a un noi, «il messaggio che scaturisce da questa chiamata riguarda tutti i fedeli, gli sposi cristiani e ogni stato di vita. Infatti l’amore tra gli sposi aiuta a comprendere il valore dell’amore virginale e quest’ ultimo spiega il valore profondo del matrimonio, in una circolarità degli stati di vita come ricorda lo splendido insegnamento magisteriale della “Christifideles laici”».
Questo vuol dire fare spazio nella nostra vita a Cristo in cui siamo uniti e anche se non si può vivere una relazione aperta a 360° senza conflitti e difficoltà, occorre accogliere comunque l’altro con carità. «La più bella definizione dell’amore virginale è il possesso nel distacco che anticipa la via del “per sempre”, dell’eternità, quando saremo sempre con Cristo. Perché questa pienezza affettiva di realizzi bisogna lasciarsi prendere a servizio, attraverso la nostra Chiesa ambrosiana, di tutti. Guardiamo alla Madonna e ai Santi per camminare lungo la via della verità e della vita».
Poi, i momenti dell’intensa liturgia della consacrazione, con il “Sì, lo voglio”, le Litanie dei Santi, il rinnovo del proposito di castità, la preghiera di consacrazione, la consegna dell’anello, – che esprime l’unione sponsale con Cristo – e del Libro della liturgia delle Ore.
«Le grandi opere del Magnificat – che l’ormai consacrata Rossella canta ai piedi dell’altare, con in mano la simbolica fiammella – si ripetono sempre», conclude l’Arcivescovo. «Abbiamo vissuto ora una delle grandi opere di Dio per la quale esprimiamo la nostra gratitudine. È abbastanza impressionante la liturgia di oggi che ci ricorda non solo che Dio è amore, ma che l’amore è per sempre. Per questo, nella confusione attuale, abbiamo bisogno di testimoni. Bisogna imparare ad amare, lo dico soprattutto ai giovani: bisogna educarsi pazientemente ad amare nell’amore sponsale e virginale, nella vita di comunità aperta. Questo è un atteggiamento fondamentale per l’annuncio cristiano nelle nostra società».