Il Cardinale ha presieduto la Celebrazione eucaristica all’aperto in piazza Santa Maria per festeggiare i 500 anni di fondazione del Santuario

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di Annamaria BRACCINI

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La Madonna che difende la città e la sua gente, Maria alla quale Busto Arsizio si affida da mezzo millennio, pregando e coltivando la devozione nel bellissimo e artistico Santuario cinquecentesco di Santa Maria di Piazza in cui, tra capolavori di assoluto pregio di importanti maestri del Rinascimento lombardo, domina la statua della Madonna dell’Aiuto risalente al 1602.
Effigie lignea che, in una copia identica all’originale, pare vegliare a lato dell’altare allestito nella piazza antistonte il Santuario in cui Cardinale arriva, tra centinaia e centinaia di fedeli, per festeggiare il 500 anni dell’amato luogo di culto.
Prima di giungere nel cuore di Busto, però, una breve sosta per una benedizione importante, anch’essa molto significativa. L’Arcivescovo, infatti, presenti le autorità locali, tra cui il sindaco Antonelli, benedice una stele della Madonna dell’Aiuto, che ritorna al suo posto originario dopo la costruzione dei ponti sul Sempione. Nei cinque punti di ingresso a Busto, infatti, sono presenti ben cinque diverse steli della Madonna dell’Aiuto e, secondo la tradizione, chiunque entrasse in città si fermava alla stele per dire una preghiera.
Poi, l’Arcivescovo cammina, fermato spesso dai bustesi, per il breve tratto che separa la prepositurale di San Giovanni Battista dal Santuario dove si inginocchia davanti alla statua della Vergine.
In riferimento anche a questi gesti, il saluto del decano e prevosto, monsignor Severino Pagani, richiama, appunto, il senso della profonda storia di fede.
«Pietra su pietra si è costruita la nostra vita, la speranza e la fede. La storia di Busto è fatta di arte e lavoro che si è sempre unificata nella fede. La Madonna dell’Aiuto ha protetto questa città e l’ha salvata da ogni peste che contamina l’umano, Ella ha ascoltato per secoli le preghiere e le suppliche di questo popolo laborioso e fecondo. Eminenza, lei ci fa gustare la bellezza della Chiesa e qui oggi si compie in pienezza la Visita pastorale. Ci tenga nel cuore, preghi per noi e ci riconduca a Gesù, la méta ultima del nostro futuro, unico necessario della nostra vita»

L’omelia del Cardinale

Di gratitudine commossa per la scelta di dilatare idealmente le mura del Santuario alla piazza (dove la Celebrazione si svolge) «come se diventasse una Cattedrale all’aperto», parla l’Arcivescovo che presiede il Rito concelebrato dai sacerdoti della città. «È giusto che noi rendiamo grazie alla Madonna dell’Aiuto perché la storia di Busto è impastata di questa presenza».
Il pensiero è per la nostra Chiesa locale nel suo complesso: «L’espressione più bella della natura ambrosiana della nostra Chiesa è testimoniata dalla figura di Ambrogio che fu, prima, un’autorità civile e religiosa, poi. Da lui è venuto il senso del quotidiano, dell’incarnazione, perché abbiamo nel nostro DNA il senso che Cristo centra con tutti gli aspetti della vita: con gli affetti, la famiglia, l’educazione dei figli, con il lavoro, in profondissima trasformazione come voi provate sulla vostra pelle. Vorrei dire che questo è un carattere specifico della nostra Chiesa per cui potremmo chiamarla “Chiesa dell’incarnazione”. Siamo qui a venerare la Madonna dell’Aiuto che vi ha protetto fin dai tempi della peste perché Lei è il punto sorgente di tale incarnazione, prendendo Gesù figura umana dal suo grembo».
Dalla realtà diocesana, Scola passa a riflettere sulla grande Chiesa universale. «Troppo di rado ci ricordiamo che in questa domenica, come nelle altre, in ogni Continente e parte del mondo, noi cattolici ci riuniamo per l’Eucaristia, per vivere la presenza reale di Cristo in mezzo a noi e per imparare a seguire la sua strada. È Maria che ci accompagna nel fare questo. Chi di noi non sente, ogni giorno, l’urgenza e il bisogno di una compagnia che aiuti, ci faccia evitare il male e scegliere il bene nell’affrontare il quotidiano, quando le fragilità sembrano prevalere e fatichiamo a chiedere perdono?».
«Maria è realmente una madre limpida, umile e buona che non ci nega mai il suo abbraccio e chiede alla nostra libertà penitenza e conversione come indica il messaggio di Fatima».
Il riferimento è al Vangelo con quella domanda «che l’uomo contemporaneo ha nel cuore»: “Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi e non al mondo?”.
«Quante volte pensiamo se non sarebbe stato più facile mostrarsi come il vero figlio di Dio a tutti, come sarà alla fine dei tempi. Ma Gesù – avverte l’Arcivescovo – non offre mai una risposta piatta e banale. Il motivo è che ognuno deve giocare la sua vita e libertà con Lui. Ecco perché la redenzione aspetta l’iniziativa della nostra libertà, e ciò determina un’azione che esprime la mentalità e i sentimenti di Gesù».
L’invito è a scendere in campo, non a caso «parrocchia vuole dire la chiesa tra le case».
«Il Signore non esclude nessuno: per questo la Chiesa è veramente cattolica, universale». Con una tale capacità ampia di osservazione, occorre interpretare il presente, suggerisce il Cardinale. «Il grande travaglio che stiamo vivendo a livello culturale e sociale, di visione dell’uomo, a livello di mescolamento tra i popoli chiede di saper affrontare il presente con un abbraccio critico e consapevole per affrontarlo».
«Iniziate la giornata con un Segno di croce, che richiama la Trinità e il sacrificio assoluto di Cristo, e chiudetela dicendo un’Ave Maria. Ricordiamoci che noi non escludiamo nessuno perché abbiamo una notizia formidabile da dare. Nell’abbraccio di Maria che ci tiene e che fa eco a quello con cui accolse Gesù dalla croce, torniamo a recitare il Rosario»
E, a conclusione, dopo la comunione portata a ciascuno dei malati dal Cardinale e la recita della preghiera di affidamento alla Madonna dell’Aiuto, ancora qualche raccomandazione: «A partire dai bisogni e dalla fatiche siamo richiamati a rinnovare la nostra convinzione e a comunicarla, questa è la conversione e la nuova evangelizzazione. Sentiamo tutti il bisogno di un rinnovamento dello stile di vita ecclesiale, con uno spirito di unità forte sulle verità della nostra fede. Vogliamo contribuire promuovendo vita buona, in un mondo dove dobbiamo vivere insieme, al di là delle diverse visioni. Da qui nasce anche l’importanza di un rinnovamento anche della vita civile e politica, della ricerca di un equilibrio nella finanza e nel mondo economico, nell’accoglienza, che deve essere magnanima ed equilibrata, per superare i fondamentalismi che diventano spesso terrorismo. Il rinnovamento personale, comunitario e civile deve diventare un contenuto umile ma decisivo dell’azione».

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