Ad Arese grande festa per i sessant'anni del Centro salesiano "San Domenico Savio". Dopo la Celebrazione eucaristica, presieduta nella chiesa di Maria Aiuto dei Cristiani, il Cardinale si è recato a piedi con i religiosi, il sindaco, le autorità e la gente al Centro dove ha inaugurato il nuovo teatro
di Annamaria BRACCINI
Quasi a rendere evidente e palpabile la straordinaria e attualissima passione educativa di don Bosco, l’ariosa chiesa di Maria Aiuto dei Cristiani, facente parte della Comunità pastorale di Arese, si affolla di fedeli, di ragazzi e di sacerdoti e di educatori salesiani.
È la grande festa per i sessant’anni di istituzione del Centro San Domenico Savio di Arese, che ha al suo cuore la Celebrazione eucaristica presieduta dal cardinale Scola. Accanto all’Arcivescovo ci sono una ventina di preti tra cui don Francesco Cereda, vicario del rettore maggiore dei Salesiani, don Angel Fernandez Artime, il direttore del Centro, don Sandro Ticozzi e il decano del Decanato Bollate, don Maurizio Pessina.
«A nome dell’Ispettoriaa lombarda-emiliana della Congregazione e di tutti coloro che operano nel territorio», porge il saluto don Cereda, che aggiunge: «Sessant’anni fa fu il beato Montini a convincere i Salesiani a prendere la guida del Centro per mostrare a coloro che hanno avuto meno dalla vita il metodo educativo di don Bosco. Dalle celle che rinchiudevano più di di 220 giovani nel 1955 nella prima Casa intitolata a San Domenico Savio, si è arrivati ai 740 ragazzi che frequentano oggi la formazione professionale e alle tre Comunità-alloggio accreditate dove vivono 28 giovani seguiti da educatori, cui va aggiunto un servizio educativo diurno e la scuola media».
La gratitudine, nelle parole dell’Arcivescovo, «è per la varia realtà salesiana che da sessant’anni opera in questo contesto e che mi permette di vivere con voi il momento di partecipazione all’opera per eccellenza della storia, la salvezza venuta da Gesù».
Il dono di don Bosco documenta, anche in questo nostro tempo, la sua grandissima attualità. Lodo la quantità di opere che sono nate intorno al Centro originario, espressione della grande passione educativa di don Bosco che voi continuate a trasmettere con impegno, carità e intelligenza, ossia con ciò che tutte le volte, nella storia della Chiesa, ha prodotto creatività».
Il pensiero è per la scuola professionale: «Sono particolarmente contento del suo lavoro», spiega Scola. «Sappiamo che la tragedia della scuola italiana è di avere ignorato questa forma di educazione. Siamo un Paese di dottori, spesso inefficaci. La vostra scuola rappresenta, invece, una speranza e una strada per la rinascita delle scuole professionali in Italia e sono sicuro che tutti i ragazzi qui apprezzano questo avviamento al lavoro che potrà forse sconfiggere la tragedia della disoccupazione che attanaglia tutta l’Europa».
Dall’ascolto parola di Dio, nella Festa dei Santi Arcangeli, nasce un’indicazione e l’auspicio che l’Arcivescovo lascia all’Assemblea.
«La liturgia di oggi in onore di san Michele, nella lettura dell’Apocalissse, ci parla dell’eterna lotta tra il bene e il male, che prevede lo scontro tra l’Agnello che ha dato la sua vita per noi e il principe del male.
Il Signore alla fine vince, ma chiediamoci se noi viviamo nel quotidiano la coscienza di esssre parte di questa famiglia abbracciata dalla Misericordia di Cristo Uin modo che si possano vivere le vicende tragiche del mondo e le nostre prove personali sempre sostenuti dalla speranza, soprattutto nella proposta educativa così necessaria al nostro tempo. Per questo dobbiamo portare la eco di un grande educatore, dell’eccellenza che fu don Bosco che spalancò i giovani alla speranza».
Il riferimento è all’attualità. «I cristiani non vivono di lamento per i tempi, si rendono conto delle contraddizioni della storia, dei terribili esiti della guerra, dello sfruttamento, così come delle grandi possibilità che il presente apre ai nostri giovani. Vogliamo stare a diretto contatto con Dio perché il bene, come la pianta che rifiorisce a primavera, possa sempre di nuovo germogliare. Ma ciò implica una richiesta di cambiamento perchè se non cambiamo noi per primi qui e subito, il cosiddetto sistema non cambierà. Questa è la richiesta che rivolgiamo a Maria Ausiliatrice e a don Bosco: cambiare. Il futuro sarà così di vittoria, una vittoria non a facile mercato, perché la fede non lo è. A facile mercato sono gli idoli del nostro tempo, ma hanno gambe e non camminano, hanno occhi e non vedono, hanno orecchie e non sentono, mentre noi vogliamo vivere a pieno, vogliamo essre uomini e donne compiuti. La passione educativa di don Bosco sia comunicata a tutti, perché oggi è il senso del vivere, del cammino, che manca».
Poi – dopo un piccolo “fuoriprogramma” con una donna anziana che invita a pregare per l’angelo custode del Cardinale (è lui stesso che la invita a venire verso l’altare maggiore e le si avvicina con affetto) – si va, tutti insieme, a piedi, al Centro. Ci sono la banda, i Gonfaloni, la sindaco e le Autorità. Arrivati, tra tanta gente davanti al nuovo teatro, il Cardinale, i responsabili salesiani e il Primo cittadino – che porta il saluto del prefetto di Milano, Marangoni- tagliano il nastro inagurale con le stesse forbici utilizzate sessant’anni fa dall’arcivescovo Montini.