Per l’inaugurazione dell’anno accademico l'Arcivescovo ha presieduto la celebrazione nella Basilica di Sant'Ambrogio e ha portato il suo saluto (in allegato) alla cerimonia in ateneo, dove il ministro degli Esteri Gentiloni ha tenuto la prolusione
di Annamaria BRACCINI
Si inaugura solennemente il 96° Anno accademico dell’Università Cattolica e, tra innovazione, sfide del domani, difficoltà europee, ruolo della moderna formazione a una cultura integrata, si parla di strumenti, opportunità e nuovi percorsi che coniughino studi e esperienza concreta.
Ma naturalmente, alla base di tutto questo, per l’Ateneo dei cattolici italiani «non può che esservi quel conformarsi a Cristo che dà un senso e una direzione di cammino per ritrovare il volto del Signore. Altrimenti non siamo nulla», dice il cardinale Scola nell’Eucaristia che presiede nella Basilica di Sant’Ambrogio, concelebrata dall’assistente ecclesiastico generale dell’Ateneo, monsignor Claudio Giuliodori, da alcuni Vescovi e Vicari episcopali e dagli Assistenti universitari.
«La domanda, “Dove è Gesù nella mia vita”, è tanto più importante in una Alma Mater che si fregia di essere cattolica e che è nata per dare il suo contributo alla vita della Chiesa e della società… Guai se non trovassimo un fattore unitario nell’esistenza; guai se questo tempo universitario si concentrasse solo sulla pur necessaria ricerca e lo studio, non aiutando la scoperta dell’unità di Dio con la presenza di Cristo». Per questo occorre collaborare tra movimenti, associazioni, gruppi di Ateneo e diverse componenti per realizzare «pluriformità nell’unità», suggerisce Scola, che conclude: «Tenete conto del bene della Chiesa e della società. Ragazzi, vi chiedete, scegliendo la Facoltà, quali sono i bisogni in questo tempo? Inserire in questo orizzonte più ampio la scelta degli studi aiuterebbe a vivere quell’unità dell’io senza la quale la maturazione è impossibile».
Poi, l’inaugurazione solenne nell’Aula magna, con il rettore Franco Anelli che nota l’esposizione internazionale dell’Università, la crescita di ben il 6,8% degli iscritti, la buona integrazione nel mondo del lavoro anche per le lauree triennali: «Il punto è essenziale e non è possibile non sottolinearlo ancora una volta: occorrono spazi di libertà, di responsabile libertà, per dispiegare l’originalità e la creatività. Non sarebbe produttivo levare l’ennesimo sterile lamento sui vincoli che intralciano l’agire delle Università. Occorre piuttosto fare esercizio di creatività. Muoversi entro gli spazi concessi e nel rispetto delle fondamentali garanzie di serietà di ogni percorso didattico per costruire proposte rispondenti ai tempi non solo elaborando corsi nuovi, ma anche promuovendo la collaborazione tra Facoltà e strutture didattiche differenti».
Di sapere come ricerca «realizzata non solo come doveroso scrupolo disciplinare, ma nel quadro di una formazione intera della persona», parla il Cardinale nella sua veste di Presidente dell’Istituto Giuseppe Toniolo di Studi Superiori. L’Università Cattolica deve, senza sosta, «prestare cura al soggetto e alla Communitas di studenti, docenti e di tutti coloro che operano in Università, promuovendo rapporti benevoli, ospitali e collaborativi. Solo l’astrazione in cui spesso ci muoviamo, favorita dalla frammentazione, ci fa dimenticare il cammino dell’accoglienza della verità reso possibile da una comunione concretamente e stabilmente attuata. In secondo luogo, mi sembra necessario – scandisce l’Arcivescovo – che vi sia un’appassionata attenzione al nostro tempo, sostenuta da una visione culturale capace di conoscenza e di valutazione e per questo, in grado di andare oltre il neutralismo dei saperi e lo “specialismo”. È una visione che chiede di nascere dal basso e che deve essere trasversale a tutti. Una simile pratica dell’identità dinamica dell’Università Cattolica educherà tutti all’attitudine a valutare le implicazioni culturali e deontologiche nelle professioni per assumere responsabilità».
Insomma, la Cattolica non può astenersi da un quotidiano, creato dall’interno delle Facoltà, «fatto di occasioni stabili e libere» di costruzione di identità nella «sequela dell’esperienza cristiana non taciuta, seppure spalancata a tutti a 360°, considerando concretamente il Magistero della Chiesa». Il pensiero è a papa Francesco a Milano il 25 marzo prossimo: «Chiedo a tutti voi il massimo coinvolgimento personale e comunitario, perché la visita del Santo Padre sia occasione di conferma e di crescita nella fede e nell’assunzione del compito di costruzione di ambiti di vita buona da condividere con i nostri fratelli uomini».
Infine, la prolusione del ministro degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale Paolo Gentiloni su «Dall’Europa post-Brexit agli Stati Uniti post-voto: Quali sfide per l’Occidente?». Un’analisi approfondita, tra luci e ombre, con la chiara definizione delle responsabilità dell’Europa, «cui ora pare mancare un vero “motore”, nel farsi portatrice delle identità culturali dell’Occidente, specie di fronte alle scelte che potrebbero fare gli Stati Uniti». Anche perché, all’Europa (e all’Italia, fa intendere Gentiloni), seppure nella difficoltà attuale, si guarda ancora molto come a un riferimento».