Il cardinale Scola ha presieduto, nella basilica di sant’Ambrogio, la Celebrazione eucaristica a suffragio delle 118 vittime della sciagura aerea di Linate. A quindici anni esatti dalla tragedia, il ricordo è stato anche un monito a guardare avanti e a impegnarsi, come ha fatto in questi anni la Fondazione “8 Ottobre”
di Annamaria BRACCINI
Sono trascorsi 15 anni, ma il dolore, ancora scritto sui volti di chi ha perso una persona amata e nelle cicatrici dell’unico sopravvissuto alla tragedia di Linate, non diminuisce. Eppure negli anni, grazie alla forza e alla tenacia di chi è rimasto, ha saputo trasformarsi in azione per il bene di tutta la comunità civile.
È questo il messaggio che nasce dagli sguardi e dalla preghiera dei moltissimi che si ritrovano nella basilica di Sant’Ambrogio, nell’anniversario esatto di quella nebbiosa mattina dell’8 ottobre 2001, quando su una delle piste dell’aeroporto di Linate, un McDonnell Douglas MD-87 della Scandinavian Airlines e un Cessna italiano si scontrarono, causando anche un incendio in un locale di smistamento bagagli. Lì appunto sopravvisse, seppure coperto di bruciature, Pasquale Padovano, anch’egli alla Celebrazione di suffragio. All’Eucaristia presieduta dal cardinale Scola e concelebrata, tra gli altri, dal nuovo Cappellano dell’Aereonautica Militare e da quello di Linate, don Fabrizio Martello ci sono, in prima fila, il sindaco di Milano Sala, (anch’egli personalmente colpito dalla sciagura in cui perse un caro amico), quelli di molti altre città e paesi, il vicepresidente della Regione, Fabrizio Sala, e il presidente del Consiglio regionale, Cattaneo, l’ambasciatore di Svezia, responsabili militari e, naturalmente, la presidente Adele Scarani Pesapane e i membri della Fondazione “8 Ottobre. Per non dimenticare”. I tanti Gonfaloni fanno quasi da corona all’altare
«Ricordiamo qui la dolorosissima tragedia che investì la nostra città solo pochi giorni dopo dramma delle Twin Towers», dice l’Arcivescovo. «La Parola di Dio oggi descrive una scena che abbiamo certamente nella memoria, sotto il Crocifisso sono presenti le Marie e il discepolo amato, Giovanni. Notiamo il verbo forte “stabat” che denuncia una modalità di stare dentro il dolore, una presenza sotto la croce straziata, ferma e fedele, salda e inamovibile. Quello che avete fatto voi, in tutti questi anni, per la memoria dei vostri cari tragicamente scomparsi, è della stessa natura: uno stare saldo, ma deciso a non dimenticare e teso a ricostruire. È il modo per vivere al meglio questa prova che non si rimargina».
Dal Vangelo anche un altro dato: «Gesù ha ancora la forza di affidare Maria a Giovanni e quest’ultimo alla madre. Nasce, allora, una nuova parentela, una nuova amicizia, come quella tra voi che vi siete trattati reciprocamente secondo questa stessa relazione di amore, nel vincolo di comunione con i vostri cari, volendo costruire per non dimenticare».
Infine, una terza considerazione: «Cristo non ha fatto discorsi o filosofie, ma ha assunto il dolore e la morte su di sé, svuotandosi della sua divinità e dando la vita nella sua umanità, perché il suo movimento di risurrezione potesse attrarre tutti verso il destino di gloria cui sono stati chiamati, in quel terribile mattino, anche i vostri cari. Questa deve essere una radice vera e piena di consolazione. Pensiamo che in 4 versetti San Paolo (il riferimento è alla II Lettera ai Corinzi appena proclamata) ripete 8 volte la parola “consolazione”, ossia un sollevare coloro che hanno il cuore ferito dentro la compagnia che ci strappa alla solitudine nel quale, molte volte, il dolore subito sembra costringerci. Questa è la strada dell’edificazione ecclesiale e, con le debite distanze, sociale. In questo senso, il Comitato è un grande segno per tutta la città, non solo per le terre ambrosiane e per le realtà europee che sono state provate da quel disastro. Continuate in questa direzione, fate memoria non guardando al passato, ma al futuro, condividendo il bisogno di chi è più provato e sapendo che dall’altra riva ci aspettano i nostri trapassati. Anche se la ferita non si rimargina, la pace è possibile, se ci impegniamo a edificare, con amore, la vita delle realtà ecclesiali e civili che in Europa sono in un particolare e gravoso stato di affaticamento. Alla Madonna affidiamo il nostro dolore e l’impegno responsabile. I nostri cari ci aspettano. Vogliamo camminare nella pace verso il luogo delle nuove relazioni piene e consapevoli che è il Paradiso. Tendiamo a ciò per il bene nostro e di tutti».
Poi, il momento particolarmente toccate della lettura, a uno a uno, dei nomi dei morti – inizia il sindaco Sala, ma ci sono anche l’ambasciatore di Svezia, parenti, responsabili di Sas – e dell’Offertorio, quando a portare i doni all’altare sono i più piccoli, i nipotini chi non c’è più.
A nome di ciascuno parla la presidente Pesapane. «Come dice il Libro del Qoèlet, per tutto c’è un tempo. Per noi oggi, uniti, è il tempo della memoria, ma è anche il tempo della gratitudine. Il nostro è un dolore sconfinato e inconsolabile che ha saputo trasformarsi in nuova energia con un’azione concreta perché questa tragedia, che poteva essere evitata, non si ripeta. Un monito per agire con rettitudine nel richiamo del rispetto delle regole del trasporto aereo. Il nostro cuore sa guardare avanti, ai nipotini che hanno portato i doni. Lavoriamo per loro che sono il futuro. Le difficoltà iniziali, gli intoppi nella ricerca della verità sono un ricordo lontano e il nome della nostra Fondazione è ormai noto anche oltreoceano. Il vero potere, come dice papa Francesco che abbiamo recentemente incontrato, è il servizio».
Infine, vanno via tutti insieme,verso il “Bosco dei Faggi” al parco Forlanini per un ultimo momento di memoria nel giorno dell’8 ottobre.
Certo rimane il turbamento e la tristezza della separazione, ma più grande è la fede.