Il cardinale Scola, nella Solennità di Pentecoste ha presieduto la celebrazione eucaristica nella parrocchia “Immacolata Concezione”, nel decanato Giambellino. Venti le etnie rappresentate, per il rito, vissuto come una grande festa di fede e amicizia in uno dei quartieri più multietnici della città
di Annamaria BRACCINI
“La pace sia con voi”, che il Cardinale pronuncia in più in più lingue, allargando le braccia verso fedeli di tante etnie diverse e introducendo, così, con il saluto iniziale, la Celebrazione eucaristica di Pentecoste, è il segno vivo di una Milano che cambia e di ciò che non che muta mai: la presenza del Signore.
Significativamente nella Solennità di Pentecoste, l’Arcivescovo presiede, infatti, l’Eucaristia nella parrocchia “Immacolata Concezione”, a conclusione della Festa diocesana delle Genti 2015, promossa dal Decanato Giambellino, nel cuore del quartiere omonimo, secondo solo a via Padova per multietnicità, con venti realtà presenti, tra cui, al primo posto per numero, quella dei filippini.
«Questa chiesa che lei ha consacrato tre anni fa, è un piccolo tempio mondiale, dove tanti popoli sono uniti in un unico Dio, un’unica Chiesa e un unico ideale, l’amore verso Dio e l’altro. Oggi, giorno di Pentecoste, vediamo davvero le lingue di fuoco, attraverso le tante lingue di questa Celebrazione», dice il parroco, padre Mario Pesenti, religioso dei Concezionisti, cui è affidata la popolosa comunità parrocchiale.
Concelebrata da una sedici sacerdoti, tra cui il vicario episcopale, monsignor Luca Bressan, il responsabile del Servizio per la Pastorale dei Migranti, don Alberto Vitali e i cappellani delle Cappellanie straniere, la Messa è una festa di colori, di suoni e di canti. I bambini della seconda Comunione e i ragazzi dell’Iniziazione cristiana, presenti in gran numero, sono come una corona che circonda l’altare e l’ingresso del Cardinale, con i chierichetti di tante provenienze differenti, fanno pensare a una Milano grande quanto il mondo. Quel “mondo”, che, pur ascoltando le Letture proclamate in inglese, spagnolo e italiano, prega compatto con una sola voce; quel “mondo”, villaggio globale in miniatura. che Scola ringrazia direttamente per la «progressiva integrazione nella nuova realtà milanese che realizzate».
«Siamo qui di molte nazionalità diverse, per parlare delle grandi opere di Dio. Come i discepoli – richiamati nella prima lettura – oggi accade anche a noi di intendere la stessa lingua e non solo per la velocità dei bimbi nell’apprendere o per il vostro impegno a comprendere ciò che stiamo dicendo, ma per un’altra è più profonda ragione. Il motivo è lo Spirito santo, frutto dell’amore del Padre per il Figlio, del Figlio per il Padre, nesso tra le due prime persone».
Uno Spirito che l’Arcivescovo definisce «Spirito di amore, spirito consolatore, spirito difensore», sottolineando le prove che i migranti sono chiamati ad affrontare.
«Pensiamo a questi ragazzi che stanno iniziando il cammino della vita cristiana, ai più piccoli, alla fatica che fate a inserirvi in una realtà che è accogliente, anche se manifesta tante chiusure. In un tempo difficile, segnato da grandi mutamenti, in un’Europa che pare avere perso il senso vero dell’amore, che sovverte l’ordine dei valori, in un momento in cui non è facile trovare un lavoro, siete chiamati a sradicarvi, senza pur perdere le vostre radici, e a vivere qui. Questa prova è un grande dono per la nostra Milano e l’Europa. Per questo molte volte vi ho detto la mia gratitudine, perché sono fermamente convinto che, attraverso voi, stia nascendo la nuova Milano e la nuova Europa. Ogni mutamento implica un travaglio, ma alla fine questi processi, se si rispetta Dio, sono a fin di bene e per il bene di tutti».
Insomma, la vera lingua che unisce è l’amore, suggerisce ancora l’Arcivescovo: e, allora, l’invito è, specie per i più giovani, a imparare ad amare. Seguendo, in questo, il grande esempio dei martiri cristiani di oggi «chiamati a dare la vita o a lasciare le loro case e Paesi», per i quali, in tutta la Diocesi, oggi si prega. E, poi, il pensiero è per uno dei martiri per eccellenza dei nostri giorni, monsignor Oscar Arnulfo Romero, ucciso sull’altare nel 1980, in queste ore beatificato e che verrà onorato il 31 maggio con una processione mariana promossa dall’intero decanato. «Qui si vede come il dono dell’amore abbia bisogno di poggiare sula giustizia, come ha mostrato Romero che si è speso per i diritti di tutti, specie degli ultimi». Una Pentecoste, lo ricorda il Cardinale, vissuta anche come Giornata Mondiale di preghiera, nell’affidamento a Maria, per la Cina: «Vogliamo sostenere i nostri fratelli cristiani che non senza prove anche in quella terra testimoniano la bellezza e la bontà della fede»., aggiunge.
Infine, il richiamo è per la famiglia, «alla quale,, oggi, nella nostra Diocesi si presta particolare attenzione. Famiglia «come rapporto fedele e aperto alla vita tra un uomo e una donna. L’Europa sta dimenticando questo dato e uno dei motivi per cui siete una ricchezza è anche ricordarci il vero valore della famiglia», conclude Scola, che si rivolge alle molte coppie che gli sono davanti.
Poi, la preghiera dei fedeli – affidata alle Comunità polacca, latino americana, copto-cattolica, srilankese, albanese –, lo scambio della pace ritmato dai canti della Comunità eritrea, la danza all’offertorio, eseguita dalle ragazze dello Sri Lanka nei loro bei costumi nazionali, con alcuni piccoli, anch’essi abbigliati come tradizione de Paesi di origine, che portano al Cardinale semplici doni,
E, infine l’affetto grande e rumoroso che circonda l’Arcivescovo nella festa che, però, dura l’intero pomeriggio con il pranzo conviviale, attento, in questi tempi di Expo, a evidenziare le singole cucine etniche e con la premiazione del Concorso “Immicreando” .
A margine con i giornalisti, le parole del Cardinale tornano sulla questione della famiglia e, dopo il voto in Irlanda che ha sancito il matrimonio tra persone dello stesso sesso, sull’istituto matrimoniale: «Il problema e, anzitutto, capire cosa significa il rispetto della dignità intoccabile di ogni persona. Ma occorre anche comprendere cosa siano, nei loro contenuti concreti e nel loro sviluppo armonico, i diritti fondamentali e cosa, invece, non abbia la fisionomia del diritto. Nessuno vuole togliere diritti ad alcuno, ma si tratta di intendersi sulla differenza tra vari diritti. Voglio solo richiamare questo, ma mi interessa, ancora di più, dire che la famiglia la quale, ingiustamente, viene chiamata tradizionale per svalutarla, porta un valore potentissimo per l’edificazione della società civile: Questa famiglia comunque, ancora, è la scelta che la maggioranza degli uomini e delle donne nella nostra realtà fanno, mentre io non vedo politiche familiari adeguate. Basta pensare al gelo demografico dell’Europa, per sapere dove stiamo andando».