Il Cardinale, nel Duomo gremito, ha conferito l’Ordinazione diaconale a 19 candidati, tra cui 10 appartenenti alla Diocesi di Milano. Lo scopo del diaconato, ha detto l’Arcivescovo, e di «imparare a lasciarsi prendere a servizio». Sabato prossimo i nuovi diaconi transeunti conosceranno le destinazioni dove saranno impegnati nei prossimi anni
di Annamaria BRACCINI
Hanno tra i 24 e i 39 anni, vengono da diverse Zone pastorali della Diocesi e hanno scelto la via del sacerdozio dopo differenti esperienze di studio e lavorative. Sono i 10 Diaconi transeunti diocesani che, con l’Ordinazione conferita per l’Imposizione delle mani e la Preghiera consacratoria del cardinale Scola, iniziano l’ultimo tratto di cammino in vista del Presbiterato.
In Duomo, accanto a loro, ci sono 7 candidati del Pontificio Istituto Missioni Estere, uno della Congregazione Benedettina Olivetana e uno dei Fratelli di Nostra Signora della Misericordia.
Migliaia i fedeli che seguono la solenne Eucaristia, concelebrata dai Vescovi ausiliari – cui si aggiungono il Nunzio apostolico in Niger e Burkina Faso, l’ambrosiano mons. Bertoldi, e un Vescovo Keniota – dai Vicari episcopali, dal Rettore del Seminario, monsignor Di Tolve, dai Superiori e da oltre cento sacerdoti. Tra le mani di tutti, spicca al bella copertina del libretto della Celebrazione che riporta l’immagine scelta dalla Classe, il modernissimo Cristo crocifisso di Nicola Samorì, tratto dal Nuovo Evangeliario Ambrosiano, e il motto dei Candidati, “Con amore che non conosce confini”.
Proprio da queste parole si avvia la riflessione del Cardinale: «I Candidati della nostra Diocesi hanno compiuto, in occasione di questo conferimento sacramentale, una scelta che trovo molto significativa. Hanno tratto il loro motto diaconale dalla Preghiera Eucaristica VI. Soprattutto si sono impegnati scrivendo a tutti i Presbiteri diocesani e al Vescovo. È il segno di una grande consapevolezza nei confronti di un impegno tanto radicale, decisivo e certamente non facile in una società come la nostra. Hanno voluto così comprendere il peso di questa chiamata per loro e per tutta la Chiesa. Non prossimo non gioire anche per la presenza dei Diaconi provenienti da altre realtà».
In riferimento alla Parola di Dio possiamo continuare il lavoro di immedesimazione a questo grande gesto che i Candidati hanno voluto cogliere in profondità, spiega l’Arcivescovo.
«Quelli che cercano Dio sono i fortunati della vita, ma dobbiamo capire cosa ciò significhi. Noi non cerchiamo il Signore come si cerca un ignoto, non sapendo cosa e chi si va cercando. Noi cerchiamo Gesù perché è Colui che è già venuto al nostro incontro, incarnandosi e svolgendo tutta la sua missione in mezzo a noi. Lui per primo si è fatto conoscere e tuttavia è sempre da scoprire finché non lo vedremo faccia a faccia. San Paolo (è stata appena proclamata la Lettera agli Efesini), vuole aiutarci a comprendere che il Signore è il garante e l’autore della salvezza della totalità dell’universo, redentore dell’uomo e della famiglia umana. Quanto siamo lontani, come società civili europee e anglosassoni, dal comprendere questa verità che pure traspare libera nelle Letture e si manifesta nella scelta dei nostri giovani».
Evidente, allora, la necessità di continuare ad educarsi alla mentalità e ai sentimenti di Cristo, come la Chiesa ambrosiana sta facendo anche attraverso lo strumento privilegiato della Visita Pastorale feriale.
«Donarsi a Lui e ai fratelli ha bisogno di un cuore grato e mendicante, come quello che trabocca dalle parole dell’Apostolo, grato di annunciare alle genti le impenetrabili ricchezze di Cristo».
Gratitudine – questa – che attecchisce e si radica nel cuore a partire dalla fede che è «tensione permanente a farsi amare e ad amare in Cristo, riconoscimento che il Signore continua a chinarsi su noi e ci fa vedere quante meraviglie e progetti ha fatto in nostro favore».
Da qui l’augurio agli Ordinandi: «Ogni vostro giorno sia pieno della consapevolezza del dono che sta compiendo in voi lo Spirito di Gesù risorto. Siete ordinati oggi Diaconi per essere inviati a tutto il popolo di Dio senza distinzione alcuna, perché questa è la fisionomia del prete diocesano».
L’invito è a evitare di ritagliarsi piccoli spazi per ciò che appare a ciascuno più confacente e, soprattutto, a non confondere l’esercizio del ministero diaconale transeunte con il ministero presbiterale. «Non anticipate i tempi. Lo scopo del diaconato è quello di imparare a “lasciarvi prendere a servizio”. Per questo non servono grandi progetti, ma l’umile testimonianza che Gesù sta diventando il centro affettivo della vostra vita. Centro da cui scaturisce una proposta convincente di comunità stabile per i ragazzi ed i giovani a cui prevalentemente siete mandati. L’annuncio della Parola di Dio, il servizio all’altare e la pratica della carità caratterizzeranno i diversi compiti che riceverete come diaconi. Ciò domanda la vostra preghiera di intercessione per tutti i fedeli e vi ricordo che siete tenuti alla preghiera della Liturgia delle Ore. Questa preghiera non è un gesto di pietà individuale, ma costituisce parte integrante ed essenziale del vostro ministero».
Chiaro anche l’impegno nel celibato, «la strada concreta che il Signore vi dona perché possiate fare esperienza di che cosa significa amare e amare per sempre. Siete costituiti testimoni autorizzati della fede – in quanto ministri ordinati – perché, come disse Romano Guardini, la Chiesa rinasca dalle anime, ossia dal cuore degli uomini e delle donne del nostro tempo travagliato e drammaticamente affascinate».
Poi, il “Sì, lo voglio”, le Litanie dei Santi, l’Imposizione delle mani, e la Preghiera di Ordinazione, nel silenzio della Cattedrale, la Vestizione degli abiti diaconali, la Consegna del Libro dei Vangeli e
lo scambio della pace con il Cardinale, i sacerdoti, i compagni e i parenti. E prima del lungo applauso finale, dentro e fuori il Duomo, un’ultima consegna dell’Arcivescovo.
«Ridiciamo ancora una volta la nostra gratitudine soprattutto a questi giovani perché, avendo accolto la chiamata, si sono sottoposti a una lunga verifica, secondo una scelta che va certamente controcorrente rispetto alla mentalità di oggi almeno in Europa. La nostra gioia è reale e profonda ed è bene fare festa. Oggi – i Diaconi del Pime sono quasi tutti asiatici – abbiamo avuto anche la grande occasione di spalancarci alla Chiesa universale: ciò ci fa capire quanto il nostro cuore deve essere largo. Dobbiamo andare oltre il nostro campanile per raccogliere l’invito del Papa ad andare verso le periferie esistenziali e geografiche. Preghiamo per i cristiani e tutti coloro che cercano la giustizia essendo sotto la prova della guerra e del terrorismo, in modo speciale la quantità enorme di bambini che stanno perdendo la vita in Siria. Ricordiamoli ogni giorno».