Il Cardinale ha presieduto la Celebrazione eucaristica della VI Domenica dell’Avvento ambrosiano, il “grande portico” che introduce al Natale. «Il Mistero del Dio che si fa carne entra nella nostra vita reale e la salva»
di Annamaria BRACCINI
Nella Domenica, ultima dell’Avvento, nella quale si celebra la Divina Maternità di Maria – la più antica festa mariana della Liturgia ambrosiana –, sono migliaia i fedeli che, in Duomo, partecipano all’Eucaristia presieduta dal cardinale Scola e concelebrata da tre Vescovi e dal Capitolo Metropolitano.
Giorno di gioia, grande portico che introduce al Natale, la VI domenica dell’Avvento ambrosiano, e, soprattutto, Solennità del Signore, perché – ricorda, in apertura dell’omelia, l’Arcivescovo – «protagonista non è la Vergine Madre, ma il Verbo eterno del Padre che si fa carne nel suo grembo. Per questo si chiama Solennità dell’Incarnazione del Signore». Quel Dio vicino, che non ci abbandona mai, capace di condividere in tutto la condizione umana, tranne che nel peccato. «Il riverbero costatabile e visibile della presenza del Signore nella nostra vita è il dono di sé all’altro, così che noi riconosciamo che l’altro è sempre meritevole di bene, per essere stato anch’egli preso da Gesù».
Esattamente il contrario, scandisce Scola, del diffuso atteggiamento di narcisismo «che è la cifra delle nostre società avanzate del Nord del pianeta e che somiglia piuttosto all’autismo spirituale, impedendo quasi del tutto la comunicazione reciproca».
Mentre proprio al Mistero del Verbo che si fa carne, si lega la nuova nascita dell’uomo.
«Riflettiamo su quanto questa nascita sia piena di mistero, di umana tenerezza e illumini l’odierna condizione umana. Essa, infatti, è un potente e radicale giudizio sul gelo demografico che caratterizza il nostro Paese e sul conseguente invecchiamento della popolazione, che non è solo un dato anagrafico. È un giudizio sulla mancanza di speranza, drammatica soprattutto nei giovani. Basti pensare che oltre alle nascite, sono in calo anche i matrimoni».
Eppure proprio dal Natale viene, intera, la speranza: «Sono certo – dice l’Arcivescovo –, che a Natale il ritmo frenetico del nostro tempo distratto da ciò che veramente conta, quasi miracolosamente, si spezza per fare spazio, stupito, a una nascita. In questo senso, il moltiplicarsi delle luminarie non è soltanto un fatto consumistico, ma l’espressione, certo insicura e inconsapevole, della ricerca di questo Dio che si fa piccolo. A tale bene siamo chiamati a dire di sì, come cristiani e come uomini alla ricerca di senso nella vita. Ogni ‘sì’ pieno a Dio dà origine a una storia nuova: è un fatto veramente “originale”, è origine di novità, mentre non è così per il peccato che ci rende più vecchi».
Insomma, con il Natale, il Signore entra nella nostra vita reale e la salva, suggerisce ancora il Cardinale in riferimento allo stile cristiano lieto, espresso da Paolo nella Lettera ai Filippesi: «Questo dobbiamo poterlo verificare anche nel nostro stesso stile di vita».
Infatti, è la nascita del Signore-Bambino ci rende consapevoli, «generando uno sguardo che dà il giusto peso a tutto perché è l’assunzione della mentalità e dei sentimenti di Cristo e ciò diventa anche sorgente di solidarietà civile, come stiamo indicando da due anni nella Visita Pastorale».
Da qui, la conclusione: «In questi giorni siamo più aperti a condividere situazioni di disagio e povertà. Non resti, questo, un puro sentimento ma ci faccia capaci di riconoscere il valore di ogni uomo e di diventarne con essa concretamente solidali. Così fece la Vergine Maria quando l’Angelo partì da lei. Si recò prontamente dalla attempata cugina Elisabetta, per condividere il suo bisogno».
E, alla fine, dopo il ringraziamento ai fedeli delle Zone pastorali VI e VII con i rispettivi Vicari episcopali, monsignor Elli e monsignor Cresseri, ai membri dell’Agesci, ai malati e volontari dell’Unitalsi lombarda accompagnati da monsignor Busti, assistente ecclesiastico regionale; al Terz’Ordine francescano, anche loro con l’assistente lombardo, all’Associazione “Sposi di Cristo” e al Centro di Formazione professionale “Ikaròs” di Buccinasco – sono presenti anche rappresentanti del Commissariato “Zona Centro” della Polizia di Stato con l’assistente don Gianluca Bernardini – ancora la raccomandazione di non lasciare alle spalle l’Anno giubilare, di praticare le opere di misericordia e di recitare quotidianamente l’Angelus. «Una pratica di pietà molto profonda che concentra in sé tutti i misteri della nostra fede e il dono offerto a noi di parteciparvi».