Il Cardinale ha presieduto, in un’affollata basilica San Nicolò di Lecco, l’Eucaristia per il venticinquesimo anniversario della morte di padre Augusto Gianola. L’Arcivescovo ha, poi, visitato in Comune, con il sindaco, la mostra multimediale, “La più bella delle avventure”, dedicata a questo amato e indimenticato missionario del Pime

di Annamaria BRACCINI

messa lecco gianola

L’amore e la conoscenza del Signore che è come una carezza, un vento leggero, che si propone e non si impone e, poi, quella speranza che si fa auspicio e quasi sofferta preghiera nelle parole del Pastore: «Come sarebbe bello se questo tipo di conoscenza reciproca vivesse tra gli uomini. Forse, così, non assisteremmo a fenomeni di barbarie come quelli che abbiamo vissuto questa notte a Parigi».

In una mattina grigia, in cui anche il cielo pare partecipare all’angoscia per ciò che è, da poche ore, accaduto nella capitale francese – «un vile attentato contro la pace e tutta l’umanità» –, il cardinale Scola a Lecco, nella basilica di San Nicolò, presiede l’attesa Eucaristia a venticinque anni dalla morte di padre Augusto Gianola, prete ambrosiano, nato a Laorca di Lecco il 5 novembre 1930, carismatico missionario del Pime in Amazzonia, figura a tutt’oggi amatissima ed esempio di missionarietà vissuta. Accanto all’Arcivescovo, amico personale di padre Augusto – ricordato, infatti, più volte solo con il nome di battesimo – concelebrano diciotto sacerdoti, tra cui il Superiore generale del Pime, padre Ferruccio Brambillasca, il vicario Episcopale di Zona pastorale Terza, monsignor Maurizio Rolla, il prevosto di Lecco, monsignor Franco Cecchin che, nel saluto di apertura, sottolinea: «La dimensione della missione è fondamentale nel momento storico tremendo che viviamo e questo nostro figlio, questo missionario, ci ricorda che la violenza si vince con la forza dell’amore».

In prima fila ci sono i parenti di padre Gianola, una delle sue sorelle suore – mentre un’altra segue idealmente dal Carmelo – e il sindaco della città, Virginio Brivio.

«Possiamo ben immaginare lo stato d’animo degli Apostoli che, frastornati dagli eventi culminati nella tragedia della morte di Gesù, stentano a riprendersi. Ma poi si riprendono, e questo è molto importante perché la vita cristiana è sempre, essenzialmente, ripresa», nota subito, nella sua riflessione, il Cardinale in riferimento al Vangelo di Giovanni 21, appena proclamato.

«Sarebbe troppo facile e furbo – continua, volgendo il pensiero alla lettura della Genesi che narra la lotta di Giacobbe con Dio – “schiacciare” questo brano sulla figura di padre Augusto, ma senza cedere all’emotività, possiamo dire che la solitudine e la lotta sono condizioni fondamentali per il rapporto con Dio». Uno spazio interiore, questo, che Scola definisce una “buona” solitudine (quella “cattiva” e inutile, in questo mondo narciso, la conosciamo tutti) e che può venire solo da un desiderio di felicità e di compimento di sé. «Desiderio che si apre quando Dio smette di essere una parola e diviene ricerca continua del Dio vivo e presente che è Gesù». Il Signore incarnato, crocifisso che si fa, così, paradigma e principio di azione per ognuno, come insegna la vita di padre Augusto, «dal quale possiamo imparare molto».

E se «l’Assoluto di Dio domanda l’assoluto del desiderio dell’io che lo cerca – perché senza questi due termini Dio svanisce in un’idea, in un sentimento – senza l’incontro concreto con Lui, fatto di solitudine e di lotta, tutto svanisce».

Ma qual’è la strada per vivere questo rapporto? Immediata la risposta: l’amore, quello, in cui gli Apostoli riconoscono il Signore. «Un amore tenero e delicato che non si impone, ma si propone come un vento, una carezza. Come sarebbe bello se questo tipo di conoscenza reciproca vivesse normalmente tra i cristiani e tra gli uomini. Forse non assisteremmo a fenomeni di barbarie come quelli che abbiamo vissuto questa notte a Parigi. Il fatto di celebrare questa Eucaristia significa riconoscere il primato dell’Assoluto di Dio, che comprende anche tali, terribili forme di umana miseria, e che ci aiuta a non dimenticare che ha Lui ha il disegno finale, che solo Lui conosce e sa».

Da qui l’appello alla preghiera, come accadrà nella prima domenica dell’Avvento ambrosiano, prima della benedizione finale di ogni Celebrazione eucaristica, in ogni chiesa ambrosiana: «Dobbiamo pregare per la pace di fronte al disastro di questa guerra a frammenti, sapendo guardare in faccia la realtà. C’è un’unità profonda tra la preghiera, l’intelligenza del reale e la nostra consapevolezza e azione. Questo ci richiama la devozione missionaria di padre Gianola, e il suo farsi “tutto a tutti”. Non avrebbe senso, infatti, una memoria senza che ognuno di noi rinnovi, qui e ora nella preghiera, il desiderio di capire e di agire».

Non a caso, poi, il Cardinale, rivolgendosi direttamente ai fedeli, scandisce: «Augusto veniva da una terra di cui tutti voi siete espressione, da una famiglia, da un’educazione e da una città di un certo tipo. Ma stiamo affrontando secondo la medesima radice, che caratterizza la nostra Chiesa da 1800 anni, i grandi temi del vivere, del lavoro, del riposo, dell’educazione? E tempo di “correre”, come dice Paolo nella prima Lettera ai Corinzi, nel cambiamento di noi stessi, perseguendo, appunto, di corsa la mèta che diventa chiara: il “premio”». Quel premio fondamentale che è il Signore e che si “guadagna”, ogni giorno, con una cura diversa della famiglia, una custodia del senso bello e gratuito del lavoro, un amore alla comunità cristiana che superi la smania iperproduttiva e l’ intellettualismo, con una stima a priori della comunione nel pensiero di Gesù. E tutto, perché «possa scattare un passo più leggero e potente di libertà per correre verso la mèta della fede liberante»

E, infine, prima del saluto affettuoso dei parenti di padre Gianola e della tanta gente che gli stringe intorno, il monito. «In questi tempi che potrebbero diventare ancora più duri, tempi di martirio, se non del sangue, della pazienza ossia della conversione, non possiamo non pensare ai morti di questa notte, alla situazione di Parigi, della Francia e dell’Europa. Ciò richiama quello che soffrono i nostri fratelli nelle terre del Medio Oriente. Occorrono tentativi di coscienza reale da cui scaturisca il necessario rinnovamento. Abbiamo la forza della fede che ci permette di affrontare ciò che accade».

Infine, dalla Basilica ci si sposta nel palazzo del Comune di Lecco dove il sindaco Brivio fa gli onori di casa – alcuni giovani di un Istituto professionale attendono l’Arcivescovo all’ingresso e ne nasce un breve e informale dialogo – e Gerolamo Fazzini, giornalista, illustra la mostra “La più bella delle avventure”, dedicata appunto a padre Gianola, aperta la pubblico ogni giorno fino al 22 novembre e che ha già registrato un grande successo.

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