All’Ambrosianeum una serata per approfondire la posizione del Cardinale sull’etica della cura. Partecipa l’arcivescovo Delpini
Una serata per approfondire la posizione del cardinale Carlo Maria Martini sulla sanità e sull’etica della cura: è quanto si propongono Fondazione Ambrosianeum e Fondazione Matarelli organizzando l’incontro «Sanita’ e Medicina nel pensiero del Cardinale Martini. Fare dell’ospedale un autentico luogo di cura», in programma lunedì 11 novembre, alle 17.30, alla Fondazione Ambrosianeum (Sala Falck, via delle Ore 3, Milano).
Introduce e coordina Marco Garzonio, presidente della Fondazione Culturale Ambrosianeum. Intervengono Mariella Enoc (presidente dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma), Carlo Casalone (presidente della Fondazione Carlo Maria Martini) e Mario Colombo (direttore generale Istituto Auxologico Italiano). È prevista la partecipazione di monsignor Mario Delpini, Arcivescovo di Milano.
Il cardinale Carlo Maria Martini si è occupato più volte di questioni fondanti relative a sanità e medicina, proponendo una visione dell’etica medica nettamente in anticipo sui tempi e spesso ritenuta rivoluzionaria. Basti citare il così frainteso discorso su “L’etica dello stato sociale”, tenuto alla Sapienza di Roma il 24 novembre 1999 (presidente del Consiglio Massimo D’Alema, ministro della Sanità Rosy Bindi) durante la cerimonia d’apertura della Conferenza nazionale della Sanità: «Ci sono esigenze umane importanti che sfuggono alla logica del mercato; ci sono dei beni che, in base alla loro natura, non si possono e non si debbono vendere e comperare», disse Martini. Precisando però subito dopo, in una decisa presa di posizione contro lo statalismo, e a fronte dei cambiamenti in atto nella società sul fronte del rapporto pubblico-privato, «la necessità di superare definitivamente la figura dello Stato assistenziale, consapevoli che esso, intervenendo direttamente e deresponsabilizzando la società, provoca la perdita di energie umane e l’aumento esagerato degli apparati pubblici, dominati da logiche burocratiche più che dalla preoccupazione di servire gli utenti, con enorme crescita delle spese».
Detto questo, il Cardinale andò oltre: «Non si può pensare alla sanità come azienda, alla salute come prodotto, al paziente come cliente», proseguì Martini. Aggiungendo tuttavia che «ciò significa recuperare e rilanciare la soggettività della società, incoraggiando e sostenendo la responsabilità delle persone, singole o aggregate, affinché la società civile abbia a esprimersi come forza autonoma rispetto sia allo Stato sia al mercato», e delineando così uno stretto rapporto tra sussidiarietà e responsabilità, allora pressoché inedito.
Due anni più tardi, nel discorso tenuto in occasione della Festa del Perdono del 2001 all’Ospedale Maggiore, Martini si volse con più decisione al tema dell’etica medico-paziente: «Il processo di umanizzazione dell’ospedale e della realtà sanitaria nel suo insieme è strettamente collegato a una formazione specifica e permanente dei diversi operatori sanitari, chiamati a considerare e a trattare il paziente come “persona” più e prima che come “malato”. In questo senso, l’intera formazione è chiamata a promuovere in ogni operatore sanitario una più responsabile “competenza”, una maggiore “qualificazione professionale” e una “coscienza matura”, così che la professione sanitaria possa essere vissuta come “servizio” alla persona umana e alla sua vita… ritrovando la radice e il gusto dell’etica professionale».
Concetti dotati di una carica forte, dunque, per gli anni in cui furono espressi , e quasi rivoluzionaria. La stessa che si ritrova nel pensiero del Cardinale – esemplificato dal suo articolo autografo pubblicato dal Sole24Ore nel gennaio 2007, e intitolato «Io, Welby e la morte» – a proposito del necessario distinguo, sempre sottolineato dal Cardinale, tra le due polarità opposte e condannabili dell’eutanasia e dell’accanimento terapeutico. Martini invoca infatti l’opportuno «discernimento che consideri le condizioni concrete, le circostanze e le intenzioni dei soggetti coinvolti. In particolare non può essere trascurata la volontà del malato, in quanto a lui compete– anche dal punto di vista giuridico, salvo eccezioni ben definite – di valutare se le cure che gli vengono proposte, in tali casi di eccezionale gravità, sono effettivamente proporzionate».
Una visione, quella del Cardinale Martini, che tiene fortemente l’uomo al centro. E questo, naturalmente, in una costante prospettiva di fede: «È soltanto guardando più in alto e più oltre – scrive il Cardinale – che è possibile valutare l’insieme della nostra esistenza e di giudicarla alla luce non di criteri puramente terreni, bensì sotto il mistero della misericordia di Dio e della promessa della vita eterna». In quest’ottica va inserita anche la scelta personale del Cardinale, cui negli ultimi momento di vita fu somministrata la «sedazione terminale», mirata a ridurre la sofferenza quando le speranze di sopravvivenza si siano ormai esaurite.