L’8 dicembre, nel Santuario di Milano, Messa solenne con un atto di consacrazione al padre putativo di Gesù
di Silvano
Macchi
Rettore del Santuario di San Giuseppe a Milano
Quasi al termine dell’anno giuseppino indetto da Francesco, il 17 e il 24 novembre si sono tenute due catechesi del Papa sulla figura di San Giuseppe, segnatamente sul suo ruolo nella storia della salvezza, e altre seguono nei mercoledì successivi fino all’8 dicembre, quando, come è noto, si concluderà – solo canonicamente; la devozione al santo non deve infatti finire – l’anno dedicato al padre di Gesù e allo sposo di Maria, patrono della Chiesa universale.
Quale rilievo nella Chiesa?
Quali i risultati di questo anno nella Chiesa, nelle parrocchie, negli ordini religiosi, nei seminari, tra vescovi, presbiteri e laici, è difficile dire. Forse gli effetti e le diverse iniziative pastorali e spirituali sono state marginali (anche a causa di ben noti problemi più stringenti e attuali: dalla pandemia, che tutti ci riguarda, al privilegio all’interno del dibattito intraecclesiale – o della chiacchiera ancora troppo clericale – sul tema della sinodalità e così via), di poco o nessun rilievo, e tuttavia perfettamente in linea con l’immagine del santo, così come ribadita più volte dallo stesso papa Francesco, sia nella Lettera apostolica Patris corde sia nelle prime due catechesi.
Solo una controfigura?
D’altra parte qualche ecclesiastico l’aveva pure – in maniera inopportuna e impropria – preventivato: «A cosa serve oggi alla Chiesa dedicare un anno a san Giuseppe? Il popolo di Dio ha ben altri interessi e urgenze!». Così si esprimeva un’altra diffusa chiacchiera comune, specie tra i teologi di professione. Non è mancato insomma chi ha pensato al solito cliché secondo il quale Giuseppe sarebbe solo una controfigura, una persona tanto sbiadita da sembrare insignificante, una sorta di meccanico esecutore materiale di ordini impartiti dal cielo.
Il Papa: «Giuseppe ci conforta e ci guida»
Tutto il contrario, ribadisce papa Francesco, specie nella prima catechesi del 17 novembre scorso, quando scrive che: «Mai come oggi, in questo tempo segnato da una crisi globale con diverse componenti, egli [Giuseppe] può esserci di sostegno, di conforto e di guida». E ancora, riflettendo sulla etimologia del nome: «Giuseppe in ebraico significa “Dio accresca, Dio faccia crescere”. È un augurio, una benedizione fondata sulla fiducia nella provvidenza e riferita specialmente alla fecondità e alla crescita dei figli. In effetti, proprio questo nome ci rivela un aspetto essenziale della personalità di Giuseppe di Nazaret. Egli è un uomo pieno di fede nella sua provvidenza: crede nella provvidenza di Dio, ha fede nella provvidenza di Dio. Ogni sua azione narrata dal Vangelo è dettata dalla certezza che Dio “fa crescere”, che Dio “aumenta”, che Dio “aggiunge”, cioè che Dio provvede a mandare avanti il suo disegno di salvezza». Come non essere certi che allora proprio da Giuseppe (e anche ovviamente da Maria) Gesù abbia imparato tutto di Dio e del mondo? Ce n’è insomma abbastanza per alimentare la vita della Chiesa tutta e di ogni cristiano. E ne avanza anche se è per questo…
La Messa nel Santuario
Particolare rilievo sarà dato alla fine dell’anno giuseppino nel Santuario di cui è il patrono (in Largo Victor de Sabata, lungo Via Verdi a Milano), nel giorno dell’Immacolata l’8 dicembre, con la celebrazione della Messa solenne alle 12, che si concluderà con un «atto di affidamento e di consacrazione» a san Giuseppe (tratto da una bella preghiera del beato Charles de Foucauld), la recita delle litanie del Santo, un canto gregoriano della tradizione liturgica josephina e la benedizione con una preziosa reliquia del Settecento, appena restaurata e riportata al suo originario splendore.