Allievi e docenti dei Centri che offrono questa opportunità spesso sottovalutata, ma utilissima, sono invitati alla Messa presieduta dall’Arcivescovo il 4 maggio alle 11 in Duomo. Ne parla don Massimiliano Sabbadini
di Annamaria
Braccini
Giovedì 4 maggio, alle 11, in Duomo, l’Arcivescovo presiederà una celebrazione eucaristica per i Centri di formazione professionale. Invitati in modo particolare gli allievi e i docenti dei Centri stessi, come spiega don Massimiliano Sabbadini, presidente nazionale di Confap, la Confederazione Nazionale Formazione Aggiornamento Professionale, e della Fondazione Clerici.
Qual è l’identikit dei giovani che frequentano i Centri?
Sono ragazzi, normalmente di età compresa tra i 14 e i 20 anni che, dopo la Scuola media, scelgono l’avviamento a una professione, cioè allo svolgere un mestiere con quell’«intelligenza delle mani» tante volte richiamata da don Bosco. Questi allievi, che sono qualche migliaio e che riempiranno il Duomo, sono spesso giovani che hanno interrotto gli studi, non possiamo nascondercelo. L’abbandono scolastico è una delle grandi piaghe e difficoltà del nostro sistema formativo. I Cfp spesso, però, intercettano questo disagio e riescono a dare nuova fiducia ai ragazzi, offrendo un senso alla loro vita attraverso il lavoro.
Quanti sono i Centri in Italia?
Circa 500, diffusi sull’intero territorio nazionale, anche se purtroppo suddivisi in maniera disomogenea perché l’ordinamento statale prevede che siano le Regioni ad accreditare gli Enti, ma non tutte le Regioni si muovono allo stesso modo. La maggior parte sono al Centro-Nord. Gli allievi che frequentano sono circa 140 mila e poi contiamo 20 mila operatori tra docenti, dirigenti, responsabili e formatori.
La formazione è attrattiva per i giovani?
Questo è un tasto delicato perché, purtroppo, il tipo di formazione “sul campo” offerta dai Centri, in genere, non gode di buona stampa ed è presentato come una scelta di serie B rispetto agli studi superiori. Tuttavia, quando i ragazzi scoprono questi percorsi, ne sono entusiasti: basti pensare che tutti i Centri sono all’avanguardia nei metodi di insegnamento, come quello della famosa “classe rovesciata”, per cui prima si sperimenta, si agisce, e poi si studiano le nozioni di fondo. Tutto avviene facendo, agendo, e i ragazzi hanno la soddisfazione di vedere già da subito il frutto del loro lavoro. Un altro aspetto che rende la formazione poco attrattiva è pensare che sia limitante su possibili sviluppi culturali successivi. Non è così: l’istruzione e formazione professionale prevede tre anni per il conseguimento dell’attestato che riconosce l’obbligo formativo, ma quasi tutti i Centri aggiungono un quarto anno che fornisce un diploma spendibile nel mondo del lavoro. Inoltre è possibile attivare sempre un quinto anno che permette di accedere all’Università. Negli ultimi tempi si sono sviluppati anche percorsi paralleli a quelli accademici, che si chiamano Ifts e Its (Istruzione e Formazione Tecnica Superiore) di cui il Governo si è molto occupato.
Quali sono gli ambiti più richiesti?
Molti. Vanno dal campo meccanico e meccatronico al comparto del benessere e a quello sanitario. Ancora molto ricercata è la formazione legata all’alimentazione, alla preparazione dei pasti – come accade per barman o pasticceri – e alla gestione di sala. Secondo una ricerca realizzata in Lombardia, i più richiesti sono gli spedizionieri, i camerieri e gli operai metalmeccanici e meccatronici.
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