Le celebrazioni di ringraziamento per la beatificazione di Armida Barelli a Roma sono culminate sabato 22 aprile con l'udienza papale e con la Messa celebrata in piazza San Pietro dall'arcivescovo, mons. Delpini
di Stefania
CECCHETTI
C’è quello che lui definisce il “demone del malumore” al centro dell’omelia pronunciata da mons. Delpini in piazza San Pietro sabato 22 aprile, nella Santa messa di ringraziamento per la beatificazione di Armida Barelli. La celebrazione è stata preceduta dall’udienza di papa Francesco (leggi qui il testo del discorso del Papa) con Azione Cattolica, Università Cattolica e Istituto Missionario della Regalità di Cristo, le tre realtà che la Barelli contribuì a fondare.
Mons. Delpini parla del malumore come esito delle fatiche che la nostra società sta attraversando, che sono tuttavia anche le difficoltà affrontate dai discepoli nell’episodio della tempesta sul lago di Cafarnao e delle prime comunità cristiane, alle prese con le liti tra gli appartenenti a lingue e culture diverse. Fatiche che rischiano di oscurare una rivelazione illuminante: «Lo Spirito di Dio contrasta il demone della malinconia e dello scontento e suscita i santi perché la faticosa navigazione della fragile barca porti a compimento la navigazione. La storia dell’Azione Cattolica e della Università Cattolica racconta di come la Beata Armida abbia interpretato il suo tempo, la sua vocazione e la sua missione».
L’aggettivo “cattolica” non è una zavorra
Gesù – spiega mons. Delpini – non viene a complicarci la vita, nemmeno quella di universitari e ricercatori: «Gesù non viene a pretendere qualche cosa, a mettere un freno alla libertà, un limite alla ricerca. Mi capita di percepire talvolta una sorta di imbarazzo: come se l’aggettivo “cattolica” fosse una zavorra, una definizione che pone un limite, che impone degli adempimenti. Che sarebbe più facile, più efficiente, più adatto ai tempi che viviamo mettere tra parentesi gli aggettivi per sentirci a nostro agio nella cultura, nella ricerca, nella sensibilità contemporanea».
L’Arcivescovo si domanda quale siano quei “frutti dello Spirito” che possiamo invocare per tutti noi, come già fu per i discepoli della tempesta e i primi cristiani fiaccati dalle discordie: «Lo Spirito di Dio aiuta a interpretare il malumore. La conclusione alla quale arrivano i Dodici è quella di riconoscere la loro inadeguatezza e quindi di chiedere alla comunità di riorganizzarsi: si tratta di assicurare il servizio dei poveri e di assicurare il servizio della Parola. Lo Spirito di Dio suggerisce anche a questa nostra Chiesa di oggi le vie per interpretare il malumore, lo scoraggiamento, lo smarrimento con una nuova chiamata alla corresponsabilità».
Parlare di corresponsabilità nella Chiesa è parlare del ruolo del laicato, elemento fondante di associazioni quali l’Azione Cattolica: «Forse anche nella Chiesa italiana di oggi è opportuno che i vescovi riconoscano la loro inadeguatezza, che rinnovino la coscienza di quello che è essenziale per il loro ministero e che chiedano alla comunità forme inedite di partecipazione alla missione. L’istituzione dei sette uomini di buona reputazione, pieni di Spirito e di sapienza, incoraggia la nostra Chiesa non solo a valorizzare il diaconato permanente, a promuovere forme di ministeri laicali, come i lettori, gli accoliti e i catechisti».
Ma, conclude l’Arcivescovo, alla società preda della malinconia e del malumore non servono solo non servono ministri, ma soprattutto uomini e donne di buona volontà: «L’Azione Cattolica e l’Università Cattolica non hanno bisogno di ulteriori ministeri istituiti, ma di uomini e donne che abitano il mondo, che sono a proprio agio nella storia, che si dedicano a interpretare i bisogni e i malumori, le possibilità e le occasioni di questo nostro tempo, perché i poveri non siano trascurati, perché le inquietudini siano stimoli a cercare oltre, a cercare ancora, invece che motivi di paura e di paralisi».
Papa Francesco: donna generativa, apostola, consacrata nel mondo
Nell’udienza precedente la Messa anche papa Francesco ha parlato di Armida Barelli come di una donna protagonista del suo tempo e della storia. Donna dai tre volti, come le tre istituzioni che ha contribuito a fondare.
Anzitutto il papa ha parlato della generatività: «La donna è custode privilegiato della generatività, che si può realizzare grazie al dialogo di reciprocità con l’uomo. La Barelli è stata tessitrice di grandi opere e lo ha fatto realizzando una trama formidabile di relazioni, girando in lungo e in largo l’Italia e tenendo contatti con tutti». Secondo papa Francesco tutta la società ha bisogno della generatività femminile di cui la Barelli è stata espressione: «Anche rispetto al tema della leadership femminile in ambito ecclesiale e sociale – di cui la Barelli può essere considerata formidabile anticipatrice – abbiamo bisogno di un modello integrato, che unisca la competenza e la prestazione, spesso associate al ruolo maschile, con la cura dei legami, l’ascolto, la capacità di mediare, di mettere in rete e di far crescere le relazioni, a lungo ritenute appannaggio del genere femminile e spesso sottovalutate nel loro valore produttivo. Insomma, anche in questo caso è l’integrazione, la reciprocità delle differenze a garantire generatività anche in campo sociale e lavorativo. È questo un compito affidato in modo particolare all’Università Cattolica del Sacro Cuore, di cui proprio domani si celebra la 99° Giornata Nazionale sul tema: “Per amore di conoscenza. Le sfide del nuovo umanesimo”. Questa grande istituzione accademica è chiamata ad avere oggi lo stesso slancio educativo e la stessa intraprendenza formativa che hanno guidato Padre Agostino Gemelli e la Beata Armida Barelli».
L’altro grande talento della Barelli fu il suo essere apostola nel mondo, anche attraverso la creazione di Azione cattolica: «Essere apostole e apostoli vuol dire essere laiche e laici appassionati del Vangelo e della vita, prendendosi cura della vita buona di tutti e costruendo percorsi di fraternità per dare anima a una società più giusta, più inclusiva, più solidale. Ed è importante fare tutto questo insieme, nella bellezza di un’esperienza associativa che, da un lato, allena a saper ascoltare e dialogare con tutti e, dall’altro, esprime quel “noi più grande” che educa alla vita ecclesiale, vita di popolo che cammina insieme».
Il Papa ha concluso, rivolgendosi alle Missionarie della Regalità di Cristo, dell’apostolato di Barelli: «La consacrazione secolare è paradigma di un nuovo modo di vivere da laici nel mondo: laici capaci di scorgere i semi del Verbo dentro le pieghe della storia, impegnati ad animarla dall’interno come lievito, capaci di valorizzare i germi di bene presenti nelle realtà terrene come preludio del Regno che viene, promotori dei valori umani, tessitori di relazioni, testimoni silenziosi e fattivi della radicalità evangelica»
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